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27 ottobre

Saronno, nel Crocefisso
il simbolico abbraccio della comunità

Domenica pomeriggio il cardinale Scola parteciperà alla tradizionale processione detta “del Trasporto” presso la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo. Il parroco monsignor Armando Cattaneo: «Nella realizzazione della Comunità pastorale tutti hanno dimostrato coraggio e capacità di andare contro alle abitudini»

di Cristina CONTI

25 Ottobre 2013

Domenica 27 ottobre, alle 16, a Saronno, il cardinale Angelo Scola parteciperà alla processione detta “del Trasporto” del Santo Crocifisso, che si terrà presso la parrocchia dei Santi Pietro e Paolo (piazza della Libertà 2). Il Crocifisso, che dà nome alla Comunità pastorale “Crocifisso risorto”, proviene da un monastero benedettino di Cernobbio ed è presente in città da 300 anni.
Qual è l’organizzazione pastorale di questo territorio e chi sono i suoi abitanti? L’abbiamo chiesto a monsignor Armando Cattaneo, responsabile della Comunità Pastorale “Crocifisso risorto”.

Quali sono le caratteristiche di Saronno?
È una città antica e allo stesso tempo molto europea, crocevia di tutte le province del nord della Lombardia. Ogni giorno da qui partono e arrivano 400 treni per Milano e ci sono continui collegamenti con Como, Varese, Novara, Malpensa… Ed è un fortissimo centro di attrazione per motivi commerciali e spirituali. Questo comporta la presenza di una popolazione molto varia. Tanti, poi, si trasferiscono qui dalla metropoli, perché nel nostro territorio ci sono prezzi più bassi e una migliore vivibilità. Sono tantissimi, inoltre, i fedeli che vengono qui dal circondario in pellegrinaggio e in visita nei luoghi di culto, soprattutto nel nostro Santuario della Beata Vergine dei Miracoli. Proprio nell’ottica dell’accoglienza, da poco il Comune ha aperto anche un ostello della gioventù.

Come siete organizzati, invece, dal punto di vista pastorale?
Siamo sei parrocchie che progressivamente – e grazie a una formidabile “squadra” di preti, religiosi e religiose – si sono unite in una Comunità pastorale, coincidente con i confini territoriali della città: una fortuna, perché migliora la coesione della stessa Comunità. L’adesione completa è avvenuta nel luglio del 2012. La nostra comunità cristiana è una realtà molto dinamica: il Consiglio pastorale ha un’età media di 40 anni, nonostante vi siano rappresentate tutte le fasce d’età (giovani, adulti e anziani). Inizialmente in città c’era una sola parrocchia, le altre sono nate intorno agli anni Sessanta-Settanta. Oggi le persone qui vivono insieme con naturalezza, senza contrapposizioni. Con il Comune, poi, lavoriamo molto bene. Diventare una Comunità pastorale è stato un percorso interessante, in cui tutti hanno dimostrato coraggio e capacità di andare contro alle proprie abitudini. La stessa processione è un segno di questa comunione: inevitabilmente essa si limiterà al centro, ma per tutta la settimana il crocefisso è stato trasportato da una parrocchia all’altra, in un simbolico abbraccio a tutta la città di Saronno.

Ci sono molti immigrati?
Sì. Qui un abitante su nove è straniero, ma non lo considero un limite. Mi piace al contrario immaginare Saronno come una piccola New York. Si tratta di persone mediamente ben inserite nella comunità, tutti hanno un’abitazione, anche se molti di loro, certamente, hanno le loro difficoltà. I più presenti sono rumeni, nordafricani e sudamericani. Molti arrivano anche dallo Sri Lanka e dalle Filippine: queste sono le comunità più visibili dal punto di vista pastorale, perché, insieme ai latinos, sono cattoliche e frequentano regolarmente la parrocchia. È forte anche la presenza degli islamici. Per il Ramadan, per esempio, viene affittato un grande tendone e tutte le sere, dal territorio circostante, vengono a Saronno tra le 700 e le 800 persone per pregare insieme: è soltanto uno dei tanti esempi di come il nostro territorio abbia una forte capacità attrattiva anche sugli stranieri che vivono nel circondario.

La crisi economica si avverte molto?
Si sente dappertutto. In tanti – italiani e stranieri – hanno perso il lavoro, oppure sono in cassa integrazione. Anche tra quanti lavoravano a Milano. Per questo motivo abbiamo preso molto sul serio la seconda fase del Fondo Famiglia Lavoro della Diocesi. Abbiamo attinto a questa iniziativa con progetti molto precisi e circostanziati: dare soldi in mano, così, senza inserirli in un concreto piano di lavoro non sarebbe stato utile per nessuno. Siamo molto soddisfatti di quanto abbiamo fatto sinora, perché siamo riusciti davvero ad aiutare le persone che ne hanno beneficiato. Abbiamo realizzato anche un Fondo cittadino di solidarietà, attraverso cui abbiamo potuto sovvenzionare 28 progetti precisi, elaborati da associazioni ed enti vari che li hanno poi seguiti fino alla loro realizzazione definitiva, per un totale di circa 50 mila euro in un anno. La crisi economica è comunque un problema molto sentito e condiviso dalla comunità. Le parrocchie, infatti, hanno anche alcuni immobili utilizzati per far fronte all’emergenza abitativa. Tra le altre iniziative in cantiere, inoltre, c’è un progetto per realizzare una Casa della Carità animata dalle parrocchie e con il contributo di associazioni ed enti. Sono convinto che queste iniziative siano molto importanti, anche come testimonianza evangelica e come occasione di evangelizzazione. Penso che la forma “missionaria” più efficace oggi sia la carità, ma deve essere una carità intelligente.