Sirio 26-29 marzo 2024
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Progetto

Fare il bene fa bene, famiglie solidali

Tre parrocchie, la Caritas e varie associazioni coinvolte in un progetto di sostegno e solidarietà a nuclei alle prese con difficoltà di varia natura. Un’iniziativa che ha anche uno scopo educativo verso chi è pronto a offrire tempo e risorse

di Cristina CONTI

4 Novembre 2019
Maurizio Roccella

Essere vicini alle famiglie in difficoltà, offrendo loro un aiuto non solo in termini di denaro, ma anche di tempo. È l’obiettivo dell’iniziativa “Adotta una famiglia”. Lanciata a Bresso il 13 febbraio 2013, in occasione della Giornata della solidarietà, coinvolge le tre parrocchie cittadine, la Caritas, le Acli e varie associazioni, tra cui la San Vincenzo e il Movimento per la Vita. In seguito alla costituzione del Fondo famiglia lavoro diocesano, “Adotta una famiglia” ha inteso contrastare il senso di sfiducia provocato dalla crisi economico-finanziaria, che da tempo condiziona la vita personale e familiare, assicurando un sostegno quando le spese correnti diventano insostenibili.

«In questi anni il progetto ha raccolto circa 510 mila euro e ha aiutato circa 300 famiglie, di cui 140 straniere e 150 italiane», rileva Maurizio Roccella, diacono permanente e referente della Caritas di Bresso. Il servizio prevede l’erogazione di un contributo mensile e di un intervento concreto per capire i reali bisogni della famiglia. «Quando le persone vengono a ritirare l’assegno c’è un contatto personale e questo permette di conoscere da vicino le preoccupazioni, i disagi personali, la situazione familiare – spiega Roccella -. Un momento molto importante per capire davvero che cosa affronta chi abbiamo di fronte».

Tante le problematiche, dall’affitto alla perdita del lavoro, dall’indebitamento fino alla disoccupazione. Il contributo dura per 4-6 mesi, talvolta anche un anno, ed è diverso a seconda delle necessità. «In particolari situazioni ci sono state proroghe – precisa Roccella -. In tutti i casi cerchiamo comunque di dare soluzioni adeguate per aiutare le persone a uscire dal loro disagio». Nel caso dell’indebitamento, per esempio, si cerca di insegnare a gestire meglio i propri risparmi.

Una commissione formata da sei rappresentanti delle tre parrocchie e un sacerdote valuta a chi e quanto dare, secondo un regolamento già sperimentato, nella discrezione e nell’anonimato. «Molto spesso la persona con problemi economici o di lavoro presenta anche un disagio psicologico che si ripercuote, suo malgrado, nelle relazioni tra coniugi o tra genitori e figli – aggiunge Roccella -. Per questo motivo la commissione del Centro di ascolto Caritas può decidere di avviarla al consultorio per un colloquio di accoglienza e per una lettura più ampia del bisogno, e valutare così con l’équipe degli psicologi e l’assistente sociale la necessità di un sostegno psicologico, individuale, di coppia o familiare».

Uno sguardo ampio, che prende in considerazione non solo le famiglie con figli, ma anche i singles, senza distinzioni. E che non riguarda solo l’aiuto economico, ma anche il tempo. «Nelle tre parrocchie abbiamo sviluppato anche un’attività di affiancamento delle famiglie in difficoltà – sottolinea Roccella -. In alcuni casi, per esempio, i genitori dovevano svolgere più lavori saltuari e nessuno poteva prendersi cura dei figli durante la loro assenza. Così altre famiglie si sono incaricate di aiutarli, andando a prendere i figli a scuola o rimanendo con loro mentre studiavano o facevano i compiti». Condivisione, collaborazione, vicinanza: proprio grazie a questa iniziativa molte famiglie hanno potuto conservare la casa.

Dare non significa perdere qualcosa, ma guadagnare molto. «Quando si condivide si moltiplicano le risorse: è quando si trattiene per sé che non bastano mai – commenta Roccella -. I primi a essere sorpresi da questa generosità siamo noi. Mai avremmo immaginato di poter raccogliere e ridistribuire così tanto. Questa attività cerca di rispondere ai bisogni delle famiglie a 360 gradi, puntando innanzitutto a conoscerle, a farsi prossimo, a sostenerle nel disagio». 

Un progetto che non ha solo finalità solidali, dunque, ma anche e soprattutto una missione educativa. Insegnare a chi si trova in una posizione più tranquilla, per motivi economici, che stare vicino agli altri è importante. «Attraverso questa iniziativa abbiamo cercato di dare un messaggio educativo a tutta la comunità. Non solo a chi frequenta la Chiesa, ma coinvolgendo anche gli altri», precisa Roccella. Sono tanti, infatti, gli stereotipi da combattere quando si aiuta il prossimo e si parla di carità. Primo tra tutti: se sei povero non è colpa tua. «Ci sono molteplici fattori che possono portare alla povertà, dalla perdita del lavoro a quella di un congiunto, fino ai problemi di salute. Sono situazioni che possono capitare a chiunque, questa condizione non fa distinzioni», continua Roccella. La povertà non è solo economica. Limiti ed errori personali hanno conseguenze. Ci sono persone che, più che di un aiuto materiale, hanno bisogno di un sostegno morale, di un sorriso, di una presenza, di un volto amico. «Molto spesso, poi, è diffusa l’idea che ai poveri devono pensare gli altri, i volontari prima di tutto. Non è così. Non deve ricadere tutto sulla Caritas. Ognuno di noi è chiamato a occuparsi delle situazioni di marginalità. Il nostro obiettivo è soprattutto quello di dire ai cittadini di Bresso: “Svegliatevi e fatevi carico delle gravi situazioni che sono presenti accanto a voi”», conclude Roccella.