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Cassina de Pecchi

Scola: «Siete una bella comunità,
testimoniate Cristo»

Presiedendo l’Eucaristia per i quarant’anni di consacrazione della chiesa di santa Maria Ausiliatrice, il Cardinale ha richiamato il senso di un impegno a 360° nella vita della comunità

di Annamaria BRACCINI

4 Giugno 2016

Sotto un cielo insperatamente azzurro, è un’intera comunità in festa che accoglie il cardinale Scola a Cassina de’ Pecchi. Ci sono i bimbi delle due scuole dell’infanzia parrocchiali, che circondano l’Arcivescovo con un allegro girotondo, i genitori e i nonni, gli educatori e i catechisti, gli animatori dell’oratorio estivo, i sacerdoti. Insomma tanta gente che festeggia, con l’Arcivescovo, in quarant’anni della consacrazione della chiesa di Santa Maria Ausiliatrice, facente parte della Comunità Pastorale Maria Madre della Chiesa.

«Grazie per essere qui oggi, in un momento particolare della vita della nostra Comunità, con la nuova diaconìa e l’avvicinarsi dell’Ordinazione di don Fabio che lei ha donato a noi. L’accogliamo con gioia, attesa e festa nella fede, come maestro, padre e guida», dice, nel suo indirizzo di saluto iniziale, il responsabile della Comunità, don Massimo Donghi che concelebra l’Eucaristia con il vicario di zona VII, monsignor Cresseri, i due vicari della CP e l’anziano primo parroco, don Bruno Magni.

«Ringrazio voi tutti che avete voluto essere presenti, accogliendo l’Arcivescovo per il quale celebrare l’Eucaristia con i suoi è uno dei gesti che più aspetta e desidera, perché, come ci ha detto il Papa durante il Giubileo dei sacerdoti, sono due i poli di riferimento del prete e, quindi, del Vescovo: il Signore e il popolo santo di Dio che voi qui rappresentate. Infatti, l’annuncio dell’opera della nostra salvezza è certamente ciò di cui tutti abbiamo bisogno», spiega subito il Cardinale.

Il pensiero è per il grave fatto accaduto in settimana a Cassina, l’omicidio-suicidio di u padre di famiglia che ha privato due giovani figli dei genitori. «Non possiamo non pensare – sottolinea, infatti, Scola – al momento tragico che state vivendo, perciò affidiamo moglie e marito al Signore, ma soprattutto le figlie che devono crescere, e accompagniamo nel dolore coloro che restano».

Poi, il riferimento alla Parola di Dio, «il ringraziamento più bello, perché come ci dice il Concilio, quando leggiamo la Scrittura è Gesù stesso che ci parla». Quel Cristo che deve «diventare una presenza reale: dobbiamo fin da piccoli imparare a dare del “tu” a Gesù», scandisce.

Laddove, «soprattutto nell’epoca contemporanea, subiamo la tentazione di voler essere come Dio, comportandoci come i padroni di noi stessi perché, solo quando siamo messi di fronte alla prova e alla difficoltà riusciamo a liberarci da tale pretesa piena di egoismo che mette sulla scena solo il nostro io e nella quale gli altri sono più che altro un elemento di utilità», la Lettura dalla Genesi con il racconto del peccato originario, sia di esempio, suggerisce l’Arcivescovo.

«Ma questo peccato, di cui il battesimo è lavacro, non definisce compiutamente l’uomo, perché Dio ha mandato tra noi suo Figlio, che si è fatto trattare da peccato pur non avendo peccato, in modo che la giustizia della fede potesse riapparire al cuore del nostro popolo». Così come scrive san Paolo ai Romani – “Dove abbonda il peccato, sovrabbonda la Grazia” –, «Gesù è colui che ci tiene per mano, perché ci dona se stesso con un amore che dura sempre, anche se siamo battezzati, ma abbiamo perso la strada di casa».

Da qui la dolorosa constatazione sul presente, secondo la logica di quella divisione-fossato creatosi tra fede e vita che già vide il giovane don Montini negli ’30 del secolo scorso e che ora si è fatta assai più grave ed evidente: «Siamo diventati allergici, refrattari, a quell’unita che il Signore ha istaurato tra noi. Entrate con consapevolezza nell’insegnamento che oggi la Chiesa ci offre vedendone tutta l’attualità. Non c’è niente di più umano e convincente che stare vicino a Cristo».

Appunto perché il Signore «ha a che fare con tutto, con l’intera realtà: per questo si è incarnato, per farci compagnia. Non dobbiamo correre il rischio di dimenticare il suo sguardo, pensando secondo i mass media, ma dobbiamo avere gli stessi sentimenti di Gesù».

Poi, ancora un richiamo alla bella realtà di Cassina – «espressione a tutto campo della vita cristiana» – che, dopo la prima grande emigrazione degli anni ‘60-’70, vive, come tutti ora, l’immigrazione mondiale che sta mettendo alla prova l’Europa. «Bisogna fare i conti con questo cambiamento di epoca», nota l’Arcivescovo.

Infine, dopo la benedizione del calice e della patena di don Fabio che diventerà prete ambrosiano sabato prossimo, ancora un monito a vedere nella famiglia il primo soggetto dell’evangelizzazione e il luogo privilegiato in cui portare quotidianamente il pensiero di Cristo affrontando problemi concreti e a riconoscere nei nonni una ricchezza «perché da loro si comprende meglio il senso della sofferenza e della morte, la serietà dell’impegno nel lavoro». Per i giovani la consegna è a comprendere l’amore vero e, se si avesse nel cuore il pensiero di darsi interamente al Signore, di parlarne, di aprirsi, di seguire questa preziosa strada.

Parole, queste ultime ripetute, a conclusione, sul sagrato di santa Maria Ausiliatrice, a 200 animatori dell’oratorio feriale con le loro belle magliette azzurre: «Avete un compito importante e impegnativo, mi raccomando, in ciò che proporrete, l’amicizia tra voi, la fedeltà, la gioia e la delicatezza perché si può insegnare solo quello che si vive. So di poter contare su di voi».

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