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Vaticano

Riconosciute le virtù eroiche
di Marcello Candia

Il Papa ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il Decreto relativo all’industriale milanese che “investì” la sua vita e i suoi averi nelle missioni dell’Amazzonia brasiliana

9 Luglio 2014

Martedì 8 luglio papa Francesco ha ricevuto il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, autorizzando il dicastero vaticano a promulgare i Decreti sul riconoscimento delle virtù eroiche di sette Servi di Dio. Tra loro c’è il dottor Marcello Candia (Portici, 27 luglio 1916 – Milano, 31 agosto 1983), esemplare figura di missionario laico, l’industriale che “investì” la sua vita e i suoi averi nelle missioni dell’Amazzonia brasiliana.

La sua vocazione aveva radici lontane. Nato da famiglia borghese, laureato in chimica e in biologia, dal padre (titolare di una fabbrica che produceva anidride carbonica e ghiaccio per gli estintori) ereditò il senso degli affari, dalla madre lo slancio solidale per i poveri. Fu lei a educarlo a svariate iniziative caritatevoli e ad accompagnarlo a servire alla “mensa” dei Cappuccini di viale Piave a Milano. Nel dopoguerra Candia si divise tra la conduzione dell’azienda e innumerevoli attività di animazione missionaria create e finanziate. Decisivo per la sua radicale scelta di vita fu l’incontro con padre Aristide Pirovano, missionario del Pime a Macapà, nel Brasile equatoriale. Il carisma di Pirovano convinse Candia al passo estremo: offrire se stesso, da volontario laico, «in forza del battesimo».

Nelle visite all’arcivescovo Montini perfezionò il suo progetto: vendere l’azienda, partire per Macapà e investire i proventi nella costruzione di un grande ospedale. Ma nel 1955 un’esplosione devastò il suo stabilimento, costringendolo ad accantonare per il momento il suo sogno: «Il Signore mi ha dato, il Signore mi ha tolto! Ora devo ricostruire e dare lavoro ai miei operai…».

Il suo primo viaggio in Brasile è nel 1957: viaggiò nella foresta con padre Pirovano, documentò tutto con la sua cinepresa e al ritorno a Milano organizzò proiezioni pubbliche per raccogliere contributi per la missione e l’ospedale: cominciarono a chiamarlo «dottor Macapà». Le tappe si susseguirono febbrilmente: nel 1960 un’altra visita; nel 1961 la posa della prima pietra dell’ospedale; nel 1963 la cessione dell’azienda; all’inizio del 1965 venne accettato dalla prelazia di Macapà come volontario laico. Il 7 giugno dello stesso anno, finalmente la partenza, con il crocefisso del missionario e la benedizione di Paolo VI. Ma Pirovano non era ad attenderlo a Macapà: nominato Superiore generale del Pime, era appena rientrato in Italia.

In Brasile Candia combatté contro la diffidenza delle autorità, restìe a credere alla buona fede di un uomo che aveva venduto tutto per donarlo ai poveri. La sua tenacia la spuntò. L’ospedale venne inaugurato nel 1969: 92 mila mq distribuiti su due piani, con un centinaio di posti-letto. Non solo un luogo di cura, ma un centro di servizi destinato all’educazione igienico-sanitaria della popolazione, con attrezzature moderne ed efficienti.

Ma Candia non si fermò a Macapà. Si muoveva per tutta l’Amazzonia e in uno di questi raid si imbatté in Marituba (Stato del Parà), colonia governativa dove alcune centinaia di lebbrosi, abbandonati dalle famiglie, vivevano in inimmaginabili condizioni di abbruttimento psico-fisico. L’impatto con una realtà così sconvolgente lo smosse immediatamente: prima qualche visita periodica, poi la costruzione di un centro sociale e di una casa di preghiera, infine il trasferimento definitivo nella colonia, dopo aver ceduto ai Camilliani l’ospedale di Macapà (1975).

A Marituba la vita era massacrante per un uomo già reduce da alcuni infarti. Candia chiese allora aiuto al vecchio amico Pirovano, che aveva terminato il Superiorato al Pime e che lo raggiunse nel 1978. In un’assoluta unità d’intenti i due misero mano ai fatiscenti padiglioni del lebbrosario, progettando case, scuole, dispensari, promuovendo iniziative economiche, servizi sociali, attività ricreative; soprattutto manifestando agli hanseniani una profonda vicinanza umana e cristiana. In breve Marituba cambiò volto.

Nel 1980 Giovanni Paolo II, durante un viaggio apostolico in Brasile, manifestò il desiderio di visitare l’ex colonia. L’8 luglio decine di migliaia di persone accolsero il Pontefice. Sotto un sole abbacinante, Candia accompagnò da lui il leader dei lebbrosi, Adalucio Calado, che gli porse il saluto dei suoi fratelli. Il Papa rimase profondamente commosso e così salutò il dottore: «Ho tanto sentito parlare di lei…». Lo sviluppo di Marituba attirò migliaia di persone dalla foresta e creò nuove esigenze. L’impegno di Candia e Pirovano si intensificò ulteriormente. Il vescovo esortò il dottore a tornare in Italia a riposarsi. Ma Candia non gli “obbediva”: ogni volta che arrivava a Milano intesseva frenetici tour di conferenze, interviste, incontri, serate pubbliche per raccogliere fondi.

A fermarlo fu un cancro al fegato manifestatosi nella primavera del 1983 e che progredì veloce e inesorabile. Gli ultimi mesi furono dolorosissimi, ma vissuti con cristiana rassegnazione. Morì a Milano il 31 agosto, dopo aver ricevuto la visita del cardinale Martini, che il 2 settembre celebrò i funerali nella parrocchia dei Santi Angeli Custodi. Fu lo stesso Martini ad aprire la causa di beatificazione nel 1991 e a chiuderne la fase diocesana nel 1994. 

Scola: «Imitiamone
la santità»

Celebrando una Santa Messa nella parrocchia milanese degli Angeli Custodi nel febbraio 2012, il cardinale Angelo Scola ricordò nell’omelia il parrocchiano più “illustre”, Marcello Candia, che lì è sepolto: «La vostra comunità è stata particolarmente feconda di vocazioni di totale donazione a Cristo e alla Chiesa... Il Servo di Dio Marcello Candia ne è la figura più famosa. Imitiamone la santità. Di testimoni hanno soprattutto bisogno oggi i nostri fratelli uomini». Al termine della Messa l’Arcivescovo sostò in preghiera davanti alla sua tomba.

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