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5 Giugno 2008

LA COMPLESSA VERITÀ DI MILANO ANDRÀ RACCONTATA CON PASSIONE

Ricorro a un’ultima citazione di Giorgio Rumi, che può essere anche una sciabolata di luce su ciò che ci attende: «Libertà e democrazia si sono affermate nel corso del secolo XIX con lotte durissime, che hanno sconvolto l’intero continente. Di esse godono anche gli antichi nemici, non in grazia di una spontanea dedizione, ma del sanguinoso impiego della forza. Tale è l’effettivo andamento della storia e non possiamo certo edulcorarlo per una malintesa armonia sociale o per un mediocre calcolo politico».

Milano, tra autonomie, dominazioni, lotte, rovesci e riscatti, cadute e riprese, aperture e ripiegamenti è stata sempre un crocevia. Tuttora lo è. E lo sarà senz’altro a lungo, come se la città possedesse un sorta di genius loci, che si esprime attraverso l’accogliere, l’integrare, il trasformare, il restituire, in un ciclo sorprendentemente vitale, in cui la dialettica, che pure è di casa, non è mai distruttiva.

Ne era consapevole chi si è speso sino al sacrificio in anni recenti, muovendo noi a seguirne l’esempio e contribuendo a illuminare il cammino che intraprendiamo giorno dopo giorno. E la complessa verità di Milano andrà raccontata con passione e animo partecipe, coinvolgente, e tanta documentazione, a chi non sapesse ancora (a modo suo e con strumentazione adeguata il Rapporto è sintonizzato su tale esigenza da 15 anni).

Varrà poi la pena di ribadire quella verità a chi alla polis pensasse non come a un servizio cui dedicarsi secondo quanto il bene comune esige, ma al fine di servirsene e di trarre profitto per i propri interessi particolari, per gli egoismi di singolo o di gruppo.

Si tratta di un debito di doverosa riconoscenza che la città e il Paese (che da Milano ha ricevuto sempre stimoli e provocazioni) hanno contratto con la generazione da cui ci sono venute la libertà, le regole fondanti la convivenza, gli ideali di umanità da tramandare a nostra volta.

Per certi versi è anche un atto riparatorio di fronte alle tante mancanze, conosciute o neanche note, cumulate negli anni. Esprimere anche solo l’intenzione è liberante. Meglio – è ovvio – se seguiranno scelte di campo e gesti concreti.

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