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Roma

«In Cristo fede e storia sono un intreccio inseparabile»

Al convegno “Gesù nostro contemporaneo”, promosso dal Comitato Cei per il progetto culturale, il cardinale Scola ha partecipato a un dibatitto sul libro di Benedetto XVI “Gesù di Nazaret”

9 Febbraio 2012

È necessario «prendere posizione» su Gesù, a partire dalle «implicazioni culturali» presenti nel libro di Joseph Ratzinger su Gesù e dalla provocazione lanciata dal filosofo danese Kierkegaard. Il monito è del cardinale Angelo Scola, arcivescovo di Milano, intervenuto nella prima giornata del convegno “Gesù nostro contemporaneo”, secondo evento internazionale promosso dal Comitato Cei per il progetto culturale dal 9 all’11 febbraio a Roma. L’Arcivescovo di Milano ha partecipato a un dibattito sul libro di Benedetto XVI Gesù di Nazaret, insieme a Thomas Soeding, docente presso la Facoltà teologica cattolica di Bochum. Ha moderato il dibattito il giornalista e saggista Massimo De Angelis.

«Affermare Gesù risorto è affermare Gesù contemporaneo, e giustificare il suo stare qui e ora», ha esordito il Cardinale, secondo il quale, a partire dalla critica illuministica in poi, è stata messa in crisi la «struttura ellittica» della testimonianza evangelica, che si basava invece sulla «corrispondenza» tra il «contenuto», Gesù Cristo, e la «forma», la comunità apostolica, fino ad «affermare la tesi opposta», quella dell’«impossibilità di accedere alla figura storica di Gesù attraverso la forma testimoniale della fede». «Se le certezze su Gesù vissuto nel primo secolo in Palestina sono affidate solo al metodo storico-critico, a cosa serve la fede?», si è chiesto provocatoriamente l’Arcivescovo, indicando «due strade necessarie e complementari per dimostrare l’insufficienza del metodo storico-critico».

«Nel caso di Gesù – ha argomentato il Cardinale – fede e storia sono intrecciate. È stata la confessione di Gesù da parte della comunità apostolica a fondare il racconto della sua storia, mentre chi non ha creduto in Lui non ha sentito l’esigenza di raccontare la sua storia». In secondo luogo, «l’inseparabilità dell’intreccio tra fede e storia» si evince «dalle riflessioni sulla natura stessa della storia: non possiamo ridurla a fatti bruti contrapposti, se la storia ha senso è perché in essa si attua il destino dell’umanità».

Il libro del Papa su Gesù di Nazaret, per Scola, «è una solida manifestazione di come i rapporti che fanno la storia orientino a prendere posizione, a decidere. La libertà interpellata è la libertà testimoniale del credente». «L’intenzionalità profonda dei Vangeli – ha fatto notare il Cardinale – è quella di permettere, a partire dai testimoni, di arrivare al “testimone fedele”, come lo chiama l’Apocalisse, perché la libertà possa prendere posizione su di Lui». Una «corretta ermeneutica», dunque, «non squalifica la comunità testimoniale, ma la valorizza al massimo». Di qui la centralità dell’invito di Benedetto XVI ad «allargare gli spazi della razionalità», per «rispettarne tutta l’ampiezza». «La ragione – ha concluso – è chiamata a essere aperta al contenuto della testimonianza, senza pregiudicarne la possibilità».

Soding: la croce e la via dolorosa

Gesù muore sulla croce per «far emergere la grandezza di Dio nella debolezza dell’uomo», ha sottolineato dal canto suo Thomas Soding. Soffermandosi sull’icona del Crocifisso e sulla Passione di Gesù, il teologo ha osservato che «la sofferenza di questo mondo non rimane senza effetto su Gesù, diventa il suo dolore. Gesù non si difende, ma sopporta quello che gli viene fatto non con atarassia stoica, ma con la capacità di sofferenza di un uomo profondamente ferito e tuttavia profondamente radicato in Dio».

Secondo il teologo, «Gesù porta sulla Croce la questione di Dio, e la risposta è la storia di dolore degli uomini che Gesù ha fatto diventare la sua storia». In questa prospettiva, «Gesù sofferente diventa contemporaneo, e la liturgia è il luogo di questo aggiornamento». Nella seconda parte del libro di Joseph Ratzinger, l’autore rivaluta «l’antica devozione cristiana alla Passione» e mostra come la «via dolorosa» verso Dio «rappresenta il senso spirituale, morale, teologico della Passione di Gesù fin dai tempi primitivi».

Per Soding, «in Gesù appare l’uomo come tale», nella «miseria» dell’Ecce Homo si comprende come «Dio sta dalla parte dei sofferenti». Ma Gesù Crocifisso «indica anche che ogni uomo che deve portare la propria croce è chiamato alla Risurrezione».