Speciale

La Chiesa e l’emergenza educativa

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Analisi

Scuola, una “rete” per sostenere i ragazzi

Nei mesi di lockdown e anche oltre, in coordinamento con altre agenzie educative, sono stati potenziati i servizi di accompagnamento degli studenti, per arginare la loro sofferenza, orientare le famiglie e aiutare i docenti

di don Fabio LANDIResponsabile del Servizio diocesano per la Pastorale scolastica

21 Febbraio 2021

All’interno delle realtà scolastiche il contatto quotidiano con gli studenti, sia pure a distanza, ha reso evidente in modo molto precoce che la chiusura delle scuole e la mancanza di socialità per tanti ragazzi avrebbe comportato ripercussioni penalizzanti sul piano della crescita e della definizione della propria identità. Mentre ancora si discuteva di distanze e dispositivi per evitare il contagio, i docenti rilevavano il diffondersi di un altro contagio fatto di rassegnazione, chiusura, progressiva rinuncia a investire su se stessi. È inutile descrivere il fenomeno che ormai, purtroppo, è sotto gli occhi di tutti come un’emergenza diffusa. Le scuole si sono attivate in modo sollecito. Nello scorso mese un’indagine del Servizio di Pastorale scolastica tra gli Istituti paritari della Diocesi ha raccolto un ventaglio di iniziative che sono state messe in campo fin dalla primissima ripresa a settembre.

In molti casi sono stati innanzitutto potenziati i servizi di accompagnamento psicologico accessibili agli alunni, anche con percorsi specifici finalizzati a un recupero motivazionale delle relazioni intersoggettive e dell’impegno scolastico. Le scuole hanno avvertito anche la necessità di un maggiore coinvolgimento dei genitori che spesso si sono trovati particolarmente sguarniti nell’accompagnare il percorso di crescita dei figli. Per questo sono stati organizzati momenti di formazione con lo scopo di dare indicazioni su come contenere il rischio di dispersione emotiva e relazionale degli adolescenti e di suggerire strumenti e strategie che consentissero di affrontare in modo più equilibrato la convivenza familiare in tempi di lockdown.

Merita di essere sottolineato lo sforzo di coordinamento con le diverse agenzie educative sul territorio: le scuole hanno aderito a progetti che coinvolgono la Caritas, la Pastorale giovanile, i consultori, le associazioni sportive, i doposcuola, le parrocchie. Il desiderio di mettersi in rete, anche per la necessità di capire insieme come intervenire in una situazione nuova per tutti, ha generato una ricchezza di iniziative sorprendente. Un solo esempio, notevole per la prontezza e la generosità che testimonia: un decanato, avendo intuito quanto gli insegnanti stessi necessitassero di essere sostenuti nel fronteggiare il disagio dei ragazzi, dopo essersi rivolto all’ufficio di Curia, ha predisposto con un’équipe di psicologi un corso di formazione aperto a tutti i docenti della città, sia delle scuole statali, sia di quelle paritarie, così da fornire le competenze minime utili ad arginare la sofferenza degli alunni e a orientare le famiglie nelle situazioni di maggiore gravità.

L’intuizione è buona perché, in effetti, gli insegnanti si sono trovati in prima linea nel gestire questa crisi. Alcuni si sono prodigati inventando soluzioni di ogni tipo pur di mantenere vivo un contatto divenuto ormai molto labile. Ci sono professori che hanno raddoppiato l’impegno e che, dopo le lezioni mattutine con la classe, si collegavano con un singolo alunno in difficoltà, costruendo lezioni personalizzate, trovando occasioni di incontro informale, tenendo un aggiornamento quasi quotidiano con i genitori. Un lavoro enorme è stato fatto poi nel confronto dei docenti tra loro, interrogandosi sul significato dell’insegnamento, sulle priorità, sul ruolo educativo della scuola, sull’importanza degli aspetti relazionali: nel panorama complessivo si tratta di una novità considerevole.

Insomma questi mesi non sono stati solo una rincorsa per adattarsi alla Dad. Sono stati innanzitutto un costante tentativo di sostenere i ragazzi e di aprire loro spazi di interesse, di relazione e di futuro. Aprire spazi anche quando la parola d’ordine per tutti era chiudere.

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