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Milano

«Non è oratorio se non è un cenacolo di preghiera e condivisione, se non nascono scintille di vita nuova»

Con il titolo «Tocca a noi, ora», si è svolta, su piattaforma, l’Assemblea degli Oratori ambrosiani, conclusa dall’Arcivescovo collegato dalla Casa Cardinal Schuster. Al cuore della riflessione, animata da diverse voci, l’emergenza educativa e la sfida della pandemia

di Annamaria Braccini

27 Febbraio 2021

L’oratorio che è un «cenacolo» dove pregare insieme, ripartire da Gesù, crescere e correre costruendo relazioni e fraternità. Le tre “parole d’ordine”, consegnate dall’Arcivescovo nell’ultima celebrazione da lui presieduta in Duomo con il mondo oratoriano, il 31 gennaio 2020 poco prima del primo lockdown, diventano – con il suo richiamo, appunto, al cenacolo -, motivo di ripartenza e di fiducia per il futuro, nell’Assemblea della Fom conclusa dallo stesso vescovo Mario, dopo più di un anno per tutti difficilissimo. In mezzo ci sono state la chiusura degli oratori, ma anche tanta attività a distanza promossa con creatività; la parziale riapertura estiva con “Summerlife” (che ha visto la quasi totalità delle realtà diocesane impegnarsi secondo le proprie forze e possibilità) e le difficoltà di questi ultimi mesi. Ed è proprio per questo che, mai come adesso, “Tocca a noi, ora”, come recita il titolo dell’incontro, proposto via piattaforma Zoom e che registra la partecipazione di un’ampia rappresentanza di educatori, genitori, volontari, giovani, sacerdoti e religiose, coinvolti nei circa 1000 oratori della Diocesi. Assemblea che è anche il primo appuntamento dopo la preghiera corale alla quale l’Arcivescovo ha chiamato tutta la Chiesa ambrosiana, lo scorso 21 febbraio, per rispondere alla drammatica emergenza educativa che coinvolge i giovani. Un periodo doloroso, preoccupante – questo -, dall’esito incerto, e che, tuttavia, si offre come una straordinaria occasione «per sperimentare forme nuove di impegno e di relazione con i giovani anche nei 937 oratori della Diocesi censiti dall’ultima ricerca Ipsos nel 2015», spiega don Stefano Guidi, direttore delle Fondazione degli Oratori Milanesi.
Dopo l’introduzione del vicario episcopale di settore, don Mario Antonelli, la mattinata si articola in 2 interventi per ciascun tema scelto – il riferimento è alle parole-guida del 2020 – cui seguono i lavori di gruppo organizzati nelle “stanze” della piattaforma.
Si approfondiscono, così, le «opere di misericordia e il desiderio di crescere». Annalisa dice: «Quest’anno abbiamo aperto il sipario alla vita, quella vera, dove non ci sono copioni da seguire ma sentimenti, emozioni positive e negative, perdite e conquiste. Misericordia è tutto questo, accogliere la vita dell’altro e trovare insieme il coraggio di tracciare nuove linee e parole d’amore».
Sara sottolinea la capacità di reagire e di imparare, anche dalla sua non facile esperienza personale di positività al Covid.
Poi, il «correre» declinato nella comunità. Cristian Stucchi, papà di Lucia, 12 anni, osserva: «Cosa sta tentando di insegnarci questo tempo di pandemia? Che l’amore si misura nei momenti di difficoltà; che, nella crisi, possiamo scoprire nuove risorse e che il deserto è dietro l’angolo; che la fragilità non si può tenere nascosta per sempre».
Espressioni cui fa eco suor Chiara Papaleo, delle Figlie di Maria Ausiliatrice, impegnata nella Pastorale Giovanile di “San Edoardo” di Busto Arsizio. «Ciò che amo dell’oratorio è che la comunità non trattiene: aiuta a guardare la mèta e a correrle incontro, a vivere protesi verso ciò che sta di fronte, ad abitare il cammino, a coltivare la vita, ad appassionare. Questo è lo stile che ciascuno può portare con sé specialmente fuori dall’oratorio».
Terzo ambito, «educare alla fede». Edoardo Caprino, giornalista, papà, impegnato in oratorio, evidenzia. «Penso che in questo anno noi comunicatori abbiamo potuto vedere e ammirare lo sforzo delle chiese e degli oratori. I “don” e gli educatori hanno fatto l’impossibile per tenere la comunità viva. Non hanno abbandonato i ragazzi. È qualcosa che ha lasciato e lascia – credetemi – stupiti chi poco frequenta i nostri mondi. Da genitore di una ragazza di 11 anni sono rimasto stupito da tante attenzioni e premure. Nessuno è stato abbandonato. Tutto questo è stato possibile perché vi è una “molla”, ma è tempo di pensare un nuovo cammino, sicuri che quanto vissuto è stato, a suo modo, propizio».
Infine, don Michael Pasotto, responsabile della PG di Nova Milanese. «Vi lascio l’immagine dei girasoli. Tutti sappiamo che seguono il sole durante il giorno. Ciò che non avevo mai notato è che appena il sole tramonta, senza aspettare l’alba, si girano a est e tutta la notte attendono il sole che sanno spunterà da lì. Non sappiamo quanto ancora durerà questo tempo faticoso, non sappiamo cosa potremo fare o no o quando tornerà un poco di normalità, ma in questa notte della pandemia, la nostra fede sa dove farci voltare per vivere in vigilante attesa del sole nuovo».
L’intervento dell’Arcivescovo
Un “nuovo” a cui l’Arcivescovo dà, a conclusione dell’Assemblea, voce con una consegna precisa. «Questo è il tempo degli oratori aperti solo per alcune proposte, degli oratori, diciamo, senza cortile, cioè impediti di quella scioltezza lieta che non è imbrigliata da protocolli e paure di contagio. Questo è il tempo degli oratori on-line, un ritrovarsi che non è proprio un incontrarsi, ma non è neppure niente. Propongo uno slogan: “Non è un oratorio se non è un cenacolo”».
Come fu per i discepoli, dopo la paura, il cenacolo è il luogo per accogliere la potenza dall’alto.
Da qui, alcuni caratteri irrinunciabili. «Nell’oratorio non si può andare se non si è guidati dalla parola di Gesù. Il cenacolo si raduna perché i discepoli obbediscono al comando di Gesù. Non è oratorio se non c’è un rapporto di fraternità, perché il cenacolo si trova dove c’è la casa dell’incontro. Non è un oratorio se non si sta insieme come Chiesa dalle genti. Nel cenacolo si fa quello che Gesù ha insegnato: costanti nella preghiera, un cuore solo e un’anima sola».
Torna, come un sigillo, l’amato termine delle “scintille”. «Nel cenacolo si resta finché lo Spirito le accende. Non è un oratorio se non diventa un punto di partenza per seminare voglia di vivere e gioia di amare nel mondo che ci sta intorno».
Dunque, «mettiamoci al lavoro. La questione del cenacolo è una questione seria: raduniamoci a pregare. La questione della potenza dall’alto è una questione seria: continuiamo ad avere pazienza. La questione delle scintille è una questione seria: cominciamo adesso ad accendere il mondo».
Dopo la preghiera dell’educatore – recitata, seppure a distanza, tutti insieme – e la benedizione, il ringraziamento di don Guidi va all’Arcivescovo «che ci offre sempre una parola nuova. Il cenacolo, a cascata, dia vita e luce ai nostri oratori».

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