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Duomo

L’eredità di Martini,
contemplativi nella città

L'arcivescovo di Milano Angelo Scola ha presieduto questo pomeriggio la messa a un anno dalla morte del pastore che per ventidue anni ha guidato la Diocesi di Milano. Fu portatore della speranza affidabile che deriva dalla fede incrollabile nella Risurrezione di Gesù

di Francesca LOZITO

29 Agosto 2013

La celebrazione è stata presieduta dall’Arcivescovo di Milano cardinale Angelo Scola e concelebrata dai cardinali Dionigi Tettamanzi (arcivescovo Emerito di Milano) e Francesco Coccopalmerio (Presidente Pontificio consiglio per l’interpretazione dei testi legislativi), da 16 Vescovi milanesi e lombardi, dai Vicari episcopali della Diocesi ambrosiana e da oltre 200 sacerdoti milanesi. Diecimila i fedeli intervenuti.

"Celebrare l’eucaristia nel primo anniversario dalla dipartita del l’arcivescovo Carlo Maria e’una occasione privilegiata per misuratissima con questi cruciali interrogativi (quelli della morte, ndr) e nel contempo rendere grazie a Dio del suo ministero episcopale"

Sono le parole dell’Arcivescovo pronunciate nell’omelia. Il cardinale Scola ha riletto la vita dell’arcivescovo Carlo Maria alla luce di quella Parola da lui tanto amata nella prospettiva di speranza propria di tutti i cristiani: “Il suo sguardo appassionato per tutti gli uomini continua ad accendere la speranza «che non delude» – ha affermato Scola -. Non delude perché proviene dall’amore stesso di Dio che gratuitamente si riversa nei nostri cuori. Non viene meno neppure quando siamo «deboli» «peccatori» e «nemici»”. L’Arcivescovo Carlo Maria – ha proseguito – fu indomito portatore di questa «speranza affidabile» che deriva dalla fede incrollabile nella Risurrezione di Gesù. Fra le pagine che il Cardinale ha dedicato alla morte e alla risurrezione ve n’è una assai penetrante che narra della straordinaria modalità con cui Gesù appare, risorto, ai suoi. Reincontrando la Maddalena, i discepoli di Emmaus, Pietro sul lago di Tiberiade Gesù, che avrebbe potuto rimproverarli perché, presi dalla paura, l’avevano in vario modo abbandonato, invece «non giudica il comportamento che hanno avuto, non critica, non condanna, non rinfaccia i ricordi dolorosi della loro debolezza, ma conforta e consola» Consola perché non approfitta «dell’umiliazione altrui per schernire, schiacciare mettere da parte, ma riabilita, ridà coraggio ridà responsabilità» . Con la luce della Sua risurrezione li inoltra, in pienezza di verità, sulla strada di una responsabile novità”.

La prospettiva è quella di accogliere dunque la vita anche quando sembra che tutto volga in modo contrario: “La memoria viva del Cardinale si fa per noi questa sera invito ad accogliere, come ci ha detto san Paolo, anche in mezzo alle tribolazioni di varia natura, quella pace che fa fiorire «la pazienza, la virtù provata e la speranza». – prosegue il cardinale Scola – Quella offerta a tutti gli uomini dal grande tesoro che è Gesù Cristo morto e risorto è, insiste Paolo, «la speranza della gloria di Dio» . Una speranza in forza della quale passato, presente e futuro, inscindibilmente intrecciati dalla misericordia di Dio, formano l’ordito della nostra storia personale, della storia della Chiesa e del mondo. La luce della fede che ci ha portato Gesù, illumina il cammino che la Provvidenza ha donato alla nostra Chiesa. Un’unità che si esprime e risplende nella pluriformità di accenti e di risposte personali alla grazia di Dio” conclude l’arcivescovo di Milano.

Per questo colpisce oggi, secondo Scola, la rilettura della prima lettera pastorale dell’arcivescovo Carlo Maria, dedicata alla preghiera contemplativa: “In essa – afferma – egli definisce l’uomo in questi termini: «Aperto al mistero, paradossale promontorio sporgente sull’Assoluto, essere eccentrico e insoddisfatto». Apertura, sporgenza, eccentricità, insoddisfazione: non sono tutte categorie appropriate per descrivere la tensione positiva alla vita e alla vita “per sempre” che inquieta il cuore in ogni uomo rendendolo consapevole di non essere lontano da nessun altro uomo? Non esistono domande autentiche di un uomo che non siano di tutti gli uomini – sottolinea ancora – le “periferie esistenziali” – per usare l’espressione di Papa Francesco – sono innanzitutto i confini della stessa esperienza di ciascuno di noi”.

Al centro, infatti della contemplazione sta l’esistenza umana: “La dimensione contemplativa dell’esistenza restituisce l’uomo a se stesso, affermava l’allora arcivescovo di Milano in quella prima Lettera pastorale. Questo insegnamento riletto ora, alla fine del suo pellegrinaggio terreno, esprime bene il centro della sua personalità, della sua testimonianza di vita, della sua azione pastorale, della sua passione civile, dell’indomito tentativo di indagare gli interrogativi brucianti dell’uomo di oggi. Per questo la ricca complessità della sua persona e del suo insegnamento continuano ad interrogare uomini e donne di ogni condizione. La dimensione contemplativa della vita del Cardinal Martini rappresenta l’antefatto, l’orizzonte, il precedente di tutta la sua riflessione e di tutta la sua azione. Ciò che è stato e che viene detto e scritto sulla sua figura, sul suo pensiero e sulla sua opera diventerebbe facilmente unilaterale se non venisse collocato in questa unificante prospettiva” ha concluso Scola.

Al termine della celebrazione, l’arcivescovo Scola si è recato in preghiera alla tomba del cardinale Carlo Maria Martini assieme ai vescovi ambrosiani, una delegazione di vescovi lombardi, l’arcivescovo emerito Dionigi Tettamanzi, il cardinale Francesco Coccopalmerio. Un momento intenso di preghiera e raccoglimento. Alla messa in memoria del cardinale Martini hanno preso parte alcune autorità tra cui il vicesindaco di Milano Ada Lucia De Cesaris, il vicepresidente della provincia di Milano Novo Umberto Maerna. Presenti i familiari Maris Martini Facchini e i nipoti Giulia e Giovanni.