Sirio 26-29 marzo 2024
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MILANO

L’Arcivescovo: «Apparteniamo a Gesù
e questo ci fa liberi»

Nel solenne Pontificale di Sant’Ambrogio il cardinale Scola ha elogiato il santo vescovo come esempio di fede e di dedizione a Dio

di Simona BRAMBILLA

7 Dicembre 2012

«Dio fece posare sul suo capo… la sua alleanza: la Liturgia odierna onora Ambrogio con il bel brano tratto dal Libro del Siracid-. Ma come la grandezza del sommo sacerdote, così anche quella di Ambrogio, non si basa anzitutto sulle sue doti umane, culturali e sociali, ma sulla fedeltà all’Alleanza che Dio ha stabilito con lui. Fin dall’Antico Testamento l’Alleanza è la forma della reciproca appartenenza tra Dio e l’uomo. Essa ha nel nostro padre Ambrogio, generatore di un popolo di cui noi siamo gli eredi, un intramontabile paradigma». Con queste parole l’Arcivescovo Scola ha spiegato a tutti quale importante esempio di fede e di vita è il santo Ambrogio. Erano migliaia i fedeli che questa mattina hanno partecipato alla celebrazione eucaristica in onore di Sant’Ambrogio, patrono della Santa Chiesa Ambrosiana e della città di Milano. Vi erano inoltre tutti gli appartenenti alla comunità seminarista della diocesi, i vescovi e preti ambrosiani. Una cerimonia molto intensa in cui l’Arcivescovo ha voluto sottolineare il grande valore dell’appartenenza a Gesù Cristo, che non significa possesso, ma anzi è sinonimo di libertà. «Tuttavia è soprattutto Gesù, il Buon Pastore, a generare il Suo popolo, la Chiesa – ha proseguito -. In che modo? Lo abbiamo appena ascoltato: “Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. Il mercenario abbandona le pecore e fugge perché non gli importa delle pecore”. Con queste parole il Santo Vangelo ci aiuta a comprendere che il rapporto tra il buon pastore ed il gregge non è di possesso, ma appunto di appartenenza. Apparteniamo a Gesù e questo ci fa liberi». Ogni persona, ogni istituzione secondo le parole dell’Arcivescovo dovrebbe fare esperienza quotidiana di quest’appartenenza per essere poi realmente libera. «Lo dovremmo essere, soprattutto, noi cristiani che, qui a Milano, fin dai tempi di Sant’Ambrogio, siamo stati educati a difendere e custodire la libertà di ogni singolo uomo e dell’intero popolo di Dio. Quando dunque, nello statuto del Comune di Milano, si stabilisce che sul gonfalone ufficiale della città sia rappresentato Ambrogio “vescovo eletto dal popolo”, ritroviamo semplicemente, ai giorni nostri, questa decisiva idea di libertà che affonda le sue radici nella storia della città», ha aggiunto il cardinal Scola, rivolgendosi direttamente a tutto il popolo ambrosiano. L’arcivescovo ha poi parlato del senso vero e profondo della vita: solo attraverso la conoscenza profonda di sé è possibile aprirsi al senso compiuto. «La grave situazione di travaglio antropologico e di crisi socio-economica in cui ci troviamo a vivere chiede a tutti i milanesi, in questa solennità, un impegno più deciso a “superare i confini della nostra misura”. Un impegno che si converta in un atteggiamento abituale, in una “virtù”, del nostro operare e vivere in società. Un respiro universale che ci fa costruttori della civiltà dell’amore». Concludendo l’omelia il cardinal Scola ha invitato tutti a rivolgersi a Maria Immacolata che verrà celebrata domattina in Duomo.
Dopo la comunione l’Arcivescovo ha ripreso nuovamente la parola comunicando a tutti due importanti notizie: la presenza dell’arcivescovo di Belgrado, monsignor Hocevar, giunto a Milano per testimoniare anche lui l’importanza dell’editto di Costantino e per elogiare pubblicamente don Adelio Dell’Oro, prete ambrosiano che oggi è stato nominato vescovo di Atyrau, in Kazakistan. L’arcivescovo infine è sceso in cripta per venerare le spoglie di sant’Ambrogio e dei santi martiri Gervaso e Protaso.

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