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Intervento

Scola: «La paura dei migranti è radicata,
ma dobbiamo cercare soluzioni»

L’Arcivescovo a Radio Marconi: «Interessante che in Italia si stia studiando accoglienza anche per un ingente numero di migranti. In strutture sobrie, ma adeguate, studiando l'italiano, lavorando, definendo i diritti. Su questi temi l'Italia non subisca più l'iniziativa degli altri Paesi, ma faccia una proposta - anche economica - all'Europa per superare il rischio di nuovi nazionalismi»

13 Maggio 2016

L’Arcivescovo di Milano, cardinale Angelo Scola, intervistato da Radio Marconi sulle migrazioni e sui nuovi muri che si stanno costruendo in Europa, introduce i temi che saranno trattati nel corso dell’incontro dei Dialoghi di Vita Buona “Confini e migrazioni, paure e soluzioni” che si terrà lunedì 23 maggio, alle 20.30, al Piccolo Teatro Studio Melato.

«In questi tempi si torna a costruire muri davanti al fenomeno migratorio: sentiamo che la paura è radicata anche in taluni strati del nostro popolo. Dobbiamo però per partire dalle soluzioni: per questo con il Comitato scientifico abbiamo pensato di parlare di migrazioni, paura e soprattutto di soluzioni al prossimo incontro dei Dialoghi di vita buona.

Sono contento che stiano affiorando ipotesi secondo le quali il nostro Paese possa prendere l’iniziativa di affrontare il problema dell’arrivo di grandi numeri di migranti in maniera organica, mettendo a disposizione strutture adeguate, attraverso una ospitalità sobria, ma accurata. Un’accoglienza che deve essere però accompagnata dallo studio della lingua, da qualche forma di lavoro, da una individuazione chiara della logica dei loro diritti. Una via che può consentire all’Italia di non subire più l’iniziativa degli altri paesi europei, ma di elaborare una proposta così che pure loro abbiano a coinvolgersi, fino anche alla responsabilità economica».

Il 23 maggio all’incontro al Piccolo Teatro interverrà anche il professor Antoine Messarra, membro del Consiglio Costituzionale libanese e titolare della Cattedra Unesco di Religioni comparate, mediazione e dialogo dell’Université Saint-Joseph di Beirut, che porterà l’esperienza del Libano. «Sarà interessante conoscere – ha spiegato ancora – come il Libano, che ospita 1.5 milioni di profughi siriani, oltre agli antichi profughi palestinesi, ha affrontato la problematica così da poterci anche noi avviare ad un affronto del problema in modo costruttivo, non più con paura e lamento, ma con un’accoglienza misurata ed equilibrata, con una politica che forzi i Paesi europei a superare il rischio di un ritorno al nazionalismo. L’Italia potrebbe, visto la chiusura della rotta balcanica che probabilmente porterà molti profughi da noi, prendere un’iniziativa in questo senso, non solo di contenimento, ma anche di progetto. Molte volte ho parlato di una sorta di progetto Marshall e l’Italia potrebbe diventare un attore in questo senso».

L’Arcivescovo si è soffermato infine su un altro aspetto del dramma migratorio: «Non ha senso la distinzione tra migranti economici e profughi, si tratta certo di fare le verifiche ma essi fuggono da una miseria endemica, cercano dignità e quelle libertà realizzate di cui noi tutti abbiamo bisogno».