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Milano

Scola: «Testimoniare la speranza cristiana anche nella comunicazione»

Il cardinale Scola ha presieduto nella chiesa milanese di San Pietro in Sala la Celebrazione per i cento anni della Società San Paolo e i novant’anni della parrocchia. A tutti ha raccomandato «il senso pieno della comunione»

di Annamaria BRACCINI

20 Giugno 2014

Un segno bello di comunione che unisce, in un tempo, nel quale anche come cristiani facciamo fatica a realizzarla in senso pieno. È con una gioia particolare che il cardinale Scola arriva nella parrocchia cittadina, storica, di san Pietro in Sala per presiedere l’Eucaristia del centenario della Società San Paolo e per i novant’anni della parrocchia.

Concelebrano il parroco don Sante Torretta e oltre quindici sacerdoti Paolini tra cui don Vito Fracchiolla, superiore della Comunità di Milano – che si trova nel territorio parrocchiale –, il direttore generale e l’amministratore dell’Editoriale San Paolo, don Rosario Uccellatore e don Sante Sabatucci.

«Benvenuto tra noi, carissimo nostro Arcivescovo, spero che stasera emerga la caratteristica di questa parrocchia che cerca di essere accogliente e aperta», dice subito don Torretta.

E proprio sul senso di comunione insiste il Cardinale dicendosi particolarmente felice di «celebrare in questa bella chiesa voluta da san Carlo Borromeo, una parrocchia aperta che può basarsi su una comunione intera».

Da qui, «il primo elemento» lasciato come indicazione alla comunità: «Spesso vi è una grande difficoltà a vivere la comunione, riducendola troppo spesso, anche come cristiani, al “metterci d’accordo”. Questo accade perché non siamo coinvolti in maniera diretta e personale con il Signore».

E come Gesù stesso nel dialogo con i discepoli richiamato dal Vangelo di Matteo, appena ascoltato nella liturgia, chiede: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”, «così noi oggi dobbiamo porci questa domanda che diviene stringente».

Appunto chi è il Signore per noi? E quale la sua dimensione e imponenza nella nostra vita?

Poca, suggerisce il Cardinale, eppure dobbiamo inevitabilmente porci un tale interrogativo perché «tanto più non si lascia ai margini il Dio trinitario, tanto più ci si spalanca a tutte le vie dell’umano, realizzando, con la potenza della fede, un’apertura a 360° verso l’uomo in tutte le sue componenti, e divenendo così davvero cattolici».

Cita, l’Arcivescovo, il beato fondatore Alberione che scriveva: «Tutta la vita umana deve essere coinvolta nella vita di fede e nulla e nessuno deve restarne escluso».

Una questione vitale, insomma, concretissima perché in questo andare verso l’altro, nell’accogliere, il tema della nuova evangelizzazione è strappato all’astrazione».

E ciò vale anche per i mezzi della comunicazione, come ben aveva profeticamente intuito don Alberione, «Pensiamo alla grande rilevanza che riveste l’idea stessa di una rivista che si chiama Famiglia Cristiana e che sappia mostrare l’umanissima potenza della famiglia vissuta secondo la fede.

Il pensiero di Scola va anche a realtà belle, presenti a San Pietro in Sala, come l’Associazione “I Sempre vivi”, che sostiene malati psichici e psichiatrici. «Ricordiamo – nota – che la carità è ciò che legittima la verità e la rende comprensibile. In queste espressioni troviamo una modalità di proporci anche a chi è radicalmente contrario alla visione cristiana, mai di imporci, per dire il motivo della speranza che è in noi». Questo, pur nelle difficoltà di oggi, è il ruolo della comunicazione: «È molto importante per la Famiglia Paolina restare fedeli a tale intuizione e trovare, quindi, i modi e le strade, nella semplificazione se è necessario, della tenace riproposizione di questi strumenti. Il punto critico di questo passaggio travagliato, ma pieno di speranza, al nuovo millennio, è il quotidiano, come “passa” Cristo nel quotidiano», e dunque, come comunicarlo.

In conclusione, è don Fracchiolla a ringraziare, a nome della Famiglia Paolina, l’Arcivescovo e la parrocchia «in cui più che ospiti siamo di famiglia». Ancora il ricordo è per il beato Alberione «consapevole di affidarci una grande responsabilità verso la Chiesa e il mondo intero. I cento anni della Famiglia Paolina ci ripropongono questa responsabilità a essere bene inseriti nella Chiesa locale, in quella universale e nella società: fedeli nell’unità, come ci raccomandava Paolo VI ricevendoci il 27 dicembre 1974».