Sirio 26-29 marzo 2024
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Intervista

Emozioni, timori e sogni di un prete novello

Don Davide Brambilla, ordinato il 10 giugno in Duomo, racconta i primi giorni da presbitero, tra oratorio, confessioni e prime Messe, le nuove responsabilità assunte e i progetti legati alla sua passione per il cinema («un veicolo di evangelizzazione»)

di Annamaria BRACCINI

19 Giugno 2017
Don Davide Brambilla

«È stata proprio una grazia, giorni in cui mi sono reso conto che davvero questa è la vocazione a cui mi ha chiamato il Signore». Don Davide Brambilla, 27 anni, prete novello 2017, racconta con un grande entusiasmo (e un poco di emozione) la sua prima settimana vissuta come sacerdote.

Cosa è accaduto dopo l’ordinazione presbiterale in Duomo?
Ho presieduto la mia prima Messa nella mia parrocchia di origine, San Giuseppe a Cinisello Balsamo. Ci sono stati poi tanti festeggiamenti per cui devo solo ringraziare. Nei primi quattro giorni sono andato a trovare i malati del mio quartiere e ho portato la Comunione a più di 80 famiglie, soprattutto a quanti non hanno potuto partecipare alla mia gioia per motivi di salute. Poi ho celebrato alcune Eucaristie per i defunti della mia famiglia e della comunità. Sono stato accolto all’oratorio feriale San Domenico Savio – uno dei sette di Cinisello -, dove sono cresciuto e ho fatto l’animatore, trascorrendo con i ragazzi una giornata molto bella e intensa. Giovedì sera sono rientrato a Milano per partecipare alla Processione del Corpus Domini, venerdì mi sono immerso nell’oratorio feriale della parrocchia di Santa Maria Annunciata in Chiesa Rossa, dove domenica ho celebrato la prima Messa tra la gente cui sono stato destinato.

Come è stato l’inserimento in parrocchia?
Sono presente dall’8 ottobre scorso (la destinazione avviene con l’Ordinazione diaconale e i preti novelli rimarranno nella stessa parrocchia o Comunità pastorale per 5 anni, ndr) e ho già quindi avuto modo di conoscere questa realtà, soprattutto tramite la benedizione natalizia alle famiglie, che quest’anno abbiamo portato nella parte più povera e disagiata del quartiere. Così ho potuto sperimentare le difficoltà che vivono tante famiglie in quella zona, ma è stato bello anche scoprire come basti veramente poco, magari solo un sorriso, per dare quella speranza di cui c’è grande bisogno.

Pur nella continuità, diventando prete è cambiato tutto. Si sente la responsabilità di questo mutamento per sempre dello stato di vita?
Certo. Nel momento in cui ho “girato” la stola, vestendola non più trasversalmente alla maniera diaconale, ma come presbitero, non posso negare po’ di tremore, appunto perché, comunque, la responsabilità ora è diversa: sono vicario parrocchiale, collaboratore nella pastorale giovanile, sono un prete, quindi, chiamato a portare un annuncio e una misericordia diversi. Ho già confessato sia i ragazzi del mio oratorio, sia alcune persone e familiari che attendevano da tempo questo momento, ma anche il confessare è qualcosa che mi spaventa, almeno in parte. So di dover portare la misericordia del Signore e di dover accogliere le difficoltà e le fragilità dei fratelli. Questo è qualcosa che avverto particolarmente nel profondo del mio cuore. Anche all’interno della parrocchia la responsabilità è differente: ora mi sento davvero chiamato, in prima persona, a “esserci”.

Hai una laurea in Scienze dei Beni culturali e una grande conoscenza del cinema. C’è un progetto che ti piacerebbe mettere in pratica a breve?
Vorrei, anzitutto, trasmettere agli altri la passione per il cinema che mi ha sempre contraddistinto e che, anche in Seminario, ho potuto coltivare. Nel concreto, quindi, vorrei fare qualche iniziativa, anche perché nel quartiere esiste una realtà importante come il Centro culturale Asteria delle Suore Dorotee di Cemmo. Mi piacerebbe lavorare con loro perché il cinema sia un veicolo utile all’evangelizzazione, specie per i ragazzi delle scuole medie. Vorrei realizzare una rassegna, proponendo un film al mese, nella quale ai giovani verrà dato un biglietto doppio: una parte sarà per loro, l’altra per un amico della scuola da invitare. In questo modo, anche con l’aiuto del quartiere e delle scuole, avremmo un veicolo per portare i valori del Vangelo sul territorio.

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