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Vaticano

L’ultima celebrazione
di Benedetto XVI in San Pietro

Salutato da un lunghissimo applauso il Papa ha presieduto la Messa per le Ceneri, inizio del cammino quaresimale nel quale i credenti sono chiamati a curare l'elemosina, la preghiera e il digiuno. Ma senza «ipocrisia religiosa»

14 Febbraio 2013
Pope Benedict XVI (L) receives ashes during the mass for Ash Wednesday, opening Lent, the forty-day period of abstinence and deprivation for the Christians, before the Holy Week and Easter, on February 13, 2013 at St Peter's basilica at the Vatican. Pope Benedict XVI made his first public appearance on Wednesday since his shock resignation announcement, asking thousands of cheering pilgrims at the Vatican to "keep praying for me".     AFP PHOTO / GABRIEL BOUYS

«Oggi, Mercoledì delle Ceneri, iniziamo un nuovo cammino quaresimale, un cammino che si snoda per quaranta giorni e ci conduce alla gioia della Pasqua del Signore, alla vittoria della Vita sulla morte». Con queste parole Benedetto XVI ha iniziato l’omelia della Messa per le Ceneri, celebrata per la prima volta nella basilica di San Pietro, invece che, come tradizione, nella basilica di Santa Sabina all’Aventino. E proprio all’«antichissima tradizione romana delle stationes quaresimali», il Papa ha fatto riferimento all’inizio dell’omelia, spiegando che tale scelta è stata dettata dalle «circostanze». «Stasera siamo numerosi intorno alla Tomba dell’Apostolo Pietro anche a chiedere la sua intercessione per il cammino della Chiesa in questo particolare momento, rinnovando la nostra fede nel Pastore Supremo, Cristo Signore», ha detto Benedetto XVI rivolgendosi all’immenso stuolo di semplici fedeli, cardinali e vescovi, che hanno gremito la basilica, con una fila ordinata che si è disposta intorno all’ellissi disegnata dal colonnato berniniano già diverse ore prima. «Per me – le parole del Papa nella sua ultima Messa in San Pietro – è un’occasione propizia per ringraziare tutti, specialmente i fedeli della diocesi di Roma, mentre mi accingo a concludere il ministero petrino, e per chiedere un particolare ricordo nella preghiera».

«Ritornate a me con tutto il cuore»

«Così dice il Signore: ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, con pianti e lamenti». Il Papa è partito dal «forte richiamo» del profeta Gioele (2,12), per soffermarsi sull’espressione «con tutto il cuore», che significa «dal centro dei nostri pensieri e sentimenti, dalle radici delle nostre decisioni, scelte e azioni, con un gesto di totale e radicale libertà». «Ma è possibile questo ritorno a Dio? Sì perché c’è una forza che non risiede nel nostro cuore, ma che si sprigiona dal cuore stesso di Dio. È la forza della sua misericordia», una «grazia» che «è opera di Dio e frutto della fede che noi riponiamo nella sua misericordia». Ma questo «ritornare a Dio» – ha aggiunto – «diventa realtà concreta nella nostra vita solo quando la grazia del Signore penetra nell’intimo e lo scuote donandoci la forza di “lacerare il cuore”». «Laceratevi il cuore e non le vesti», dice ancora il profeta. «Anche ai nostri giorni – il commento del Papa – molti sono pronti a stracciarsi le vesti di fronte a scandali e ingiustizie, naturalmente commessi da altri, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio cuore, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta».

«La fede è necessariamente ecclesiale»

«La dimensione comunitaria è un elemento essenziale nella fede e nella vita cristiana». Lo ha ricordato il Papa, quando ha spiegato che «ritornate a me con tutto il cuore», del profeta Gioele nella prima lettura, «è un richiamo che coinvolge non solo il singolo, ma la comunità». Cristo è venuto «per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi», ha detto Benedetto XVI. Il “noi” della Chiesa è «la comunità in cui Gesù ci riunisce insieme», ha ricordato il Papa citando il Vangelo di Giovanni, e questo «è importante ricordarlo e viverlo in questo tempo della Quaresima: ognuno sia consapevole che il cammino penitenziale non lo affronta da solo, ma insieme con tanti fratelli e sorelle, nella Chiesa». Di qui «l’importanza della testimonianza di fede e di vita cristiana di ciascuno di noi e delle nostre comunità per manifestare il volto della Chiesa e come questo volto venga, a volte, deturpato». «Penso in particolare alle colpe contro l’unità della Chiesa, alle divisioni nel corpo ecclesiale», le parole del Papa, secondo il quale «vivere la Quaresima in una più intensa ed evidente comunione ecclesiale, superando individualismi e rivalità, è un segno umile e prezioso per coloro che sono lontani dalla fede o indifferenti».

