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Testimonianza

Quelle “sentinelle” della fede
e del dialogo in Turchia

Due partecipanti al viaggio estivo organizzato dall’Ac raccontano il loro incontro con le due religiose che vivono a Konya

di Silvia e Riccardo CARPANI

18 Settembre 2012

Otto giorni intensi, vissuti alla scoperta dei nostri Padri della fede, accanto a nuovi amici sulle orme di San Paolo in Turchia. Questo l’invito che l’Azione Cattolica ambrosiana ci ha fatto quest’estate e che abbiamo subito accolto.

Istanbul, Ankara, Cappadocia, Konya, Pamukkale, Efeso; ecco alcune delle tappe del nostro viaggio. Abbiamo scoperto una terra ricca di contrasti: moderna nei palazzi dei quartieri nuovi di Istanbul e antica nelle piazze delle moschee e nei resti di gloriose città; vivace nella capitale e assopita nei villaggi delle campagne; chiassosa nei bazar e silenziosa nella valle dei “camini di fata”; a colori negli affreschi delle chiese rupestri di Goreme e in bianco e nero nelle tante fotografie di Ataturk appese nei locali e nei bar delle città. Molto ci sarebbe da scrivere sul popolo turco, sulla loro storia, sulla loro cultura e soprattutto sulla loro fede religiosa; ma quello a cui teniamo di più è raccontare di un incontro che ha segnato il nostro viaggio, quello avuto con Suor Isabella Sartori nella chiesa di San Paolo a Konya.

Suor Isabella vive a Konya con Suor Serena, sua consorella della Fraternità Gesù Risorto di Trento, dal 1995. Ci racconta che dalla Turchia è arrivata la nostra fede. In particolare Trento è stata evangelizzata alla fine del quarto secolo da tre monaci della Cappadocia, i Santi Sisinio, Martirio e Alessandro, che hanno trovato il martirio annunciando il Vangelo in Val di Non. Aggiunge: «Siamo venute per ringraziare la Turchia della nostra fede».

La loro presenza a Konya è silenziosa e paziente. Vivono le loro giornate immerse in questa città, importante per noi cristiani (San Paolo e San Barnaba vennero qui per uno dei loro viaggi apostolici in Asia minore intorno al 50 d.C.) e santa per l’Islam (qui è sepolto il fondatore del “sufismo” Mevlana, all’origine del misticismo dei “dervisci rotanti”).

Questa città è ormai “metropoli” caotica e centro universitario, con lunghe file di palazzoni in periferia e il verde dei giardini nella piazza principale. I cristiani a Konya si possono contare sulle dita delle mani. Suor Isabella e Suor Serena hanno però spesso occasione di accogliere pellegrini cristiani, coi quali vivono le Sante Messe e importanti momenti di confronto e testimonianza, proprio come è capitato a noi. Le persone del quartiere della chiesa di San Paolo vedono di buon grado la presenza delle Sorelle, forse perché «siamo piccolette – racconta – e non facciamo paura a nessuno».

Collaborano con personaggi importanti del mondo culturale della città, ma questi ultimi preferiscono restare nell’anonimato. Tengono aperta la chiesa due pomeriggi a settimana per permettere ai passanti, spesso curiosi studenti universitari, di entrarvi e conoscere la loro “casa”. Hanno preparato targhette con semplici didascalie vicino agli oggetti sacri, al Vangelo, al cero pasquale e al Crocifisso. Non vogliono correre il rischio di chiudersi all’interno di una barricata, ma, anche tenendo aperte le porte della chiesa, vogliono affacciarsi al mondo e, allo stesso tempo, accogliere per incontrare l’altro. In questi anni, con la comunità di Trento,  hanno sostenuto alcune famiglie profughe irachene. Suor Isabella, a malincuore, ci dice però che non possono dedicarsi ad altre attività caritative in città, come aiutare i senzatetto, per evitare di essere accusate di proselitismo e vanificare tutto l’operato fatto finora.

Nelle sue parole e nei suoi occhi troviamo coraggio e tanta gratitudine per il dono della Fede; la Fede che scopriamo arrivare da un paese lontano, la Fede portata a noi anche da loro, due Sorelle divenute vicine nelle nostre preghiere.