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Riflessione

L’Arcivescovo: grazie allo Spirito le diversità diventano ricchezza

L’annuncio del Vangelo che ci rende tutti missionari, l’attenzione ai giovani, il ripensamento dell’oratorio e il sostegno al clero al centro della lettera per il tempo dopo Pentecoste contenuta nella Proposta pastorale 2019-2020

di Pino NARDI

7 Giugno 2020

«Siamo un cuore solo e un’anima sola per grazia di Spirito Santo: le differenze che sono tra noi, le difficoltà di intesa e di collaborazione che talora sperimentiamo, le divergenze nella lettura della situazione del Paese e anche della Chiesa non bastano a dividerci, non devono dividerci. Siamo chiamati a costruire la Chiesa dalle genti, a far sì che differenze ben più marcate contribuiscano a una sinfonia che canti le lodi del Signore! Molte difficoltà di relazione sono dovute a meschinità e miopie: avremo la grazia di superarle, se lo chiediamo con fede e consentiamo allo Spirito di Gesù di abitare in noi». È l’indicazione molto chiara ed esigente dell’Arcivescovo, mons. Mario Delpini, contenuta nella sua ultima lettera per il tempo dopo Pentecoste nella proposta pastorale La situazione è occasione.

La sinfonia delle diversità

Insomma le diversità come arricchimento reciproco, in una sinfonia di voci ispirate dallo Spirito Santo. Parole non così scontate in un tempo dove la paura del diverso da sé prende il sopravvento, spesso con forti venature razziste. «Siamo i discepoli inviati come missionari per portare a tutti gli uomini, in tutte le lingue, la buona notizia della risurrezione – sottolinea l’Arcivescovo -. Le diffidenze, le timidezze, le complicazioni che incontriamo, che ci mettono in imbarazzo e mortificano il nostro desiderio di condividere la gioia pasquale potranno essere superate se accogliamo lo Spirito Santo. La grazia di Pentecoste porta frutto specialmente nella carità fraterna e nella missione».

L’annuncio a tutti

È la Chiesa della Pentecoste, con l’annuncio di un Vangelo che libera da ogni tipo di male e che sa incarnarsi in tutte le culture umane. «Il dono dello Spirito consente di scrivere una “storia dopo Pentecoste”, la storia della Chiesa – dice monsignor Delpini -. È la storia della missione, quell’obbedienza al comando del Signore che il dono dello Spirito rende possibile perché insegna come annunciare e ascoltare l’annuncio pasquale in tutte le lingue, cioè in ogni tradizione culturale. È la storia vissuta nella luce dell’alleanza nuova ed eterna che il dono dello Spirito sigilla: quindi questa tribolata storia presente può diventare storia di salvezza e ogni giorno, ogni luogo può essere pieno della gloria di Dio. Infatti, la gloria di Dio è lo Spirito Santo, quel dono d’amore che rende capaci di amare».

Per vivere pienamente questo tutti i credenti, con i doni ricevuti, sono chiamati all’annuncio con la propria vita. Non solo dunque i fidei donum, ma tutti i cristiani sono missionari. «La Pentecoste ci ricorda l’effusione dello Spirito sui discepoli che si spalancano così ad una missione senza confini. La Pentecoste ci ricorda anche il dono dei diversi carismi che arricchiscono il popolo di Dio e che il Paraclito non fa mai mancare alla Chiesa perché possa sempre rispondere con generosità in ogni tempo al compito di annunciare efficacemente il Vangelo (Lumen Gentium 12). Ognuno è chiamato a mettere i doni dello Spirito Santo a servizio della Chiesa e della sua missione».

No a lamento e rassegnazione

Oggi certo non è semplice annunciare il Vangelo, ma in fondo in quale epoca è stato più agevole? L’Arcivescovo invita a non lasciarsi andare, ma a mantenere saldo il timone: «Per questo i discepoli non sono autorizzati al lamento, né alla rassegnazione, né alla nostalgia sterile, né a screditare se stessi o il tempo che vivono: i cieli e la terra sono pieni della gloria di Dio».

Puntare sui giovani

Se ciascuno è coinvolto, un’attenzione particolare deve essere rivolta ai giovani, che sono il futuro della società e della Chiesa. Papa Francesco lo ha capito bene indicendo il Sinodo a loro dedicato e richiamando le Chiese locali a un di più di impegno a partire dall’esortazione apostolica Christus vivit. Lo rilancia anche l’Arcivescovo impegnando «tutti i giovani e tutti coloro che hanno responsabilità nell’ambito della pastorale giovanile a una lettura attenta, a una verifica delle proposte pastorali tradizionali e attuali, a un rilancio della missione ai giovani. Le problematiche spesso rilevate, la constatazione dei risultati stentati raccolti da una dedizione che pure è generosa e intelligente, non devono indurre allo scoraggiamento oppure a un’impostazione selettiva ed elitaria. Piuttosto siamo chiamati a essere sempre fiduciosi, a continuare ad annunciare il Vangelo e a chiamare a conversione».

La Chiesa ambrosiana è da sempre attenta alle nuove generazioni, a stimolare gli stessi giovani a essere testimoni del Vangelo tra i coetanei. Come non ricordare il grande impulso dato in questo senso dall’Assemblea di Sichem voluta dal cardinale Martini nel 1989. «Dovremmo domandarci – si chiede oggi monsignor Delpini – come sia possibile che i giovani siano missionari presso i giovani. Abbiamo però bisogno di fiducia, di gioia, di stima. L’impegno per la continuità e il rinnovamento del Servizio per i giovani e l’università della Diocesi di Milano è una dichiarazione dell’intenzione che la Diocesi vuole continuare a investire nella cura per la fede e il discernimento pastorale dei giovani».

Il progetto educativo dell’oratorio

Nella sua lettera l’Arcivescovo punta anche su altre due grandi questioni: il ripensamento e il rilancio degli oratori e il sostentamento del clero.

«Le acquisizioni che si consolidano orientano a far sì che in ogni comunità pastorale e in ogni parrocchia si costituisca il consiglio dell’oratorio e si avvii la stesura del progetto educativo dell’oratorio. In ogni comunità deve crescere un senso di responsabilità. Il coinvolgimento di laici che insieme con il clero si appassionino all’impresa è necessario, tanto più nella costatazione di alcuni dati evidenti. Il numero dei giovani preti si sta riducendo. Si devono interessare dei giovani non solo i preti giovani».

Sostenere il clero

E sull’aumento dei contributi per sostenere i sacerdoti: «L’auspicato incremento delle offerte deducibili per il sostentamento del clero e le altre forme tradizionali di offerte per le Messe e per le diverse occasioni della vita della parrocchia consentiranno di disporre di risorse maggiori per le necessità dell’aiuto ai poveri nel nostro Paese e nei progetti di solidarietà con Chiese di altri Paesi».