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Intervista a Gianni Bottalico INCLUDERE GLI IMMIGRATI NELLA VITA DELLA CITTÀ

5 Giugno 2008

Secondo il presidente delle Acli milanesi il discorso del cardinal Tettamanzi al convegno “Costruire la Città: il ruolo dei migranti” ha centrato il problema: bisogna garantire agli stranieri i diritti civili, come la possibilità di votare, se vogliamo costruire insieme una metropoli interetnica, in cui diverse culture possano convivere i armonia.

di Stefania Cecchetti

Un vero e proprio monito alla città in tema di immigrati, quello lanciato dall’arcivescovo Tettamanzi sabato scorso al convegno “Costruire la Città: il ruolo dei migranti”, dove il cardinale ha auspicato, fra le altre cose, che si riconoscano agli immigrati «i diritti di democrazia: dal voto, almeno a livello amministrativo, all’assunzione di incarichi pubblici». Dichiarazioni che hanno suscitato non poco clamore. Ne abbiamo parlato con Gianni Bottalico, presidente delle Acli milanesi.

Il cardinal Tettamanzi ha parlato dei migranti come di una risorsa per la città? È davvero così? E soprattutto, è pensabile che i milanesi li sentano così?
Sono assolutamente in sintonia con le affermazioni del Cardinale, che sono state anche le nostre riflessioni come associazione. Ritengo che la città non abbia ancora compreso quale risorsa queste persone oggi esprimano. E questo è stato particolarmente evidente durante la campagna elettorale per l’elezione del sindaco, dove i temi dell’immigrazione sono stati poco affrontati. Teniamo conto che ci sono almeno 33 mila abitanti a Milano che sono stranieri, che sono regolari, che lavorano, che pagano e usufruiscono dei servizi. È più di un terzo della città, che rischia di non avere rappresentanza.

Secondo l’Arcivescovo, sono tre i punti di forza della presenza straniera in città: il contributo alla costruzione del nuovo Wealfare, la vivacità imprenditoriale, il nascente associazionismo…
Credo che il cardinale abbia centrato le grandi espressioni della presenza immigrata a Milano. In particolare voglio sottolineare il primo punto: credo che i migranti siano i principali attori del Wealfare municipale, basti pensare a tutto il mondo di colf e badanti che oggi aiutano le famiglie milanesi, custodendo i nostri anziani e bambini. In una città dove spesso è palpabile l’assenza di servizi alla persona, sono una grande risorsa. Soprattutto perché contribuiscono a costruire un Wealfare umano: avere la possibilità di curare un anziano a casa è ben altra cosa rispetto al doverlo ricoverare in istituto.

Domanda di rito al presidente delle Acli: immigrati e lavoro, quali le problematiche?
Forse il tema è del lavoro è quello che preoccupa meno i migranti, i quali, bene o male, riescono sempre a trovare occupazione. Magari non si tratta di lavori ad alta dignità umana, ma c’è una forte richiesta sul mercato, soprattutto per i mestieri che i nostri figli non vogliono più fare. Oggi credo che la vera emergenza sia quella della casa. Come associazione abbiamo fatto alcune riflessioni, in occasione di questa campagna elettorale, proprio sul tema degli affitti a canone moderato, argomento molto sentito in città, non soltanto dai migranti. A Milano va perseguita una seria politica della casa, ci auguriamo che il nuovo sindaco punti su una programmazione territoriale in modo da garantire questi interventi, anche in collaborazione con il mondo della cooperazione abitativa, che a Milano è importante e può dare un significativo contributo alla soluzione del problema.

Tettamanzi ha lanciato un appello forte alla città, chiedendo i diritti civili per i migranti. Lei crede che i tempi siano maturi?
Certamente i migranti che operano in città, lavorano e pagano le tasse, hanno dei diritti acquisiti. Credo che oggi il tema della coesione sociale parta anche dalla nostra capacità di includere gli stranieri, offrendo loro l’opportunità di esercitare la propria responsabilità. Il discorso del cardinale è di alto respiro proprio perché vuol toccare queste due corde: coesione e inclusione sociale, che sono i capisaldi per la costruzione di una comunità. Questo passa necessariamente attraverso il riconoscimento di alcuni diritti: non solo la possibilità di votare per le circoscrizioni e per il consiglio comunale, ma anche di essere protagonisti attivi, quindi di candidarsi e dare il proprio contributo alla costruzione della città. Credo che questo processo non possa essere ignorato, è parte integrante di una città come Milano, che è una città metropolitana, dove per forza di cose dovranno imparare a convivere diverse culture. Sono ormai molti gli stranieri che sono profondamente inseriti nel nostro sistema e che hanno la maturità necessaria per potersi assumere una responsabilità come questa.

Non crede che ci sarà bisogno di una formazione politica, per queste persone? C’è la possibilità concreta che questo si faccia?
Èun tema che mi sta particolarmente a cuore, perché è anche nella missione delle Acli. Contribuire a costruire una coscienza civica in questa grande fetta di popolazione, aiutarli a conoscere diritti e doveri fondamentali di un cittadino italiano, è un impegno che ci stiamo già prendendo a livello territoriale a Milano e provincia, anche se queste iniziative non sono ancora strutturate a livello centrale. Anche Caritas e Pastorale dei migranti sono attivi in questo campo, tanto che stiamo cercando di lavorare in sinergia. Il mondo cattolico, insomma, si è dato questo compito: sono piccoli passi, che hanno poca visibilità, ma sono comunque un segno importante.