Share

Immigrazione

«Filippini a Milano,
lavoratori e credenti»

Dalla prima comunità straniera in città una grande iniezione di entusiasmo nella fede. L’aspetto è emerso in occasione della presentazione del volume “Asia-Italia. Scenari migratori”

6 Luglio 2012

«Non è la prima volta nella storia di Mediolanum, la terra di mezzo, che la fede viene rinvigorita dall’apporto di genti venute da oltreconfine. Oggi questo compito lo sta svolgendo in parte proprio la comunità filippina, una straordinaria forza evangelizzatrice in tutti i paesi in cui emigra: in Oriente, dove feconda società che hanno tradizioni religiose differenti da quella cristiana, come, in Occidente, dove il cristianesimo è religione maggioritaria, come riconobbe già Papa Giovanni Paolo II. Proprio la vivacità della fede vissuta dai nostri fratelli filippini, così radicati proprio a Milano, può essere di grande aiuto alle nostre comunità». Lo ha detto il direttore di Caritas Ambrosiana, don Roberto Davanzo, commentando il volume “Asia-Italia.Scenari migratori”, a cura del Dossier Statistico Immigrazione, presentato al Centro Prime di Milano, questa mattina.

I dati

Tra gli asiatici il gruppo filippino è uno tra quelli di più antico insediamento in Italia. E la Lombardia e la città di Milano sono in particolare la loro terra d’elezione: entro i confini regionali ne risiedono 48.368 (il 36,1% del totale nazionale) per il 70% concentrati nel solo capoluogo: una quota altissima se si considera che il capoluogo lombardo da solo raccoglie più filippini dell’intero Lazio (seconda nella graduatoria delle regioni con maggiore presenza di questa nazionalità).

Secondo i dati del Comune di Milano, riportati nello studio, la distribuzione degli stranieri iscritti in anagrafe per area di provenienza vede alla fine del 2010 al primo posto l’Asia (35,6%), a seguire Africa (22,3%), Europa (21,6%) e America (20,5%): una ripartizione stabile dagli anni ’90. I Paesi più rappresentati sono le Filippine (33.745 pari al 15,5%), l’Egitto (28.643, 13,2%), la Cina (18.946, 8,7%), il Perù (17.672, 8,1%), l’Ecuador (13.542, 6,2%) e lo Sri Lanka (13.340, 6,1%).

Tra i filippini, come risaputo, prevalgono le donne (18.982 pari al 56,2%) e il dato supera quello omologo delle straniere (50,2%). Inoltre, tra i filippini si registra un’altissima percentuale di minori: il 22,9%, quota che supera l’equivalente dato sugli stranieri totali, che si ferma al 19,9%, ma bisogna tener presente che tra questi ultimi sono considerati anche coloro che provengono dalla vecchia Europa.

Nel 1997 i filippini contavano 10.425 presenze nel capoluogo, in maggioranza donne (61,2%) e con una quota di minori pari a circa il 16%. Il grande aumento del numero di persone provenienti dalle Filippine si è avuto a Milano (come nel resto d’Italia) in occasione delle sanatorie del 1990, 1995, 1998, 2002 e per effetto dei ricongiungimenti familiari. In tredici anni il loro numero è triplicato e, in proporzione, è cresciuta soprattutto la presenza di filippini di età compresa tra i 10 e 19 anni e quella degli adulti 50-59enni. Un aumento ben visibile sui banchi di scuola. Nell’anno scolastico 2010-2011 risultano iscritti nelle scuole di Lombardia 37.247 asiatici, tra cui 7.866 filippini, sesta comunità straniera sul totale e seconda tra quelle asiatiche, che si colloca in graduatoria dopo l’India (9.041 alunni) e prima della Cina (6.880).

La presenza degli alunni di origine filippina nelle scuole lombarde è notevolmente aumentata se si considera che nell’anno scolastico 1994-95 essi erano solo 354 in totale. Rispetto alla distribuzione per livello scolastico, il 18,6% frequenta la scuola dell’infanzia, il 37,4% quella primaria, il 22,3% la scuola secondaria di primo grado e il 21,7% la secondaria di secondo grado: quest’ultimo dato è più alto di 2,7 punti percentuali rispetto a quello degli alunni stranieri in totale, che in media sono iscritti alla scuola secondaria di secondo grado nel 19% dei casi. Questo scarto può avere diverse ragioni e significati: innanzitutto, la grande importanza attribuita dai genitori all’investimento nell’istruzione dei figli, ma anche l’abitudine tra le famiglie filippine in emigrazione di rimandare i bambini al Paese d’origine durante l’infanzia, per poi ricongiungerli arrivati all’età adolescenziale (prima del compimento del diciottesimo anno), che corrisponde appunto alla scuola secondaria di secondo grado. Si tratta di una scelta diffusa anche tra altre collettività immigrate, motivata sia dall’impossibilità di accudire i figli piccoli in Italia per motivi di lavoro, ma anche dal desiderio di far apprendere ai minori la lingua e le tradizioni del Paese d’origine.

La partecipazione al culto

La religione cristiana è fortemente radicata nella comunità filippina milanese. Ogni domenica circa 3 mila persone partecipano alla messa in lingua che si svolge nelle sette cappellanie presenti presso le parrocchie cittadine (San Lorenzo alle Colonne, Santa Maria del Carmine, San Tomaso, Santa Maria della Consolazione, Gesù Salvatore a Rozzano e nel comune di San Donato, nella parrocchia omonima e in quella di Santa Maria Ausiliatrice). Una comunità di credenti giovani (l’età media è di 40 anni) che ogni hanno battezza tra i 100 e i 150 bambini.

«Guardare ad oriente vuol dire pensare al nostro futuro – ha commentato don Davanzo -. Diversi indicatori, demografici ed economici prima di tutto, ce lo mostrano con grande evidenza. Per questo la Chiesa, si gioca in questi tempi, una cruciale responsabilità storica: annunciare il Vangelo a chi non l’ha conosciuto. Una responsabilità enorme, ma siamo confortati dall’esempio dai grandi missionari del passato, come padre Matteo Ricci, il gesuita italiano che già 400 anni fa, seppe farsi cinese, prima che cristiano. La sua vicenda umana e spirituale contiene i segni della profezia. Saperli riconoscere, sarebbe preziosissimo proprio oggi».