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Papa Francesco in visita a Milano

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Storia

Le due visite di papa Wojtyla a Milano

Giovanni Paolo II è venuto la prima volta nel maggio 1983 a conclusione del XX Congresso eucaristico e la seconda nel novembre 1984 per il IV centenario della morte di san Carlo

di Claudio MAZZA

27 Febbraio 2012

Nella prima metà degli anni ’80 la Diocesi di Milano ha accolto per due volte Giovanni Paolo II. La prima (20-22 maggio 1983) a conclusione del XX Congresso eucaristico nazionale, la seconda (2-4 novembre 1984) in occasione del IV centenario della morte di san Carlo. Se la prima visita ha avuto il suo clou davanti all’Eucaristia, la seconda ebbe la caratteristica del pellegrinaggio sulle orme di San Carlo, il cui nome Papa Wojtyla porta impresso dal giorno del battesimo.

A conclusione del XX Congresso eucaristico nazionale
Il primo impatto con la città avviene in piazza Cinque Giornate, dove il Papa parla di Milano come «cuore pulsante dell’economia nazionale e promotrice generosa di iniziative di beneficenza e di carità». Ma anche di come in Milano «si riscontrano quei fenomeni negativi che inquinano la società moderna e che hanno la loro matrice in un riduttivo secolarismo». Di qui il messaggio del Papa a «recuperare la matura coscienza della dignità e della responsabilità dell’uomo». Poi l’incontro al Palazzo dello Sport con 15 mila religiose che dal Papa sono invitate «a costruire sull’Eucaristia il centro affettivo e dinamico della vita consacrata». La sera del 20 maggio, piazza del Duomo diventa un’immensa casa di preghiera. Il Papa presenta l’Eucaristia come «dono incommensurabile e ineffabile dell’amore della Trinità per l’umanità» e, di conseguenza, la comunità cristiana e il cristiano stesso come caratterizzati dall’esigenza e dal dovere di un perenne atto di ringraziamento. L’indomani ai sacerdoti, nella grande concelebrazione nel seminario di Venegono, il Papa presenta l’Eucaristia come «forza di rinnovamento del mondo contemporaneo». Nei giorni di permanenza a Milano, Giovanni Paolo II ha visitato alcuni luoghi significativi (come Desio, patria di Pio XI e Seregno con cui era legato già dai tempi del suo episcopato a Cracovia) e incontrato diverse categorie di persone. «Io sono in mezzo a voi per parlarvi di Cristo», ha detto ai 250 mila giovani radunati nell’autodromo di Monza. «Di fronte a Cristo non potete rimanere indifferenti! Aiutate a costruire una società nuova!». A Sesto S. Giovanni l’incontro con 80 mila lavoratori: «Lo so che cosa vuol dire entrare in una fabbrica e starvi tutte le ore utili della giornata, tutti i giorni della settimana, tutte le settimane dell’anno: l’ho appreso nella mia carne; non l’ho imparato dai libri». Terzo incontro al Teatro alla Scala per «un atto di presenza nel mondo dell’arte». Magistrali i discorsi ai docenti universitari in Cattolica e agli imprenditori (che il Papa incontrava per la prima volta nelle sue visite in Italia) alla Fiera. L’ultimo incontro, prima della celebrazione conclusiva, è stato con i malati del Policlinico: «Voi costituite la parte eletta e siete i più vicini al mio cuore». Alla Messa del Gallaratese, che si è svolta sotto un nubifragio che ha messo a dura prova la “fede” di 200 mila ambrosiani, era presente anche Madre Teresa di Calcutta. Questa celebrazione si è conclusa con un mandato “eucaristico” («Fa’ che noi siamo dovunque ci mandi, come il Padre ha mandato te!») e l’arrivederci all’anno successivo.

Sulle orme di san Carlo
«Eccomi nuovamente fra voi, carissimi milanesi, a poco più di un anno dalla mia precedente visita. Oggi a guidare i miei passi verso di voi è il ricordo di un santo, che grande traccia di sé ha lasciato nella vostra terra e non in essa soltanto: san Carlo Borromeo». Sono stati tre giorni intensissimi. La prima giornata, 2 novembre, inizia con la salita a piedi lungo le cappelle del Sacro Monte di Varese e si conclude a Milano nel cimitero di Musocco con una preghiera per i defunti. L’indomani si reca a Pavia: breve saluto agli operai della Necchi, incontra studenti e docenti dell’Università Statale, poi visita il Collegio Borromeo e viene accolto dai fedeli in piazza della Vittoria. Dal pomeriggio di sabato fino a mezzogiorno di domenica 4 novembre il Papa è pellegrino in terra novarese: prima a Varallo nella collegiata e poi su su – iniziando un suggestivo quanto raccolto itinerarium crucis – fino al Sacro Monte, dove passa la notte nella stanza in cui san Carlo era solito ritirarsi in preghiera. Domenica mattina tappa ad Arona, città natale del Borromeo, saluto alla città sul lungolago, visita al collegio De Filippi e Messa con Angelus ai piedi della statua del “San Carlone”. Poi in elicottero da Arona a Milano: l’incontro con la città avviene in piazza Castello; da qui raggiunge piazza del Duomo per la Messa conclusiva del pellegrinaggio. In questo suo pellegrinare tra le Chiese di Milano, Pavia e Novara il Papa ha voluto seguire anche fisicamente le orme di San Carlo: «Ho sentito la necessità di compiere questo pellegrinaggio straordinario sia per onorare san Carlo, vero gigante della storia della Chiesa, sia per ritornare alle fonti della sua vita e del suo insegnamento, termine di confronto valido per la vita cristiana di oggi». E al termine del viaggio: «Ho conosciuto i luoghi meravigliosi della sua vita. Ho potuto conoscerne così meglio la spiritualità… Quest’anno mi è stato dato di celebrare in modo eccezionale la solennità di san Carlo, che è anche mio patrono». In ogni luogo dove il grande Borromeo è vissuto, il Papa si è soffermato in ascolto del Santo. Soprattutto sul Sacro Monte di Varallo: «Sento vibrare qui lo spirito del grande Pastore della Chiesa ambrosiana in quello che fu e rimane l’aspetto centrale della sua spiritualità e del suo ministero: il culto per la Passione e per la Morte del Signore». Ma come san Carlo giunse a questo centro della propria spiritualità? Che cosa imparò per la propria vita? Quali le linee portanti della sua azione pastorale? E infine: che cosa suggerisce oggi per la nostra vita spirituale? Che cosa, sul piano pastorale? A queste domande rispondono i 17 discorsi del Pontefice. «Alcuni brevi – scrisse il cardinale Martini -, altri più estesi, tutti legati a un tema di fondo: spiegare alla gente le motivazioni religiose del viaggio e le conseguenze da trarre dal ricordo di san Carlo, per la fede, per il culto e per la vita della Chiesa e della società». La cifra di questo pellegrinaggio la troviamo anche nell’immagine che ritrae Papa Wojtyla in ginocchio, nella cripta del Duomo, mentre accarezza l’urna con il corpo di san Carlo. Questa fotografia sarà ripresa più volte negli anni a testimonianza del profondo legame spirituale tra il beato Karol e il suo patrono.