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Legnano

Scola: «Fra’Jean Thierry
ci sia di esempio nel trasformare
il lamento in preghiera e offerta»

Alla presenza del Cardinale Scola si è chiusa la Fase diocesana del Processo “Super Virtutibus” per la beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio, Fra’ Jean Thierry Ebogo. «La sua vita è un fiore nato in un mondo in grave difficoltà»

di Annamaria BRACCINI

9 Settembre 2014

Era giovanissimo – un bambino –, Jean Thierry Ebogo, quando decise di scegliere per sempre il Signore, di diventare sacerdote; ed era giovane quando, a soli 24 anni, stroncato dal male che non dà scampo tornò alla casa del Padre. Nemmeno un mese prima della morte era diventato Carmelitano scalzo con una gioia immensa: l’amputazione della gamba, i dolori lancinanti, il ripresentarsi del tumore, non avevano tolto il sorriso luminoso su quel viso da ragazzo nato in Cameroun, e inviato dai suoi Superiori a studiare in Italia. Spirò nell’ospedale di Legnano, amato dai confratelli e da tanta gente che aveva potuto godere della sua luce spirituale, tanto che suoi alcuni amici hanno creato – primo caso per una persona incamminata agli onori degli altari – una pagina facebook a lui dedicata e visitatissima.
E, oggi, dopo che la Diocesi il 16 luglio 2013, sollecitata dalla Provincia lombarda dei carmelitani Scalzi, aveva aperto la fase diocesana del Processo di Beatificazione, a Legnano, questa fase si è chiusa.
Il cardinale Scola, è per l’occasione, nella parrocchia Santa Teresa di Gesù Bambino, annessa al convento dei Carmelitani Scalzi. Accanto a lui – che all’interno della chiusura del Processo celebra l’Ora nona, ci sono il Delegato arcivescovile per la Causa in questione, monsignor Ennio Apeciti, responsabile anche del Servizio per le Cause dei Santi, il Promotore di Giustizia don Virginio Pontiggia, molti Carmelitani, con il postulatore generale dell’Ordine, padre Romano Gambalunga, il superiore della Provincia di Lombardia ed Emilia padre Attilio Viganò, il preposito generale ODC, padre Cannistrà e padre Antonio Sangalli, vicepostulatore della Causa, che ha seguito la fase diocesana svoltasi in larga parte in Cameroun. Presenti anche il vicario Episcopale di Zona IV, in cui si trova Legnano, monsignor Citterio e i presti diocesani impegnati nella parrocchie della città, con il prevosto, don Angelo Cairati.
«Siamo qui riuniti in un momento veramente benedetto, che è una grande grazia per la Chiesa universale e la nostra Chiesa ambrosiana», dice subito l’Arcivescovo rivolto ai fedeli che affollano la parrocchia, tra cui tanti amici del ragazzo. Fra’ Jean Thierry è un esempio luminoso per tutti, specie in un periodo di grandi cambiamenti che sta segnando in profondità la vita di ciascuno di noi. Vedendo mutamenti così rapidi e guardando, attraverso essi, soprattutto l’uomo europeo sembra traballare nella sfera degli affetti, di fronte alla trasformazione in atto – che non riusciamo ancora bene a interpretare – del mondo del lavoro, con il grande aumento delle povertà anche e più gravemente nel sud del mondo, davanti alla facilità con cui gli uomini fanno la guerra e ai potenti di questa terra che sembrano non credere alla pace. Eppure in questo stesso mondo nasce un fiore come il Servo di Dio Jean Thierry che testimonia che l’esistenza vissuta nell’insegnamento di Gesù, accogliendo con docilità gli insegnamenti del Magistero della Chiesa e il Vangelo, è possibile».
L’invito è a riflettere sulla fede «robusta» di questo ragazzo innamorato di Dio e della vita come testimoniano le preghiere da lui composte e i alcuni suoi scritti letti durante rito. Riflessioni magnifiche per profondità spirituale e cristiana di questo giovane la cui tomba in Cameroun è già mèta di pellegrinaggi e della devozione popolare.
«La fede robusta, capace di giocare tutta la propria azione nel rapporto con Dio e nella fraternità è la prima risorsa che abbiamo a disposizione per uscire da questi tempi di fatica – scandisce l’Arcivescovo –, e la sua figura è per noi motivo di consolazione e di gioia che ci spinge a prendere di nuovo “in mano” la nostra stessa esistenza con verità e serenità, a partire dall’interrogativo bruciante “per Chi viviamo?”».
Una domanda che non può essere rimossa impunemente perché «vivere alla superficie di noi stessi» è un atteggiamento sempre foriero di smarrimento. Invece nel caso di Jean Thierry «ci troviamo davanti a un uomo che ha saputo parlare perché ha saputo vivere con realismo la fede, carico di intensa dedizione al Signore e ai fratelli carmelitani, nell’ansia di comunicare il Santo Vangelo. Così come annotava il Servo di Dio in una “piccola preghiera” ritrovata nella sua Bibbia dopo la morte e letta da padre Giorgio che appunto l’aveva rinvenuta: “Signore, ascolta il mio lamento e trasformalo in preghiera”. Parole che devono essere di giuda, sottolinea Scola, per noi che ci fermiamo spesso per motivi futili al lamento.
«Occorre, invece, trasformarlo in preghiera perché diventi segno positivo e propositivo». Come per fu per Jean Thierry di Gesù Bambino e della Passione – questo il nome assunto da Carmelitano –, la sopportazione deve diventare un atto di amore e di offerta.
«Lo stile di santità di questo giovane è lo stile di vita del cristiano. Noi dobbiamo accogliere con gioia il bisogno di evangelizzatori che vengono da terre un tempo evangelizzate dall’Occidente perché si possa imparare di nuovo ad amare, a lavorare a riposare nel riferimento all’Eucaristia preceduta dall’ascolto costante della Parola di Dio e dall’accostarsi al sacramento della Riconciliazione. Il modello di vita, di questo giovane, le cui virtù eroiche consegniamo oggi alla Chiesa universale, ci ridonino la gioia della fede e lo slancio dell’iniziativa della carità e della condivisione che giunga a tutti i nostri fratelli, soprattutto a chi è nel bisogno. Educhiamoci al fatto reale che Gesù è entrato nella storia ed è risorto e auguriamoci di poter portare sul nostro volto uno sguardo da risorti».
Poi, i momenti della chiusura della fase diocesana della Causa, quale settantaquattresima e ultima sessione della fase diocesana del Processo “Super Virtutibus”: le firme apposte, i sigilli, la lettura da parte del notaio del cosiddetto “Strumento di chiusura”, la ceralacca, le buste che andranno a Roma per il seguito della Causa in vista della Beatificazione. E, infine il gruppo di preghiera “Amici di fra’ Jean Thierry” e i fedeli che circondano il Cardinale in visita alla piccola mostra fotografica dedicata al Servo di Dio, definito ancora «un esempio e un elemento del risveglio, possibile, dalle stanchezze del mondo e dell’uomo di oggi».

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