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Milano

Scola: «La nostra società ha bisogno della testimonianza della Chiesa e della fede»

Questa mattina visita pastorale dell'Arcivescovo a San Giuseppe della Pace: festeggiato il 50° anniversario della parrocchia, celebrati i 40 anni di presenza di “Fede e luce” e l'arrivo della Madonna Pellegrina di Fatima

di Generoso SIMEONE

10 Maggio 2015

È finita con l’Arcivescovo salutato, sul sagrato della chiesa, dal lancio nel cielo di tanti palloncini rossi quanti erano i bambini che, stamattina, hanno partecipato, insieme a tutta la comunità, alla celebrazione eucaristica in occasione del cinquantesimo anniversario della parrocchia San Giuseppe della Pace a Milano. Poco prima, dall’altare, al momento del commiato, il cardinale Angelo Scola aveva esortato le famiglie a «vivere tutti i giorni secondo gli insegnamenti di Gesù». E questo soprattutto in chiave di esempio e testimonianza perché, per dirla con le parole che l’Arcivescovo ha usato durante l’omelia, «la nostra società ha bisogno della testimonianza della Chiesa e della fede e la famiglia è una realtà fondamentale per affermare tale testimonianza».

La visita pastorale del cardinale era iniziata, prima della messa, con il saluto ai gruppi e alle realtà che animano la vita parrocchiale. In particolare, come ha ricordato all’avvio della celebrazione eucaristica lo stesso parroco di San Giuseppe della Pace, don Vittorio de Paoli, quest’anno ricorre anche il quarantesimo anniversario della presenza nella comunità del movimento “Fede e luce”. Un ulteriore motivo di festa celebrato in questa domenica è l’arrivo in parrocchia della statua originale della Madonna Pellegrina di Fatima, per la quale, durante tutta la settimana, sono previsti appositi esercizi spirituali e momenti di preghiera.

«La grande bellezza della fede – ha detto il cardinale Scola nel commentare il Vangelo di Giovanni, tra l’altro letto sull’altare da un giovane sacerdote originario della comunità di San Giuseppe della Pace, don Andrea Damiani, che dirà la prima messa in Duomo a giugno – non deve fermarsi alle belle realtà della vostra parrocchia. Noi dobbiamo trattenere il dono della fede e viverlo. Il vostro Arcivescovo vi invita a continuare a testimoniare la bellezza del seguire Gesù in tutti gli ambiti del vivere quotidiano. L’esito del nostro gesto eucaristico è anzitutto nella realtà degli affetti e della famiglia, ad esempio nel rapporto tra gli sposi e tra genitori e figli. Ma il vivere il quotidiano con gli occhi della fede significa anche imparare a perdonarsi, sostenere i bisognosi e accogliere quanti vengono da noi a cercare una dignità di vita».

Durante l’omelia il cardinal Scola si è soffermato sui passaggi più significativi del Vangelo. «Giovanni – ha commentato l’Arcivescovo – ci riporta le parole di Gesù sullo Spirito Santo: “Quando arriverà lo Spirito Santo, egli darà testimonianza di me, vi farà capire bene chi sono io”. Questo vuol dire che è lo Spirito Santo a rivelarci compiutamente il volto e l’amore di Gesù diventato persona vivente in mezzo a noi. Poi Giovanni continua ricordando quando Gesù dice ai discepoli: “Anche voi ne darete testimonianza in quanto siete con me sin dal principio”. Ecco, a questo punto chiediamoci, se anche noi siamo con lui. L’epistola di San Paolo ci aiuta quando dice: “Fratelli a voi ho trasmesso quello che anch’io ho ricevuto”. E cosa ha ricevuto San Paolo? Ha ricevuto che Cristo è morto per i nostri peccati secondo quanto stabilito dalle Scritture; che fu sepolto perché morto senza ombra di dubbio; che il terzo giorno è risorto e apparso. Ecco, noi possiamo affermare che anche noi possiamo considerarci testimoni della prima ora perché partecipiamo dell’esperienza dei primi, di quelli che sono stati con Gesù fin dall’inizio. E questo perché potremmo risalire nel tempo e senza interruzioni fino a quel gruppo iniziale di persone».

Il cardinale Angelo Scola, al termine della celebrazione eucaristica, ha rivolto una raccomandazione particolare ai più giovani. «È necessario – ha detto – che fin dall’adolescenza si impari ad amare. Spesso siamo convinti di saperlo già fare, ma dobbiamo riconoscere e amare veramente l’altro, seguendo l’esempio di Maria e Gesù».