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Milano

Delpini: Comunità pastorali e parrocchie evitino l’autoreferenzialità

Nella Celebrazione della Parola per l’investitura di tre nuovi parroci, l’Arcivescovo ha indicato la necessità di un cammino di comunione e di uno sguardo aperto a tutti

di Annamaria BRACCINI

9 Novembre 2017

Un «grazie» per la preparazione delle due nuove Comunità pastorali che prendono avvio ufficialmente con la Celebrazione della Parola che si svolge nella Cappella arcivescovile in Curia a Milano. Lo sottolinea l’arcivescovo monsignor Mario Delpini rivolgendosi ai due responsabili delle nuove Cp, don Pietro Bassetti (San Carlo Borromeo in Angera) e don Davide Verderio (San Rocco in Mediglia), cui si aggiunge don Sergio Zambenetti, nuovo parroco a Nostra Signora di Lourdes di Creva di Luino.

Con il Rito, i tre sacerdoti, con le rispettive Diaconie – presenti alla Celebrazione come il Vicario episcopale delle Zone VI e IV monsignor Michele Elli -, vengono immessi nei loro nuovi Uffici. E proprio alle Diaconie si rivolge monsignor Delpini, definendole «quel luogo dove la prospettiva di Pastorale d’insieme si costruisce in un cammino che vede anche resistenze». Con le quali si deve dialogare, senza accondiscendere a ogni richiesta che, talvolta, ha il sapore di «qualche pretesa».

Dalla Parola di Dio appena ascoltata – il I capitolo di Geremia, la I Lettera ai Corinzi e il Vangelo di Giovanni sul “Buon pastore” – nasce un’ulteriore indicazione dell’Arcivescovo: «L’immagine del Buon pastore mi pare che metta in evidenza il servizio all’unità che fa, anzitutto, il pastore Cristo, tenendo unito il gregge e sacrificando se stesso per questo. Questo è esattamente uno dei modi con cui il Ministero ordinato e la collaborazione alla comunità si tengono insieme. Occorre una conduzione non monocratica, ma comunionale. “Io sono il Buon pastore” dice che il vero pastore è uno solo e tutti partecipiamo di tale unico sacerdozio. Ciò significa che le Comunità pastorali non sono autoreferenziali, come soggetti che vivono il loro servizio facendo riferimento solo a sé, ma sono a servizio del Vescovo nell’unità della Diocesi». Il monito è chiaro: non possono esistere parrocchie o Cp che «vadano avanti per conto loro», perché «c’è una sola Chiesa diocesana in cui si inseriscono le unità territoriali». Un aspetto – quello «dell’essere collaboratori del Vescovo, a sua volta servo dell’unità» – che va messo in evidenza «anche per non abbattersi di fronte a un’eventuale scarsità dei risultati, portandone, invece, insieme il peso».

Poi il richiamo è alle “altre pecore” che ha il Buon pastore Gesù: «Il che dice la responsabilità che abbiamo verso tutti, anche verso coloro che non partecipano alla vita della Chiesa, non perché vogliamo conquistare territori», ma perché siamo interessati a portare il messaggio a ciascuno. Da qui il suggerimento di avere uno sguardo ampio, a 360 gradi, «un’apertura al Decanato, alla Zona pastorale, come pure alla missione ad gentes». Un tema che non deve sfuggire, pur tra tanti impegni: «Forse bisogna avere il coraggio di semplificare per ricordarci i problemi più generali e i nostri missionari. In questo spirito vorrei attribuirvi questa responsabilità e incoraggiare il vostro servizio», conclude monsignor Delpini, prima della presentazione dei presbiteri nominati da parte del Cancelliere arcivescovile monsignor Marino Mosconi,.

Infine, la Professione di fede, il Giuramento di fedeltà nell’assumere l’Ufficio da esercitare a nome della Chiesa – nel quale i parroci e responsabili di Comunità pastorali pongono le mani sul Vangelo, invocando l’aiuto del Signore – e la lettura del Decreto di immissione in possesso.

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