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Assolombarda

Scola: «Milano luogo di vita buona se lo è per tutti»

L’Arcivescovo è intervenuto al termine del convegno promosso al Piccolo Teatro Studio Melato, dove tante voci si sono confrontate sulla metropoli del futuro: aperta, innovativa, ma anche accogliente e inclusiva, se saprà sconfiggere la «cultura dello scarto»

di Annamaria BRACCINI

6 Aprile 2017

«La città dell’innovazione, delle idee e dell’accoglienza, la metropoli che si amplia verso nuove zone, ma anche la Milano che non sarà mai tale se non avrà tra le sue anime l’essere inclusiva e integrata, quindi, accogliente… Se lavoriamo solo per i più fortunati la città è destinata a implodere». Queste parole dell’introduzione, affidata al Rettore dell’Università degli Studi Milano-Bicocca Cristina Messa, potrebbero essere il sigillo delle tante suggestioni, idee, speranze, proposte, esperienze nate dall’incontro di voci diverse, riunite in un grande convegno promosso da Assolombarda per parlare di «Milano, il Futuro».

Al Piccolo Teatro Studio Melato, tra musica, brani di grandi autori (da Bonvesin de la Riva ad Alda Merini) e testimonianze di top manager, si parla appunto di come sarà la metropoli di domani. Si presentano dati della Milano città Steam, motore della ripresa e visione dell’Assolombarda per la città, dove quell’acronimo significa Science, Technology, Engineering & Environment, Arts, Manufacturing. Una direzione di cammino a lungo termine basato su 4 capitali di base: economico- produttivo, scientifico-tecnologico, estetico (mai come adesso evidente con il Salone del Mobile) e sociale.  

A tirare le conclusioni dell’evento, «articolando qualche condizione perché Milano torni a essere un luogo di vita buona che è veramente tale se lo è per tutti», è il cardinale Scola. «Per quanto le mirabilia delle scienze, delle tecnocrazia e della finanza siano in crescita, se non si inseriscono in un progetto globale, non producono l’effetto sperato, ma restano congiunturali – osserva subito l’Arcivescovo -. Quindi il primo elemento è continuare a generare condizioni di fiducia, cosa che peraltro è nel nostro Dna, anche se oggi messo duramente alla prova». La sfida è superare la «cultura dello scarto», per dirla con papa Francesco: «Ineguaglianza: questa è la cultura dello scarto che si supera solo attraverso la passione e il gusto di un “io-in-relazione”, come avviene nei fenomeni associativi, nel volontariato, nelle parrocchie». Bisogna, insomma, «che nel frammento brilli il tutto», che significa «stare dentro i problemi che mordono nel nostro quotidiano, con un senso capace di dire una direzione di cammino, un “per chi” si vive».

Il pensiero è per il Papa, «entrato dalle periferie perché convinto che da lì si veda meglio il centro, facendo ritrovare quell’unità che valorizza tutte le forme, la pluralità per cui tutto concorre al bene comune». Spazio anche alla riflessione di papa Benedetto nell’Enciclica Caritas in Veritate, «dove egli ha introdotto un tema importante per lo sviluppo della società, nel dire che è necessario allargare la ragione economica facendo spazio alla dimensione della cura, del gratuito, del dono. Si tratta di aiutarci a guardare insieme al mercato come a un dato dinamico di cultura e non statico di natura».

Ma tutto questo, riflette ancora Scola, domanda una visione dell’uomo, il chiedersi “per Chi” riparto ogni mattina: «È inevitabile che torni fuori, allora, il peso della religione, della politica, delle istituzioni, e quello personale di ciascuno di noi, a partire dalle relazioni di prossimità, tendenzialmente spalancati ad accogliere tutte le sfide che la Provvidenza ci manda… Il sistema che fa vivere la democrazia dei diritti, dei doveri e delle leggi che vi si connettono, deve fare i conti con quelli che vogliamo siano i grandi valori di Milano, aggiornati, non semplicemente ripetuti: la persona, la generatività, l’educazione, la vita, la morte, l’impegno politico, il dialogo interreligioso, la disponibilità a un’accoglienza che abbia sempre dentro la dimensione della gratuità e vivacità. Da tutte queste cose dipende il bene della persona e il bene comune, perché, come ci ricordava Pascal, “l’uomo supera infinitamente l’uomo”».

«Qualche anno fa non avremmo scommesso che saremmo stati qui a parlare della Grande Milano e tutti abbiamo la sensazione che non è solo una buona frase congiunturale, ma che siamo di fronte a un fatto nuovo che poteva non esserci – spiega il presidente del Gruppo Sea Pietro Modiano -. Per la nostra generazione è una sorta di riscatto: retrospettivamente posso dire che ne valeva la pena. La nostra è anche una storia di accanimento, del non lasciarci andare». Osservazioni cui fa eco Marco Tronchetti Provera, Ceo del Gruppo Pirelli: «Milano ha sofferto fino in fondo la guerra e la stagione del terrorismo; ha pagato il conto di Mani pulite. Questa è la città dove esiste ancora una borghesia che scende in strada a ripulire i muri insozzati dai black-block (il riferimento è alla guerriglia urbana del primo giorno di Expo, ndr). Il mondo di oggi è congeniale a Milano: la sua caratteristica è costruire il futuro e le nostre Università stanno andando nelle direzioni giuste.

«Siamo magnificamente insieme per il bene della nostra città – dice da parte sua il sindaco Giuseppe Sala -. Non solo siamo in un momento positivo. Penso che Milano voglia essere il rompighiaccio del cambiamento sociale e possiamo farlo per due motivi: primo, perché le varie componenti di Milano si sono rafforzate con una consapevolezza diversa; secondo, perché nei soli ultimi 18 mesi ben 50 mila giovani sono venuti a Milano».

Infine, Gianfelice Rocca, presidente di Assolombarda e ideatore di Milano Steam: «Qui c’è gioco produttivo e ricchezza di capitale economico: basti pensare che Milano è l’unica città che ha un prodotto lordo superiore alla capitale. Vogliamo essere la Capitale della responsabilità (poco prima Sala aveva detto di non provare nessuna invidia per Roma, come aveva a sua volta affermato la sindaca Raggi, ndr), creando competizione e costruendo cose. Se passeremo davanti a Expo e lì vedremo grandi luoghi di ricerca e formazione, credo che avremo fatto qualcosa di utile».