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A Scampia l’ultima tappa del pellegrinaggio ISMI

“Dobbiamo entrare in paradiso, non nei libri di storia”

L’incontro con i preti impegnati nel quartiere più degradato di Napoli e la celebrazione con la comunità cristiana locale sono stati una “testimonianza preziosa di fede” ha confidato il cardinale Tettamanzi

di Davide MILANI

3 Marzo 2011

“Non siamo preti anti-camorra, ma preti per la gente”.
Nessuna concessione al protagonismo, nessuna comprensione “eroica” del proprio ministero, nessuna dichiarazione roboante circa lo stile con cui vivere la vocazione sacerdotale.
Scampia: l’ultima tappa del pellegrinaggio dei giovani preti

Preti normali in parrocchie non normali: così si presentano i sacerdoti impegnati nelle parrocchie di Scampia. Non proprio quello che si direbbe un contesto ordinario: un quartiere da 80 mila abitanti nell’estrema periferia nord di Napoli, definito anche “paradiso della droga”, massiccia presenza della criminalità organizzata, oltre il 50% della popolazione attiva disoccupata, due campi rom in zona, grave degrado urbanistico. Più altri guai che sarebbe lungo elencare. Per gli 85 giovani preti ambrosiani è una sorpresa l’incontro con questi sacerdoti napoletani, con gli operatori pastorali che collaborano con loro e la comunità cristiana di Scampia che accorre per celebrare l’Eucaristia con il cardinale Dionigi Tettamanzi.
Si tocca con mano come l’esperienza vissuta del Vangelo ha reso possibile il miracolo di queste parrocchie, ampie e frequentate oasi di speranza. L’accoglienza riservata agli ambrosiani e al loro vescovo è calorosissima. Un messaggio di benvenuto campeggia all’interno della chiesa sull’ampio display che dietro l’altare prende il posto della pala d’altare e in parte ne sostituisce le funzioni”. Tante strette di mano, abbracci, addirittura autografi chiesti ai giovani i preti. E appassionate parole di apprezzamento della gente per il cardinale Tettamanzi: “Voi parlate chiaro”, “voi vulite bene alla povera gente”.
Il “tempio” come chiama il parroco don Vittorio la chiesa della Resurrezione, già dall’arredo, dall’iconografia, dai grandi quadroni raffiguranti Gesù in mezzo a santi e gente comune dice della sua destinazione popolare.
“Non ha niente di artistico” mette le mani avanti il parroco, “ma il nostro tempio è un miracolo: qui a Scampia per parecchi anni è stata l’unica chiesa costruita in muratura”. Confida poi che tante volte da qui si è alzata un’invocazione dolorosa: “Ti sei dimenticato di Scampia, o Signore?”. Ma in questa mattinata di visite speciali i sentimenti sono differenti: “La vostra presenza ci aiuta a dire che il Signore non si è dimenticato di noi, la vostra scelta di celebrare qui ci riempie di gioia”.

“Non ce la facciamo a dire il Vangelo solo con il catechismo…”

Ma in realtà sono lui, gli altri preti, le suore, tutti i laici qui impegnati a testimoniare nei fatti che il Signore non si è dimenticato di Scampia. Con la loro azione mostrano quotidianamente la credibilità del Vangelo mediante la carità ordinaria, non con gesti eclatanti e in favore di telecamere.
“Noi non ce la facciamo a parlare di Gesù Cristo solo con il catechismo” spiegano quasi per giustificarsi i sacerdoti della zona dialogando con i preti ambrosiani. “La salvezza di questo territorio è la forte tradizione cristiana che lo innerva” spiega don Alessandro, della vicina parrocchia del Buon Rimedio: “ciascuno, anche qui, è portatore dei valori e dei doni dello Spirito. Su questa base sicura, a partire da questa certezza lavoriamo”.
Le parrocchie sono povere di mezzi ma ricche di esperienza, di passione, di dedizione, di tensione missionaria a tal punto da resistere e crescere, nonostante siano l’unica presenza del quartiere che “costruisce comunità”: i servizi pubblici e del privato sociale qui non mancano del tutto, ma a scarseggiare sono le occasioni di socializzazione.
“Il problema grosso di questa Città è sbloccare la borghesia ricca, è promuovere il senso della comunione con chi è privo di ciò che serve per vivere, del lavoro, di un minimo di strumenti per affrontare la vita. Non è che a Napoli manchi la cultura: qui ci sono 5 università e una Facoltà teologica, ma sono patrimonio di alcune elite che non si aprono alla Città”.

Sperare dove avere un futuro è difficile

Una presenza ecclesiale che vive accanto alla gente nella preghiera, nei sacramenti, nelle occasioni di incontro, nelle attività caritative, nell’oratorio (“siamo saliti a Milano, da voi, per imparare come si fa: al Leone XIII, alla Comasina, a Seregno”). Avere un futuro per i giovani qui è difficile, ma solo i giovani sono il futuro di questo quartiere, della Chiesa locale. “Ma se un giovane mi chiede se andare o restare, a malincuore devo consigliargli di andare via, se ha una prospettiva certa e vuole salvarsi”, confida uno dei preti che aggiunge: “E mi costa fatica lasciarlo andare, anche perché io qui devo restare, è giusto che io resti”.
Onesti anche nel modo di proporre la fede, questi preti: “Avremmo molto successo qualora proponessimo un cristianesimo coincidente con il devozionalismo, come un rimedio consolatorio. Ma inganneremmo la gente”.
Da parte dei preti milanesi non mancano le domande e le richieste di consiglio su come essere Chiesa in un contesto difficile, quali le priorità, le ricette… Ma i sacerdoti di Scampia non si sentono “maghi” della pastorale, non si atteggiano da specialisti di periferie e esperti di degrado umano.
Hanno “solo” un grande amore per il Vangelo e per la gente. E per la giustizia. E chiedono “giustizia” anche a proposito del modo in cui la realtà di Scampia viene raccontata dai media.
“Certi personaggi divenuti celebri, che con fragore raccontano questa realtà, pur essendo coraggiosi e denunciando giustamente i mali di questo territorio, mostrano però un rapporto pregiudiziale, un atteggiamento borghese, non vero circa il nostro modo di essere Chiesa”.

Attenti al popolo, non alla popolarità

Preti “lievito”, non eroi mediatici: “Ci vuol poco per noi a diventare delle star televisive, a guadagnarci quell’etichetta della celebrità che è l’essere un prete anticamorra. Ma questa notorietà rischia di annullare la nostra efficacia perché ci allontanerebbe dalla gente, ci farebbe vivere sotto scorta, più attenti ai media che ai bisogni delle persone, metterebbe a rischio i nostri collaboratori che subirebbero ritorsioni malavitose”.
E giunge uno di loro: “Noi preti dobbiamo entrare in paradiso, non nei libri di storia”. Il dialogo non finirebbe mai, ma le parrocchie ambrosiane e gli oratori aspettano il ritorno dei loro giovani sacerdoti.
“La testimonianza della fede di Scampia è il dono più prezioso che ricevo stamattina” confida il cardinale Tettamanzi alla gente del posto e ai loro preti. “Sono commosso per quanto ho sentito e visto qui oggi. E chiedo a voi, preti milanesi, che l’immagine di questa Chiesa viva rimanga a lungo nel vostro cuore: è preziosa per proseguire il ministero nei momenti della fatica”.