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Cittadini o consumatori? Uno studio sulla tutela dei telespettatori in Europa

Un'indagine dell'Aiart lancia l'allarme: la figura del telespettatore si sta inesorabilmente trasformando in quella di semplice consumatore

23 Luglio 2008

25/07/2008

"Telespettatori, Cittadini o semplici Consumatori?". E’ questo l’interrogativo da cui si sviluppa lo studio "La tutela dei consumatori in Europa" a firma di Paolo Celot, economista ed esperto di affari europei specializzato nel settore dei media e segretario generale dell’Eavi (European Association for Viewers Interests), e Fausto Gualtieri, consulente sugli affari europei per Latimer Europa ed esperto in nuove tecnologie per cinema e televisione, pubblicato nel numero 12 (giugno 2008) della rivista di studi e ricerche sulla comunicazione "La Parabola", trimestrale dell’Aiart – Associazione spettatori onlus (Italia). Dall’analisi della situazione attuale, sostengono gli autori, emerge un dato rilevante: «La figura del cittadino e del telespettatore in particolare, si sta inesorabilmente trasformando in quella di semplice consumatore».

In un mondo in cui «si allarga il divario tra le persone che hanno già la capacità per decrittare le informazioni dei media e coloro che invece sono fuori del circolo virtuoso», le Istituzioni europee hanno promosso iniziative volte alla tutela dei diritti fondamentali dei cittadini e dei consumatori: «I consumatori dei media possono usufruire di strumenti di tutela sia a titolo di cittadini europei che, d’altro lato, in qualità di consumatori europei». Strumenti a garanzia di tali diritti sono la petizione al Parlamento europeo, cui il cittadino può ricorrere per chiedere un intervento «su tematiche di competenza dell’Unione europea», e l’interpellanza del Mediatore europeo, organo che «indaga sulle denuncie di cattiva amministrazione nelle istituzioni dell’Unione europea, ad esclusione della Corte di giustizia e del Tribunale di primo grado».

Dopo aver illustrato gli strumenti di tutela, gli autori presentano l’attività delle istituzioni e degli organi consultivi dell’Ue ad iniziare dalla Commissione europea che agisce «nei confronti di uno Stato membro non conforme alle disposizioni di livello europeo, presentando, in determinate occasioni, il caso alla Corte di giustizia delle Comunità europee» che, dal canto suo, si limita a «fornire un’interpretazione o ad esprimere un giudizio di validità sugli atti comunitari in questione».

Su altro fronte, la Corte europea per i diritti dell’uomo può essere interpellata «in tutti quei casi in cui un cittadino ritiene di essere stato personalmente e direttamente vittima, da parte di uno Stato, di una violazione di uno o più dei diritti sanciti dalla Convenzione (per i Diritti dell’uomo, ndr)». Se invece si vuole seguire un percorso «molto più rapido rispetto alle vie legali di denuncia formale», l’alternativa è costituita da Solvit: network di problem-solving nato nel 2002 e rivolto a singoli cittadini ed imprese, Solvit vede impegnati gli Stati membri dell’Ue per risolvere i problemi causati «dalla cattiva applicazione delle leggi del Mercato interno dalle autorità pubbliche».

Infine, gli autori ricordano la possibilità di rivolgersi al Net-Cce (Network centri dei consumatori europei) che opera con lo scopo di rendere i consumatori sicuri di sé quando acquistano all’estero come quando acquistano nel loro paese.

Le misure a tutela dei consumatori messe in atto dall’Ue sono incluse in una direttiva (99/44/CE) «dedicata alla protezione dei loro interessi , il cui obiettivo è quello di facilitare l’accesso agli strumenti giuridici e alle procedure dell’Ue attinenti». Per intensificare le azioni di tutela, la Commissione europea ha fondato il Gruppo consultivo dei consumatori che svolge un ruolo fondamentale nei rapporti fra Ue e organizzazioni territoriali e «può essere considerato come un’opportunità indiretta per i cittadini europei».

Sul versante della legislazione in materia di audiovisivo, testo di riferimento è la Direttiva sui servizi audiovisivi che, con l’inclusione dei nuovi media, si propone di «tutelare determinati interessi pubblici, quali la diversità culturale, il diritto all’informazione, il pluralismo dei media, la protezione dei minori e la tutela dei consumatori promuovendo la media literacy del pubblico», ovvero l’alfabetizzazione mediatica che permetta una fruizione efficace e sicura dei media.

Ed è proprio sull’acquisizione di nuovi saperi che si concentra la conclusione dello studio condotto da Celot e Gualtieri: «Non è più sufficiente saper scrivere, leggere e far di conto. Nel contesto nel quale viviamo è divenuto necessario imparare a leggere e scrivere i media. Si tratta in definitiva, a livello collettivo, di promuovere una nuova alfabetizzazione che aiuti i cittadini a comprendere il ruolo dei media ed i significati dei messaggi trasmessi, a servirsi dei media o meglio ad appropriarsi di essi. Ciò costituisce tra l’altro una condizione necessaria per partecipare attivamente alle aree della vita sociale e democratica».