Sirio 26-29 marzo 2024
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Milano

La teologia come servizio alla Chiesa, alla società e all’umanità intera

L’Anno Accademico della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale è stato inaugurato, alla presenza dell’Arcivescovo, gran Cancelliere dell’Ateneo, con la Lectio Magistralis del cardinale Pietro Parolin e con la Celebrazione eucaristica nella Basilica di San Simpliciano

di Annamaria Braccini

23 Novembre 2018

Cosa significa inaugurare l’Anno accademico della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale?. Parte da una domanda, l’Arcivescovo che, come Gran Cancelliere della prestigiosa Istituzione, rivolge il saluto iniziale per l’apertura solenne dell’Anno 2018-2019. «Penso», dice, «che sia un momento che serve all’Istituzione e all’Istituto Superiore di Scienze Religiose di Milano (che inaugura contestualmente anche il proprio anno di attività), dando la consapevolezza della loro importanza. Infatti, questo avvio non è immediatamente finalizzato a qualche specifico interesse, ma è un invito a riconoscersi parte di una comunità di studenti e studiosi, di docenti e amministratori; a riconoscersi un insieme con senso di appartenenza».
Accanto al vescovo Mario, siedono, per l’occasione, il Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, che dopo poco tiene la Prolusione, il preside della Facoltà, son Massimo Epis e don Alberto Cozzi, preside dell’ISSRM
«La presenza del Segretario di Sato dice che la Facoltà è all’attenzione della Chiesa intera. Questa non è un’Istituzione che si rinchiude nel suo chiostro, ma è inserita nella Chiesa offrendo un servizio a tutta la società», conclude il Gran Cancelliere ricordando Paolo VI «che ha voluto questa Università, una volta riservata solo ai chierici, in dialogo con la città e aperta anche ai laici».
«Ci impegniamo a offrire gli strumenti e le competenze per svolgere, nella società, il servizio della carità intellettuale», spiega don Epis, sottolineando tre scelte precise della FTIS che conta, oggi, più di 600 iscritti e conclude i festeggiamenti per il 50esimo di fondazione. «L’apertura ai percorsi teologici che si sviluppano in Europa, la collaborazione con l’Università Cattolica e l’avvio di laboratori culturali come si stanno progettando come, ad esempio, l’Accademia di Brera».
Due gli auspici: «che venga incoraggiato lo studio della teologia come aspetto essenziale della formazione permanente dei sacerdoti e di chi fa la scelta della vita consacrata».; «che sia favorita la formazione teologica dei laici per il prezioso dell’insegnamento della religione, e, più ampiamente, per qualificare la testimonianza della fede, che esige, sempre più, menti e cuori aperti, appassionati alla verità, e pronti in nome del Vangelo a “servire l’uomo”.Andiamo fieri dell’eredità ricevuta e confermiamo l’impegno di farla fruttificare, consapevoli che il nuovo che spetta a noi realizzare sarà gradito al Signore soltanto, a nostra volta, a condizione della fedeltà alla fede della Chiesa ed alla verità umana del nostro tempo. Proprio questo intreccio infatti è distintivo dello stile di un Dio che, in Gesù Cristo, ha sposato la causa dell’uomo».
Per don Cozzi «la sfida, per la Chiesa oggi, non è organizzare spazi, né tantomeno occuparli, ma avviare processi, come comprese con preveggenza l’arcivescovo Montini vero fondatore dell’Università».

