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Gli adolescenti riscoprono
l’ora di religione

In queste settimane famiglie e studenti rinnovano la scelta, per la prima volta on line: dopo il calo all’inizio del 2000, primi segnali di un’inversione di tendenza. Don Michele Di Tolve: «L’ora di religione non è il catechismo, serve per conoscere la nostra cultura e prepararci al confronto e al dialogo con gli altri»

25 Gennaio 2013

Aumentano gli adolescenti che scelgono l’ora di religione nelle scuole della diocesi di Milano. Un’inversione di tendenza che mostra un rinnovato interesse, proprio nella fascia di età più critica, per una materia di studio capace di dare risposte alle domande di senso in una chiave non confessionale (nel senso di non catechistico) e dottrinale. Questo è quanto emerge dai dati sugli “avvalentesi dell’Insegnamento della religione cattolica nelle scuole della diocesi di Milano” diffusi dalla Curia.

Gli alunni e gli studenti che per l’anno scolastico in corso (2012-2013) hanno scelto di seguire le lezioni del docente di religione sono stati l’82,5% del totale degli iscritti alle scuole statali della diocesi: complessivamente 563.909 ragazzini dai 3 ai 19 anni ai quali vanno aggiunti i 117.024 alunni delle scuole cattoliche, per i quali l’insegnamento della religione non è facoltativo.

La percentuale di chi ha detto sì alla religione in classe si è mantenuta pressoché costante nel corso degli scorsi 10 anni, ma regista negli ultimi tempi un leggera crescita, nonostante nello stesso periodo di tempo siano più che  triplicati, passando dal 4% del 2001/02 al 13,7% del 2012/12, i figli degli immigrati, bambini e ragazzi provenienti da tradizione religiose differenti, tra i quali seppure di molto poco prevalgono coloro che preferiscono astenersi. I due dati congiunti – il lieve ma costante aumento degli “avvalentesi” e la crescita degli stranieri – mettono in luce un rinnovato interesse degli italiani.

Infatti, proprio tra gli alunni italiani, il calo percentuale di chi preferiva non aderire alla proposta religiosa è andato via via diminuendo negli ultimi tempi fino a cambiare addirittura di segno. Questa, inversione di tendenza, è inoltre tanto più significativa, dove meno ce lo si aspetterebbe, cioè tra gli iscritti agli istituti superiori della scuola pubblica, che rispetto ai loro compagni più piccoli, scelgono, più frequentemente di dire di no. Infatti, tra costoro “quelli che dicono no” dopo essere saliti fino al 30% nei primi anni 2000, sono via via scesi, fino a raggiungere nell’anno scolastico in corso il 23%. Rispetto, dunque, all’anno 2001/2002 hanno scelto di avvalersi dell’insegnamento della religione in classe il 5% degli studenti in più fra gli iscritti alle scuole statali di secondo grado presenti nelle province di Milano, Monza e Brianza, Varese e Lecco che costituiscono il territorio della diocesi di Milano.

Insomma, se è vero che l’astensione fra i ragazzi tra 14 e i 18 anni  continua ad attestarsi su quote più alte rispetto alle fasce di età più giovani,  si rilevano segnali incoraggianti di “rinnovata partecipazione” degli adolescenti.

Proprio in queste settimane si sono aperte le iscrizioni per il prossimo anno scolastico. Oltre a scegliere l’indirizzo di studi, famiglie e studenti, per la prima volta on line, dovranno anche indicare se intendono avvalersi dell’insegnamento della religione.

«L’ora di religione non è il Catechismo è una materia curricolare, una disciplina scolastica vera e propria che serve a capire meglio il mondo in cui si vive – osserva don Michele Di Tolve, responsabile del Servizio per l’Insegnamento della Religione cattolica dell’Arcidiocesi di Milano -. Già Goethe diceva che la lingua materna dell’Europa è il Cristianesimo. Si pensi a che cosa una persona può capire oggi della nostra lunga tradizione artistica, se non possiede anche solo una superficiale conoscenza delle Sacre Scritture. Ma dico di più. Senza la consapevolezza di che cosa è stato il Cristianesimo e della novità che ha portato nel mondo, non si potrebbe nemmeno capire perché oggi in Europa e in Occidente diamo per scontati certi diritti alla base della nostra civile convivenza».