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Intervista

Pizzul: «Gente aperta
che vuole bene al suo Vescovo»

Il popolare giornalista, originario di Cormons, presenta Gorizia, da oggi affidata alla cura pastorale di monsignor Redaelli: «Terra di confine, ma con una popolazione meno chiusa rispetto al friulano “classico” e che nutre molto attaccamento per l’Arcivescovo»

di Mauro COLOMBO

28 Giugno 2012

Dunque monsignor Carlo Redaelli lascia la Chiesa di Sant’Ambrogio per andare a guidare quella dei Santi Ilario e Taziano. Terra di confine, Gorizia, e al tempo stesso luogo di incontro tra il mondo latino, quello slavo e quello germanico, e tra le etnìe friulana, slovena, bisiaca, triestina… Poco più di 100 mila abitanti nella provincia, di cui 35 mila nel capoluogo, ma una realtà complessa e dalla storia travagliata: dai secolari trascorsi asburgici (quando era chiamata la “Nizza dell’Impero” per la massiccia presenza di nobili che lì svernavano) alla conquista italiana nella prima guerra mondiale; dalla sopraffazione delle minoranze slave durante il fascismo alla cessione di buona parte del territorio alla Jugoslavia dopo il secondo conflitto, con un confine a tagliare in due la città e la provincia (e dalla parte slovena nacque la moderna Nova Gorica), assimilandole in qualche modo alla Berlino del Muro; finalmente, nel 2007, il Trattato di Schengen, che ha ristabilito contatti territoriali e rapporti di buon vicinato tra le popolazioni. Oggi permane soprattutto una barriera rappresentata dalla lingua: tra i giovani goriziani pochi parlano lo sloveno e questo potrebbe creare in futuro problemi di incomunicabilità.

Il percorso inverso a quello di monsignor Redaelli è stato compiuto da Bruno Pizzul, originario di Cormons, proprio in provincia di Gorizia. Dopo l’assunzione alla Rai negli anni Sessanta, il popolare giornalista e telecronista si è trasferito a Milano e da allora vive nel capoluogo lombardo. Ma appena può torna nella sua terra d’origine, a riprova di un legame rimasto fortissimo attraverso gli anni. Il “testimone” ideale, dunque, per presentarci Gorizia e la sua gente.
«Una terra abituata da sempre a fare i conti con una storia spesso crudele – spiega Pizzul -, ma nella quale la convivenza civile e ordinata è comunque avvertita come un valore fondamentale, anche grazie al retaggio della dominazione asburgica, che ha trasmesso di generazione in generazione il concetto del rispetto delle regole».

E la struttura economico-sociale?
Ci sono importanti poli economici e occupazionali, come i cantieri navali di Monfalcone e le aree agricole, dove la coltivazione è finalizzata soprattutto alla produzione vinicola (il vino più pregiato è il Collio). Certo, la crisi sta facendo sentire i suoi effetti anche da quelle parti…

Quali sono le caratteristiche della popolazione?
I friulani in genere sono assimilati agli udinesi, dipinti come persone un po’ “musone”. In realtà, per mentalità, cultura e tradizione, i goriziani sono molto più simili ai triestini e da loro hanno tratto una concezione della vita meno sofferta e più aperta alla socializzazione rispetto al friulano “classico”.

E com’è il sentimento religioso?
Pur avvertendo gli effetti di una certa secolarizzazione, la religiosità si mantiene forte. La Diocesi ha una storia prestigiosa, in passato ha avuto un’estensione geografica rilevante e ancora oggi include territori della provincia di Udine e alcune parti della Slovenia (compreso il Santuario mariano di Monte Santo, il più importante di quella terra). I fedeli nutrono grande attaccamento per il loro Arcivescovo, successore dei Patriarchi di Aquileia e fino a non molto tempo fa insignito anche del titolo di “Principe”. Da sempre – a prescindere dalla provenienza e dall’impostazione culturale e ideologica – il Pastore di Gorizia è sempre stato accompagnato dalla solidarietà e dalla simpatia popolare.