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L’ultima intervista a frère Roger, un mese prima della morte «È CON LA PROPRIA VITA CHE UN CREDENTE RENDE COMPRENSIBILE IL VANGELO»

16 Dicembre 2005

Il 16 agosto scorso è morto all’età di 90 anni il fondatore della Comunità ecumenica di Taizé. Durante la preghiera della sera nella chiesa della Riconciliazione, frère Roger è stato ucciso da una donna squilibrata che lo ha aggredito di fronte a una folla di giovani. Ai funerali hanno partecipato circa 10 mila persone, tra cui molte autorità civili e religiose. A luglio frère Roger aveva rilasciato un’intervista da pubblicare sul numero speciale da distribuire nella diocesi di Milano in occasione del XXVIII Incontro europeo di giovani a Milano.

Perché ha fondato la comunità di Taizé?
Nella mia giovinezza ero stupito di vedere dei cristiani che, pur riferendosi a un Dio d’amore, perdevano molte energie nel giustificare dei contrasti. E mi dicevo: per comunicare Cristo, esiste una realtà più trasparente di una vita donata, dove giorno dopo giorno la riconciliazione si compie nella concretezza? Da allora, a poco a poco è cresciuta in me la convinzione che era essenziale creare una comunità fatta da uomini decisi a donare tutta la loro vita, che cercano di comprendersi e di vivere sempre in comunione: una comunità dove la bontà del cuore e la semplicità fossero al centro di ogni cosa. È con la propria vita che un credente può rendere comprensibile il Vangelo. Tre secoli dopo la morte di Cristo, un cristiano dell’Africa del Nord di nome Agostino, scriveva: «Ama e dillo con la tua vita». Sì, amare e dirlo non soltanto a parole ma con la propria vita.

A poco a poco, sempre più giovani sono venuti a Taizé. Come li vede oggi?
Fra le giovani generazioni attraverso il mondo, sono numerosi quelli che si chiedono: c’è una speranza per il nostro futuro? Ve ne sono alcuni che sono stati segnati, nella loro infanzia o nell’adolescenza, dall’abbandono o da rotture familiari. Certi si interrogano: dove trovare un senso alla mia vita? Con coloro che accogliamo a Taizé o anche nelle nostre fraternità in diverse parti del mondo, dove alcuni nostri fratelli vivono in mezzo ai più poveri, vorremmo cercare come riprendere slancio alle sorgenti della fede e come prepararsi a vivere il Cristo per gli altri. Per questi giovani speriamo di essere soprattutto uomini che ascoltano, mai maestri spirituali.

Spesso voi preparate incontri in grandi città, in Europa e anche in altri continenti, come tappe di un “pellegrinaggio di fiducia sulla terra”. Qual è l’obiettivo di questi raduni, come quello di Milano?
All’inizio non avevamo immaginato che saremmo andati ad accogliere dei giovani al di fuori di Taizé. Ma, da parecchi anni, con i miei fratelli, siamo preoccupati nel vedere che, in vaste regioni del mondo, alcuni giovani prendono le distanze dalla fede. Allora ci siamo detti: è bene andare dove essi vivono, nelle città, per interrogarci insieme a loro, cercare, se possibile, di renderli attenti a questa unica comunione che è la Chiesa. È questo che ci ha condotto a preparare alcuni incontri in Europa o in altri continenti. Noi non organizziamo alcun movimento intorno alla nostra comunità, gli incontri vengono preparati insieme alle parrocchie.

Cosa vorrebbe dire alle famiglie milanesi che apriranno le loro porte ai giovani?
Insieme con i miei fratelli, ci rallegriamo che dei giovani da tutta l’Europa scoprano il valore di una calorosa accoglienza da parte dei cristiani ambrosiani. Per realizzare un’accoglienza secondo il Vangelo, è bene lasciar penetrare queste parole di Cristo: «Beati i puri di cuore». Nella nostra comunità, abbiamo scoperto che con una grande semplicità di cuore e con mezzi materiali modesti, è dato ai cristiani di realizzare un’accoglienza di cui non si sentivano capaci.

Frère Roger, un’ultima domanda: qual è il mistero di Taizé?
Èuna domanda che io non mi faccio. Ciò che noi viviamo, in particolare con i giovani, rimane anche per noi uno stupore. Perché vengono così numerosi a Taizé o agli incontri che prepariamo altrove? Lo scopriremo pienamente quando saremo nella vita eterna. Con i miei fratelli, chiediamo anzitutto a Dio di capire cosa significa la semplicità, quella del nostro cuore e quella della nostra vita.