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Discorso alla città

«Una metropoli che accoglie le diversità»

Di fronte a incertezze e paure dare una nuova anima a una realtà frammentata. Il commento di Alessandro Rosina, demografo dell’Università cattolica

di Pino NARDI

9 Dicembre 2014

«La Milano che il cardinale Scola invita a edificare – chiedendo prima di tutto l’impegno dei cristiani – è quella della vita buona e della società plurale. Una città, quindi, che non ha paura delle diversità, sa anzi accoglierle e valorizzarle come ricchezza, ma nel contempo sa contrastare efficacemente vecchie e nuove diseguaglianze». Alessandro Rosina, demografo dell’Università cattolica, riflette sul Discorso alla città, in un tempo in cui molti soffiano sul fuoco delle paure e del disagio.

Nonostante l’impegno per Expo, Milano vive ancora in una fase difficile…
La città ha davanti a sé grandi sfide che mettono in gioco la qualità del suo futuro, ma nel presente vive ancora l’incertezza di una recessione sfibrante che comprime il suo slancio vitale. L’invito che emerge dal Discorso alla città del Cardinale è però quello di non abbassare lo sguardo davanti alla crisi, ma adottare piuttosto una visione lunga e profonda. Per farlo è necessario riconoscere che la crisi è prima di tutto antropologica e la risposta non può essere trovata mettendo al centro il prodotto interno lordo, ma l’essere umano nella sua pienezza.

L’Arcivescovo propone allora la necessità di un nuovo umanesimo…
Infatti. Quello di cui abbiamo bisogno è proprio un nuovo umanesimo nel quale il mondo non giri attorno agli interessi del singolo, ma sia mosso dall’energia vitale del dono e dall’apertura generativa verso gli altri. In questo senso l’obiettivo non può essere semplicemente quello di uscire dall’attuale condizione economica negativa, ma, in positivo, la qualità del nostro stare e fare assieme.

Scola ha puntato molto anche sulle radici storiche e culturali dell’umanesimo lombardo. Cosa dice all’uomo di oggi?
La nostra è una società plurale che aprendosi e guardando avanti rimane però ben salda nelle sue radici e trae anzi dai valori fondanti e dalla sua tradizione forza e motivazione per rigenerarsi. Come ben ricordato nel Discorso alla città, l’umanesimo lombardo e l’illuminismo di Beccaria e Manzoni, tra gli altri, sono solidi punti di riferimento culturale e sociale di una comunità che sa coniugare responsabilità, ideali e pragmatismo intraprendente. Con i piedi saldi per terra, il pensiero senza confini, lo sguardo attento all’altro. A ben vedere, sia le sfide della città metropolitana e dell’Expo, sia quelle poste dalle grandi trasformazioni demografiche e sociali, si vincono non chiudendosi nell’"individualismo rassegnato", che alimenta le forze della disgregazione, ma aprendosi a quella che Scola chiama amicizia civica, in grado di rinsaldare a servizio del bene comune le grandi energie positive di Milano.

L’emergenza casa si è riproposta con drammaticità. Come rispondere a questi bisogni?
La sfida non è solo quella di superare la crisi: la domanda di abitazione e i modi dell’abitare stanno subendo un profondo mutamento che si intreccia con i grandi cambiamenti economici, sociali e demografici. Aumenta la popolazione anziana, cresce la componente straniera con le proprie specificità, cambiano le esigenze delle nuove generazioni, la morfologia familiare è in continua evoluzione, si fanno inoltre largo nuove sensibilità e sempre più pervasivo diventa il ruolo delle nuove tecnologie. Le politiche della casa vanno sempre più pensate come integrate con i nuovi modelli di welfare, mettendo al centro l’idea che più che costruire case bisogna produrre benessere. Più di nuovi muri e tetti servono migliori spazi di vita e di relazione.