Sirio 26-29 marzo 2024
Share

Milano

«In università col coraggio di far emergere
la comune appartenenza a Gesù»

Nell’incontro con i rappresentanti delle diverse realtà che operano nel mondo degli atenei, l’Arcivescovo ha auspicato un rinnovamento delle modalità della presenza cristiana in questo ambito

di Annamaria BRACCINI

8 Maggio 2014

La pluriformità nell’unità come strada da percorrere nella prassi concreta della Pastorale universitaria e come principio cui ispirarsi per una presenza e un’incidenza consapevole dei cristiani nel mondo universitario. Perché «la cappellania non è solo una presenza, ma un luogo di accoglienza e il “padrone di casa” deve fare spazio al volto di ciascuno. Dobbiamo essere in ascolto di tutti, con rispetto, ma anche col coraggio di fare emergere la comune appartenenza a Gesù».

In questa logica e per definire con chiarezza l’impegno della Chiesa ambrosiana in questo nevralgico comparto, l’Arcivescovo ha voluto incontrare in Curia i rappresentanti delle realtà che operano in Università: le Cappellanie, la Pastorale giovanile delle parrocchie, i Movimenti, le Associazioni, i Collegi Universitari, docenti, studenti, personale tecnico-amministrativo. «Una tappa preziosa e paradigmatica per tutta la vita della Diocesi, a ogni livello», come il Cardinale ha definito questo momento di confronto, alla presenza del Vicario episcopale di settore, monsignor Pierantonio Tremolada, e con la partecipazione di un numero elevato di persone in dialogo.

«Abbiamo coscienza che Milano è città universitaria – 200 mila sono gli studenti – e che, dunque, la questione della Pastorale che riguarda questo mondo è particolarmente urgente», spiega, a tale proposito, don Bortolo Uberti, segretario della Consulta universitaria. «A partire da carismi, stili, aspettative e visioni diverse, occorre – come ha auspicato l’Arcivescovo – lavorare insieme e farsi esempio di un modo di camminare come Chiesa». Insomma, si deve cogliere la sintonia tra diversità e unità, in un dinamismo capace di andare con «passo più energico», anche perché, nota Scola facendo un calcolo approssimativo, «dalle nostre parrocchie vengono circa cinquemila giovani che frequentano gli Atenei». E allora, «che ne è di loro quando sono in Università?». Come intercettarli, da un lato, e, dall’altro, come aiutarli a non disperdersi, a non essere inghiottiti dall’anonimato dei grandi numeri? La via, suggerisce, è proprio quella di uno sforzo corale e sinergico, «mettendo insieme i diversi volti di coloro che, da cristiani, abitano l’Università, per una Pastorale universitaria che, così, può diventare paradigma della più complessiva Pastorale in Diocesi. Necessario, quindi, il collegamento anche con la Pastorale giovanile, con quella della Cultura, con i Movimenti, con le parrocchie».

La strada è quella di un fecondo intrecciarsi tra fisionomia carismatica e dimensione gerarchica della Chiesa. Forse c’è qualcosa da ripensare anche in termini come, per esempio, “cappellania” o “Centro pastorale”, per renderli di più immediata comprensione: «Nel mondo universitario certe terminologie ecclesiastiche hanno bisogno di aggiornamento», viene sottolineato. «La presenza e la visita del Cardinale negli incontri con gli studenti, la vicinanza istituzionale delle strutture ecclesiali e diocesane», sono fondamentali, viene osservato.

E se per diversi sacerdoti che prendono la parola come responsabili dell’assistenza negli Atenei o nei Movimenti, l’interrogativo centrale rimane la possibilità di poter mettere in comune esperienze, realtà, conoscenze acquisite “sul campo”, dalle domande poste al Cardinale emerge il desiderio di comunicare, di «andare oltre le timidezze e paure iniziali». E, così, negli interventi di alcuni studenti e giovani preti, si scopre la realtà bella di amicizie già avviate, di spazi condivisi, di proposte che diventano occasione di confronto e dibattito. Si sottolinea l’importanza della vita ordinaria dell’Università, un tema caro all’Arcivescovo, e insieme la preoccupazione che gli Atenei sempre di più considerino gli studenti come clienti cui offrire unicamente un customer care.

«Preoccupiamoci di chiamare per nome gli studenti. Nel momento in cui noi, come Centro Pastorale, allarghiamo gli orizzonti, guardiamo al mondo in modo ampio, l’Università ci è riconoscente», evidenzia il cappellano della Bicocca. «Vivere l’Università con fede è commovente e dice tutto il bello della vita», racconta uno studente di Architettura del Politecnico. Dal Decanato Città Studi, che ha già intrapreso cammini di rapporto tra Pastorale giovanile, parrocchia e realtà universitarie presenti sul territorio, arriva anche un annuncio: «L’anno prossimo la missione vocazionale si svolgerà nel nostro Decanato, scelto proprio per la presenza dell’Università». Suor Francesca dell’Università dell’Insubria parla della Cappellania come «casa di tutti».

«Così deve essere – conclude il Cardinale -. Qui qualunque convinzione personale, aggregazione o appartenenza deve trovare un punto espressivo e ordinato di confronto libero. Ciò che a noi sta a cuore è il maturare e il crescere della fede nell’individuo. Più c’è ricchezza di proposta, più si realizza la possibilità che la grazia dello Spirito muova le persone».

Poi, un secondo elemento programmatico per il futuro. Scandisce il Cardinale: «Nello spazio di lavoro che abbiamo aperto, ogni realtà abbia l’umiltà di situarsi nel percorso che la Chiesa diocesana sta proponendo. Non si deve rinunciare a ciò che si sta vivendo come singola Università, ma occorre posizionarsi all’interno di una precisa fisionomia ecclesiale. La Pastorale universitaria ha un compito: esporsi a tutto campo attraverso proposte di vita adeguata anche a chi non ha un’appartenenza specifica. Nel ripensare la Consulta mi parrebbe utile pensare a una giunta, che si riunisca a breve, come luogo su cui si torna su tali temi, in modo che a settembre ci si possa rivedere con un progetto».

Infine, le parole di saluto dell’Arcivescovo si fanno richiamo: «L’unico atteggiamento gravemente errato è l’estraniarsi. La necessaria dialettica, anche il contrapporsi gli uni gli altri, fa parte della vita, ma estraniarsi significa sottrarsi alla responsabilità oggettiva che Dio ci ha dato di annunciare la bellezza di seguirlo».