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Milano

«Siamo figli della luce: camminiamo coltivando l’amicizia con Gesù»

L’Arcivescovo è intervenuto all’incontro diocesano delle consacrate dell’“Ordo Virginum” e ha, poi, presieduto la Celebrazione eucaristica. «Una persona consacrata viva la vocazione speciale alla gioia»

di Annamaria Braccini

26 Giugno 2021

«L’alleanza che vi chiedo è quella di essere testimoni della gioia proprio perché avete scelto l’appartenenza a Gesù. La vostra consacrazione non è per un’opera particolare, ma è per condividere il mistero di Dio e, per questo, vi sento particolarmente vicine».

A dirlo è l’Arcivescovo durante l’incontro diocesano dell’“Ordo Virginum”. Un’assemblea di fine anno, di bilancio in vista del confronto estivo e di programmazione per i Riti di passaggio nel cammino formativo delle appartenenti. 80 le consacrate provenienti dall’intera Chiesa ambrosiana, presenti presso la parrocchia Sant’Antonio Maria Zaccaria, il cui parroco, don Davide Milanesi, è il delegato arcivescovile per l’“Ordo”. Tra loro anche alcune sorelle che festeggiano anniversari importanti – i 5, 15, 20, 25, 35 anni di consacrazione -, una consacranda (la consacrazione sarà il 4 settembre in Duomo) e 4 impegnate nel Rito di passaggio. Donne che si sono impegnate, in questo anno, nei ritiri e in incontri comuni svoltisi on line, sviluppando le parole consegnate loro, lo scorso giugno, proprio dal vescovo Mario che ha dialogato individualmente con ciascuna in questi mesi. I prossimi incontri saranno, invece, a gruppi nelle Zone.

L’intervento dell’Arcivescovo

Si parte dalla Proposta pastorale 2021-2022 che, annuncia l’Arcivescovo, dovrebbe avere come titolo “Per una Chiesa unita, libera, lieta”.

«La premessa è come entrare nel mistero di Dio», spiega. «C’è la via dello studio delle Scritture, della Teologia – anche se, forse, nella nostra epoca è meno frequentata – che rimane necessaria anche se occorre evitare il rischio dell’intellettualismo. Poi, vi è il percorso della Sapienza che viene dall’alto e offre una visone originale della vita, facendone comprendere il sapore. Ancora c’è la via del dolore, della sofferenza, della malattia che introduce al mistero: sulla via della croce si incontra sempre Dio. È una strada drammatica, ma non è lontana dal Signore».

Tutto importante e tutto possibile, ma c’è anche l’itinerario che propone il vescovo Mario nel nuovo anno pastorale: «l’amicizia che è aperta a tutti – ai sani, ai malati, ai forti e ai deboli – e che significa, anzitutto, stabilire un rapporto personale con l’uomo Gesù di Nazaret, stando con lui». «L’amicizia ha la forma del dialogo, delle domande e delle risposte: è il tempo in cui il Signore si confida con noi, ritenendoci interlocutori delle verità più importanti».

Il riferimento è ai testi del Vangelo di Giovanni, segnatamente al capitolo 15, nei discorsi ultimi, perché «qui comprendiamo questo cammino di amicizia, che è amarsi gli uni gli altri come legge della reciprocità».

«L’amore può essere fatto di desiderio e può essere agape, amore che si fa dono che è il modello dell’amore di Dio. Tra queste due forme c’è l’amore di amicizia sottolineato dall’insistenza di Gesù a rimanere in lui. Tale tema è profondissimo e sottolinea un rapporto personale: per noi persone consacrate è un elemento di grande consolazione e di coscienza della relazione che viviamo. Il nostro frutto non dipende da quanto ci diamo da fare, dalla frenesia, dal nervosismo, talvolta, dell’attività pastorale, ma da questo rimanere».

Poi la gioia – una delle parole approfondite dalle “Ordo Virginum” – «che nasce dalla confidenza. Lo scopo fondamentale della rivelazione è la gioia perché il Signore vuole che la nostra gioia sia piena, non provvisoria. Piena vuole dire che la persona è abitata sempre dalla gioia anche se la vita ordinaria è segnata dalle difficoltà e dal dolore, perché la gioia, che ci viene donata come cristiani, è una sorgente invincibile e tutte le prove della vita non bastano a spegnere quanto Gesù ci ha dato. Per questo mi pare importante che una persona consacrata abbia una vocazione speciale alla gioia, perché così si dimostra che Dio basta. La gioia cristiana non dipende dalle soddisfazione delle proprie aspettative, ma dallo stare con Gesù».

