Share

Lecco

Scola: pregare e operare
per una cultura del lavoro
capace di affrontare il cambiamento

Affollata e intensamente partecipata la Veglia in vista della festa del 1° maggio, presieduta dall’Arcivescovo presso gli stabilimenti della Icam: «Solo attraverso la preghiera possiamo capire il senso globale della nostra esperienza»

di Annamaria BRACCINI

28 Aprile 2015

C’è il piccolo imprenditore di origine marocchina, Abdesselam, che ha dovuto chiudere la sua macelleria per la crisi e ora – grazie al Fondo “Solidarietà per il Lavoro”, promosso dalla Caritas e dalle parrocchie di Lecco e, poi, alla Cooperativa “Due Mani” – ha ritrovato un impiego e la serenità familiare. C’è Alessandro, 27 anni, qualche anno da impiegato, che con coraggio ha fondato un agriturismo ai piedi della Grigna. Poi c’è Davide, che ha imparato a laurà grazie a uno stage benfatto della Fondazione Pietro Carsana. Non ha voluto mancare la Cooperativa sociale “Il Grigio”, attiva nell’inserimento lavorativo di persone deboli ed emarginate, “reinventatasi” come laboratorio inclusivo di pasta fresca.

Sono tutti qui, nello stabilimento della Icam di Lecco, a portare le loro testimonianze, risposta concretissima e immediata a quella «cultura del lavoro, capace di affrontare il cambiamento», chiesta dal cardinale Scola che presiede l’annuale Veglia del Lavoro e indica il senso dell’impegno complessivo della Chiesa ambrosiana, in questo tempo in cui qualche segno di rinascita si intravvede, ma nel quale la crisi continua a mordere duro.

Così il segno della pace scambiato all’inizio della Veglia racchiude tutto il significato di questo appuntamento di riflessione e di preghiera, in cui le testimonianze, il Vangelo di Giovanni con la moltiplicazione dei pani e dei pesci, le parole di papa Francesco, la Dottrina sociale della Chiesa, i canti trascinanti eseguiti dal Coro San Giorgio di Acquate, si fondono in un unico auspicio di speranza «tornata a essere dominante» e di fiducia nel domani.

Ad ascoltare tutto questo e l’Arcivescovo, ci sono anche il Vicario generale Delpini, il vicario di Zona III Rolla e di Zona V Garascia, il vicario di settore Bressan, il prevosto di Lecco Cecchin e il sindaco della città Brivio; ma soprattutto moltissima gente, maestranze, operai, rappresentanti delle realtà produttive e dall’associazionismo locale.

Dà il benvenuto Angelo Agostoni, della famiglia titolare dell’azienda ospitante: un presidio, in buona salute, per la produzione cioccolateria di alta qualità, che conta 350 dipendenti, distribuiti in due impianti, quello storico di Lecco e quello all’avanguardia di Orsenigo. Una presenza rilevante da oltre sessant’anni – la Icam parteciperà anche a Expo, nel cluster dedicato al cacao – in un territorio dove tutto parla di lavoro. Il lavoro che spesso non c’è, pure in zone tradizionalmente ricche e industrializzate come il distretto del Lecchese; ma anche il lavoro che cambia, che ha nuovi protagonisti e campi privilegiati; quello per cui è necessaria una cultura “nuova”, vissuta nella solidarietà di sempre, che non «è solo “dare una mano”», ma «generare» strade diverse quando qualcuna si chiude.

«Pregare per il lavoro non dovrebbe essere fatto solo in occasioni straordinarie o particolari, ma quotidianamente, proprio a creare tale cultura, perché lavoro, affetti e riposo sono ambiti della nostra quotidianità», dice in apertura don Walter Magnoni, responsabile del Servizio per la Pastorale sociale e il Lavoro, che ha promosso la Veglia dal titolo «Perché nulla vada perduto. La sfida del lavoro oggi: riflessione su stili di vita utili alla condivisione e all’evitare sprechi».

Veglia della quale l’Arcivescovo evidenzia subito la «particolare importanza, perché manca ancora una specifica riflessione sulla cultura del lavoro. Tutti noi sappiamo come sia cambiato il contesto occupazionale e come questo implichi un ripensamento radicale rispetto all’epoca del modello “fordista” e ai rapporti tra la produzione e la finanza. Quindi, il posto del soggetto che lavora ha bisogno di essere ripensato radicalmente. Da questo punto di vista la nostra Chiesa è intenzionata a mettere mano a un compito che è compito di senso e di presa di coscienza».

«Chiediamoci perché siamo abituati, come cristiani ambrosiani, a fare una Veglia di preghiera in occasione della Festa dei Lavoratori e non, magari, un incontro o una tavola rotonda in cui discutere della grave emergenza che attraversa tutto il pianeta, soprattutto nei luoghi in cui si fa esperienza della cultura dello scarto, messi ancora più a dura prova dalla crisi», spiega l’Arcivescovo, offrendo subito la risposta: «Non quella facile, ma sbagliata, legata alla convinzione che vi sia, da un lato, la vita di ogni giorno col lavoro e, dall’altro, il momento genericamente dedicato alla preghiera. Domandiamoci, invece, se il gesto al quale stiamo partecipando fa parte del mio “io” quotidiano, se le testimonianze ascoltate realmente provocano all’interrogativo che le connette alla fede».

Da qui l’auspicio del Cardinale, espresso con molta chiarezza: «Vorrei che la Veglia terminasse con queste domande poste nel cuore di ciascuno. Veglia vuol dire attesa, attesa di una rivelazione, di una manifestazione che produca il compimento». Nel richiamo alla parola «passione» – per il lavoro, l’ospitalità, il rapporto reciproco, la condivisione -, l’invito è a ritrovare il nesso fondante tra l’esistenza e la fede, «tra i piccoli gesti quotidiani e il senso del tutto, tra tanti fattori e spunti quotidiani vivificati solo se alimentati dal senso della totalità».

«Questa deve essere un’occasione per risvegliare la passione per Colui che ci ha convocato qui, il Signore, che sempre, a partire dalla necessità – lo dimostra il Vangelo di Giovanni -, apre alla speranza e al desiderio. Portiamo con noi il Signore, riconoscenti e pronti a situarci nel disegno di amore e di Misericordia che il Padre, mediante Gesù, ha su ognuno. Cristo incarnato attraversa tutto l’umano e nulla, dunque, è estraneo alla preghiera. Solo così capiremo il senso globale della nostra esperienza, il senso del lavoro che sta cambiando e per il quale, appunto, abbiamo pregato. Avere una cultura ecclesiale, da coltivare attraverso la pluriformità nell’unità che rende attrattiva la Chiesa, significa vivere tutto questo e comunicarlo nell’azione».

Non a caso, nel Messaggio alla Diocesi reso pubblico al termine della Veglia, la sottolineatura è per le tre priorità che la Pastorale del Lavoro intende affrontare: «Continuare a mantenere un’attenzione costante verso chi non ha lavoro, reddito o ha un’occupazione precaria; avvicinare i giovani alla cultura del lavoro, mettendo a disposizione le sue competenze nel più ampio progetto formativo messo in atto dalla cura degli Oratori, delle Associazioni, dei Movimenti; avviare luoghi di riflessione su questo tema».