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Televisione

Schettino, una pessima pagina

L’autodifesa del comandante della Costa Concordia a “Quinta colonna”

di Marco DERIU

16 Luglio 2012

Una pessima pagina di televisione, all’insegna di un sensazionalismo reso ancora più inopportuno dalle gravissime accuse che pesano sul diretto interessato e dal dolore dei familiari delle vittime provocate dalla sua condotta incosciente (se non peggio). Questo è stata la puntata di “Quinta colonna” (Canale 5), che martedì scorso ha ospitato una lunga intervista “a tu per tu” al comandante Francesco Schettino. Balzato agli onori delle cronache come responsabile del naufragio della Costa Concordia, Schettino era appena stato liberato dagli arresti domiciliari a cui era stato ristretto subito dopo il disastro che lo scorso 13 gennaio ha provocato 32 morti.

Salvo Sottile si ritiene un bravo conduttore, un giornalista d’inchiesta che “non fa sconti a nessuno”, come ha cercato di dimostrare con il suo “Quarto grado”. Ma non basta alzare la soglia della tollerabilità e dello scandalo per guadagnarsi i galloni di bravo reporter. Anzi, può essere controproducente, anche se il pubblico sempliciotto può cadere nella trappola dell’audience dando l’illusione di apprezzare.

Schettino, intervistato da una compiacente Ilaria Cavo, ha proposto la sua verità in modo al contempo impacciato e sfrontato, negando l’evidenza dei dati di fatto e respingendo al mittente ogni responsabilità sull’accaduto. Il che ha fatto arrabbiare – e molto – non solo i parenti delle vittime e quanti quel giorno erano a bordo della nave, ma anche i magistrati titolari dell’inchiesta sul naufragio. I quali hanno rilevato nelle parole del comandante in tv «una serie di bugie»… L’unico passaggio accettabile è stato quando Schettino ha chiesto scusa ai familiari delle vittime, ma – del resto – era il minimo che potesse fare, lui che con una buona dose di faccia tosta si è dichiarato «vittima del sistema».

La polemica ha animato il fronte relativo al compenso che Schettino avrebbe percepito da Mediaset per concedere l’intervista televisiva e per mantenere una sorta di “esclusiva” fino al momento della sua messa in onda. Si è parlato di una cifra intorno ai 50 mila euro, ma potrebbero essere anche molti di più. È la diretta conseguenza del perverso meccanismo del piccolo schermo: chiunque vada ospite in televisione, a qualunque titolo, viene ricompensato in proporzione alla stima degli ascolti che la sua presenza fa guadagnare al programma. E di sicuro molti italiani erano curiosi di sentire la versione del comandante direttamente dalla sua voce.

Dal canto suo, Schettino aveva tutto l’interesse a “metterci la faccia”. Non solo per incassare il gruzzoletto di cui sopra, ma anche per sfruttare il mezzo per una difesa pubblico-mediatica che in altri casi ha funzionato, se non in sede giudiziaria, almeno per alzare le quotazioni del diretto interessato proprio rispetto alla sua spendibilità mediatica. Non sarebbe il primo caso in cui un personaggio quanto meno “discutibile” (aspettiamo il corso della giustizia per definirlo “colpevole”) riesce a trarre vantaggio da una improvvisa notorietà, seppure negativa.

Pare che una casa editrice di non secondaria importanza abbia già concordato con l’ex comandante della Costa Concordia la pubblicazione di un libro di memorie, che potrebbe fruttargli altri soldi oltre a quelli percepiti per la partecipazione a “Quinta colonna”, lanciandolo definitivamente verso il cinico mondo dello star system.

L’attenzione mediatica nei confronti del comandante sotto accusa non è che l’ultimo esempio di una lunga serie. Fra i precedenti più recenti, l’intervista di Enrico Mentana (“Bersaglio mobile”, La7) all’allora latitante Valter Lavitola, le ospitate di Annamaria Franzoni nei salotti di Maurizio Costanzo e di Bruno Vespa a ridosso dell’omicidio di Samuele Lorenzi (per il quale è stata poi condannata in via definitiva), l’intervista al serial killer Donato Bilancia da parte di Paolo Bonolis nel tardo pomeriggio di una passata “Domenica In”, il quasi dialogo fra i divanetti bianchi fra il citato Vespa e la coppia formata dai giovani assistenti universitari Giovanni Scattone e Salvatore Ferraro, poi condannati per l’omicidio della studentessa romana Marta Russo.

È giusto che la tv e gli altri media si prestino all’autodifesa senza contraddittorio da parte di presunti colpevoli? Quale esempio danno simili personaggi all’opinione pubblica? Non sarebbe meglio lasciar fare alla giustizia il suo corso senza interferenze spettacolari?