Sirio 26-29 marzo 2024
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20 dicembre

Veglia di Natale in Seminario

Alle 20.45 a Venegono sul tema «Un viandante di regni», ispirata a Thomas Merton, una delle figure dominanti del Monachesimo del Novecento

11 Dicembre 2014

La Veglia di Natale del Seminario, organizzata e animata dalla comunità del Biennio teologico, è in programma sabato 20 dicembre, alle 20.45, a Venegono Inferiore. Intitolata “Un viandante di regni”, intende aiutare quanti vi parteciperanno ad attendere con cuore rinnovato la venuta di Gesùm meditando nel loro cuore questo grande mistero.

È incentrata sulla figura di Thomas Merton, una delle figure spirituali dominanti del monachesimo del Novecento. A quasi cento anni dalla sua nascita rimangono memorabili le parole che danno avvio alla sua opera autobiografica più famosa, La montagna dalle sette balze: «L’ultimo giorno di gennaio del 1915, in un anno di una grande guerra, al confine con la Spagna, nell’ombra di monti francesi, io venni al mondo. Fatto a immagine di Dio, quindi libero per natura, fui tuttavia schiavo della violenza e dell’egoismo, a immagine del mondo in cui ero nato […]».

Nato il 31 gennaio 1915, morì il 10 dicembre 1968 a Bangkok, in Thailandia, nel contesto di un convegno monastico internazionale, dopo 53 anni di una vita non facile da descrivere e interpretare all’insegna di una struggente ricerca di Dio. Figlio di genitori artisti, che presto lo lasciarono orfano insieme al fratello John Paul, cominciò il suo viaggio facendo la spola tra Europa e America, ricavandone una vivace formazione umana e culturale. Poi la luce della conversione: di qui il Battesimo e la non facile ricerca della propria vocazione, fino all’ingresso nell’abbazia trappista del Gethsemani, nel Kentucky. Era l’inizio della settimana di passione del 1943, quando lo raggiunse la triste notizia della morte del fratello, caduto col suo aereo nelle acque del Mare del Nord, durante un’operazione bellica.

Il desiderio di nascondersi nella solitudine laboriosa e severa della Trappa fece presto i conti, senza mai risolverli definitivamente, con la sua innata vocazione di scrittore, riconosciuta insieme alla povertà volontaria come due aspetti essenziali della sua vita, vissuti per amore di Dio. Nel Messaggio dei contemplativi al mondo, scritto di getto nell’estate del 1967, un anno prima della morte improvvisa, lasciava uno dei ritratti più belli di sé: «Forse nella mia solitudine sono diventato, per così dire, un esploratore per te, un viandante di regni che tu non sei in grado di visitare. Sono stato chiamato a esplorare un’area deserta del cuore umano in cui non bastano più le spiegazioni e in cui uno impara che solo l’esperienza conta».

È da questo viaggio intensissimo che sono state raccolte alcune delle sue meditazioni circa l’Avvento e il Natale, particolarmente profonde e ricche di significato. Eccone un esempio: «La povertà del Bambino e della sua mamma, la loro solitudine e l’abbandono nel quale sono stati lasciati a Betlemme, il loro bisogno di cibo, di vesti, di assistenza, tutto ciò è reale e autentico come lo sono i nostri stessi bisogni, le nostre stesse limitazioni. E per quale motivo? Prima di tutto per la realtà del suo amore. Egli ha abbracciato la nostra povertà e la nostra sofferenza per amor nostro, per offrirci le sue ricchezze e la sua gioia. Si è fatto povero come il più povero fra tutti noi in modo che una falsa vergogna non trattenesse nessuno dall’avvicinarsi a lui (Il Kerygma della natività, in Le stagioni liturgiche, Rusconi, Milano 1977, pp. 104-105).

Info e adesioni: don Luca Corbetta (tel.0331.867111; giovaniamici@seminario.milano.it)