Fare spazio a Dio, ora

«Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza». Per il Papa, le parole dell’apostolo Paolo ai cristiani di Corinto, riportate nella seconda lettura di oggi, «risuonano anche per noi con un’urgenza che non ammette assenze o inerzie». Il termine “ora” ripetuto più volte, secondo il Papa, «dice che questo momento non può essere lasciato sfuggire», perché «viene offerto a noi come un’occasione unica e irripetibile». Lo «sguardo» di Paolo, in particolare, «si concentra sulla condivisione con cui Cristo ha voluto caratterizzare la sua esistenza, assumendo tutto l’umano fino a farsi carico dello stesso peccato degli uomini». Dio «lo fece peccato in nostro favore», la frase «molto forte» di Paolo. «In questa immersione di Dio nella sofferenza umana e nell’abisso del male sta la radice della nostra giustificazione», ha detto il Papa sulla scorta di Paolo: il «ritornare a Dio con tutto il cuore», nel nostro cammino quaresimale, «passa attraverso la Croce, il seguire Cristo sulla strada che conduce al Calvario, al dono totale di sé». «È un cammino in cui imparare ogni giorno a uscire sempre più dal nostro egoismo e dalle nostre chiusure, per fare spazio a Dio che apre e trasforma il cuore», il suggerimento del Papa, che ha auspicato anche che «questo cammino quaresimale sia caratterizzato da un ascolto più attento e assiduo della Parola di Dio, luce che illumina i nostri passi».

Il vero discepolo

«Il vero discepolo non serve se stesso o il pubblico, ma il suo Signore, nella semplicità e nella generosità», e «la nostra testimonianza sarà sempre più incisiva quanto meno cercheremo la nostra gloria e saremo consapevoli che la ricompensa del giusto è Dio stesso, l’essere uniti a Lui, quaggiù, nel cammino della fede, e, al termine della vita, nella pace e nella luce dell’incontro faccia a faccia con Lui per sempre». È il ritratto del cristiano, quello delineato dal Papa nell’omelia, in cui ha fatto riferimento al “Discorso della Montagna”, contenuto nel Vangelo di Matteo, e alle «tre pratiche fondamentali previste dalla Legge mosaica: l’elemosina, la preghiera e il digiuno», definite «indicazioni tradizionali nel cammino quaresimale per rispondere all’invito di ritornare a Dio con tutto il cuore». Ma Gesù, ha proseguito il Papa, «sottolinea come sia la qualità e la verità del rapporto con Dio ciò che qualifica l’autenticità di ogni gesto religioso. Per questo denuncia l’ipocrisia religiosa, il comportamento che vuole apparire, gli atteggiamenti che cercano l’applauso e l’approvazione». «Ritornare a Dio con tutto il cuore», l’invito del Papa per la Quaresima, accogliendo «la sua grazia che ci fa uomini nuovi, con quella sorprendente novità che è partecipazione alla vita stessa di Gesù».

Le parole del cardinale Bertone

«In questi anni, il suo magistero è stato una finestra aperta sulla Chiesa e sul mondo, che ha fatto filtrare i raggi della verità e dell’amore di Dio, per dare luce e calore al nostro camino, anche e soprattutto nei momenti in cui le nubi si addensano nel cielo – l’indirizzo di omaggio al Papa, rivolto dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, al termine della Messa -. Grazie per averci dato il luminoso esempio di semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore». «Un lavoratore, però, che ha saputo in ogni momento realizzare ciò che è più importante: portare Dio agli uomini e gli uomini a Dio». «Non saremmo sinceri, Santità, se non le dicessimo che questa sera c’è un velo di tristezza sul nostro cuore – aveva esordito il cardinale Bertone -. Tutti noi abbiamo compreso che è proprio l’amore profondo che Vostra Santità ha per Dio e per la Chiesa che l’ha spinta a questo atto, rivelando quella purezza d’animo, quella fede robusta ed esigente, quella forza dell’umiltà e della mitezza, assieme a un grande coraggio, che hanno contraddistinto ogni passo della sua vita e del suo ministero, e che possono venire solamente dallo stare con Dio», per poi «ridiscendere nella città degli uomini».

L’appaluso finale

Si è conclusa con un lunghissimo applauso – in piedi tutto il popolo di Dio, il rosso, il bianco, il viola dei paramenti a fare da cornice, in armonia – la Messa. Il Papa, non solo idealmente, ha guardato con un sorriso sereno e profondo le migliaia di persone presenti, quasi volesse rivolgersi singolarmente a ciascuno. Sono passati, così, lunghissimi minuti. Benedetto XVI, visibilmente ma compostamente commosso, ha posto lui stesso fine, con delicatezza e ferma dolcezza, all’ultima sua celebrazione eucaristica celebrata, da Pontefice e vescovo di Roma, nella basilica di San Pietro, dicendo un semplice, ma sentito: «Grazie, ritorniamo alla preghiera». E il canto finale Tu es Petrus si è iniziato a librare.