Dunque, una Chiesa unita – particolarmente necessaria «nel percorso che stiamo avviando con la costituzione delle assemblee sinodali, in quanto la radice della sinodalità è la comunione ecclesiale» -, libera e lieta perché «occorre mettere in guardia da un cristianesimo triste», come evidenzia papa Francesco che a questo tema ha dedicato “Evangelii Gudium” “Amoris Laetitia” e “Gaudete et Exultate”.

«Una Chiesa libera indica il modo dei discepoli di stare nel mondo. La Chiesa non si stupisce di essere considerata antipatica e persino di essere oggetto di disprezzo e ostilità. Tuttavia, il suo criterio di comportamento non è rendersi simpatica, ma è la coerenza del rimanere in Gesù. Proprio questo è il tema della libertà. Una Chiesa libera vuole dire essere fedele al Signore, con coerenza anche quando viene contestata».

La Messa

Alla Lectio segue subito l’Eucaristia, cui partecipano anche i fedeli della parrocchia, concelebrata da don Milanesi, don Giambattista Biffi, delegato per la Formazione delle “Ordo” che festeggia i suoi 45 anni di Messa, e da don Gregorio Valerio, già parroco della “SAMZ”, nel giorno esatto del 56esimo della sua Ordinazione presbiterale.

«Il nostro tempo è stato sorpreso dalle tenebre. L’umanità audace, quella città orgogliosa della sua potenza, l’umanità dominatrice del mondo, si è trovata improvvisamente smarrita. Il presente ha assunto l’aspetto di un deserto inospitale e il futuro incombe piuttosto come una minaccia che come una promessa. Si è insinuata l’idea che il mondo non sia un giardino ospitale, ma un terreno impregnato di veleni. Il rapporto con gli altri si avverte come un rischio, piuttosto che come quei legami rassicuranti che permettono di abitare sereni la città», scandisce il vescovo Mario, richiamando le parole del Vangelo di Giovanni al capitolo 12.

Ma cosa fanno coloro che si trovano sorpresi dalle tenebre?

«Alcuni si rassegnano e stanno fermi. Del resto dove andare? Non si vede una strada, non si intravede una meta, non c’è nessun motivo, nessuna speranza che attiri. Altri si arrabbiano e cercano colpevoli», magari chiedendo chi ha causato questa pandemia. «Gli arrabbiati sono divorati dal rancore e vorrebbero spaccare tutto per la rabbia che hanno dentro».

E, ancora, ci sono quelli che hanno ascoltato la promessa, hanno intuito la via, intravedendo la luce, ma che preferiscono l’ombra.

Un modo di vivere la fede – questo – oggi assai diffuso, perché «dichiarare di aver trovato la verità suona imbarazzante là dove sembra che le tenebre siano invincibili; parlare di una promessa sembra ingenuo, là dove si ritiene che per essere intelligenti non si debba credere a niente; là dove è obbligatorio il lamento e dominante è il rancore». È l’ombra del compromesso: oggi come 2000 anni fa, «dichiararsi cristiani rende impopolari e si diventa bersaglio di derisione».

Ma ci sono anche «i figli della luce», i discepoli di Gesù, «coloro che credono in lui, riconoscono che è venuta nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Noi tutti siamo qui radunati perché rispondiamo all’invito a diventare figli e figlie della luce. Le consacrate dell’“Ordo Virginum” si radunano per esortarsi a vicenda a credere e a divenire figlie della luce».

Da qui, alcune caratteristiche di questi figli e figlie. «Camminare perché non siamo mai arrivati, perché nessuno di noi ha la presunzione di essere maestro: siamo in cammino, con umiltà, con perseveranza, con il desiderio di arrivare nella terra promessa».

«Non stiamo fermi. Non torniamo indietro. Il nostro cammino è suscitato da una promessa che alimenta una speranza; non siamo fedeli per ostinazione, ma per gratitudine. Non ci anima alcuna presunzione di essere migliori di altri, ma ci convince la docile semplicità di rispondere alla voce che ci chiama. Non siamo smarriti nelle tenebre: perché seguiamo Gesù, il buon pastore. E questo significa ricevere il comandamento che è vita eterna. La vita promessa, non è una destinazione a morire, come sembra la persuasione del nostro tempo, ma è partecipare alla vita di Dio».

Ma dov’è la terra promessa? «Noi sappiamo la risposta: Gesù è la via».

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