La Lectio Magistralis del Segretario di Stato

«Sono qui per condividere la gioia di questo anniversario, per rinnovare l’impegno e per volgere uno sguardo di fiducia nel futuro», sottolinea subito il cardinale Parolin che, nel 1982 discusse la tesi di baccellierato con docenti della Facoltà «in quanto il seminario di Vicenza era affiliato a questa Facoltà. Quindi, sono tra voi con gratitudine anche per il contributo che questo Ateneo ha dato alla mia formazione».
Il Magistero dell’Arcivescovo Montini, poi, papa Paolo VI, canonizzato il 14 ottobre scorso e il nuovo umanesimo, sono il fulcro della sua articolata riflessione.
«Quello che viviamo e un vero e proprio cambiamento di epoca con una crisi antropologica e ambientale. Si tratta di ridefinire il progresso e cambiare il modello di sviluppo globale. Il problema è che non siamo ancora attrezzati «e, dunque, è necessario un rinnovamento culturale»
Da qui il dovere della teologia che è «non accontentarsi di giudizi superficiali, ma comprendere – intelligere -, appunto, con intelligenza la cultura del proprio tempo. Anche perché «una troppo lunga dissociazione tra la teologia e le scienze profane, trasformatasi talora in dissidio, ha portato gravi danni alla sintesi tra teologia e vita».
Insomma si deve interagire con la pratica dell’interdisciplinarietà e transdisciplinarietà, mantenendo fermo il richiamo alla centralità di Cristo, così come sempre fu per Montini, attento lettore di opere teologiche, storiche, letterarie e artistiche.
«Penso che alla luce di questa consapevolezza sia doveroso raccogliere l’auspicio che troviamo in Veritate splendor riguardo alla necessità urgente di fare rete fra le diverse situazioni che in ogni parte del mondo coltivano e promuovono gli studi ecclesiastici, attivando con decisione opportune sinergie anche con le istituzioni accademiche».
Il servizio da rendere è quello di «essere Chiesa ancella dell’umanità», proponendo sempre la buona novella di Cristo. «e il cristocentrismo
In conclusione, la citazione è tratta dal Discorso di papa Francesco al Convegno al V Convegno nazionale della Chiesa italiana, tenutosi a Firenze nel 2015. «Vi raccomando, in maniera speciale, la capacità di dialogo e di incontro. Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria “fetta” della torta comune. Non è questo che intendo: è cercare il bene comune per tutti. Discutere insieme, oserei dire arrabbiarsi insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti. Molte volte l’incontro si trova coinvolto nel conflitto. Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e prevedibile che così sia. E non dobbiamo temerlo né ignorarlo ma accettarlo. Dobbiamo sempre ricordare che non esiste umanesimo autentico che non contempli l’amore come vincolo tra gli esseri umani, sia esso di natura interpersonale, intima, sociale, politica o intellettuale. Su questo si fonda la necessità del dialogo e dell’incontro per costruire insieme con gli altri la società civile».

L’omelia dell’Arcivescovo

Poi, nella basilica di San Simpliciano, la tradizionale Celebrazione eucaristica presieduta dall’Arcivescovo che, nella sua omelia, approfondisce il senso evangelico della missione dei teologi, attraverso alcune metafore: “Non è ancora il tempo della sete”, “La presenza superflua”, “Il rattoppo”, “Dedicati a preparare gli otri nuovi”.
«Le metafore proposte si possono applicare alla Chiesa e a tutte le sue espressioni. Si possono applicare anche agli studenti e agli studiosi di teologia e di scienze religiose: l’impressione di una marginalità della ricerca teologica, di una offerta che non ha mercato, di una dedizione che non riconoscimenti può renderci pensosi.
Ma forse, piuttosto che cercare rattoppi, siamo chiamati ad affrontare con maggior ardore quel lavoro dell’artigiano che prepara gli otri nuovi, che lavora con dedizione, competenza e perseveranza e trova la sua gratificazione nel lavoro ben fatto e nella promessa di predisporre il suo contributo alla festa dei popoli. Il vino nuovo che nessuno può dare se non il Signore risorto è l’effusione dello Spirito che rianima i discepoli scoraggiati, che suggerisce parole che tutti possono capire, che infonde il coraggio per rivolgersi alla gente per condividere parole di speranza, Anche se il contesto può essere ostile, indifferente, sprezzante, la gioia esuberante del vino nuovo e la testimonianza coraggiosa e coerente può inaugurare i tempi in cui ci sarà fame e sete della parola di Dio e la ricerca non andrà delusa».

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