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Milano

«I Consultori familiari, espressione della comunità cristiana, siano fedeli alla loro ispirazione originaria»

Presso il Teatro san Lorenzo, con un intervento dell’Arcivescovo, si è svolto il Seminario di Studio promosso dalla Fe.L.Ce.A.F, “La transizione dei Consultori Familiari di ispirazione cristiana nella riforma del Terzo Settore”. Presentato anche il volume “I nostri figli ci guardano”

di Annamaria Braccini

12 Aprile 2019

Preceduto dalla presentazione del libro dei coniugi Gentili, “I nostri figli ci guardano”, presso il Teatro San Lorenzo Maggiore, si svolge, alla presenza dell’Arcivescovo, il Seminario di Studio, “La transizione dei Consultori Familiari di ispirazione cristiana nella riforma del Terzo Settore”.

Si parla, ovviamente, di famiglia: l’introduzione dei Lavori è affidata a don Edoardo Algeri, presidente della Fe.L.Ce.A.F., la Federazione Lombarda dei Centri di Assistenza alla Famiglia, che dice: «I figli ci guardano e ci riguardano, potremmo aggiungere. L’importante compito di educare, non finisce mai e richiede capacità di tenuta, stare e sostare con i figli, contemplare la propria opera come il Creatore contemplò la sua creatura, dicendo che era cosa molto buona».

Chiara Giaccardi, sociologa della “Cattolica” – commentando il libro e il suo taglio esperienziale -, osserva: «Il rischio è di scivolare sul piano della famiglia come categoria sociologica o ideologica, descrivendola e utilizzandola come una sorta di bandiera. Il Magistero di papa Francesco ha avuto il merito di riportare al centro la famiglia “di carne” che è il luogo paradossale dell’amore impossibile, eppure reale. Così ci sottraiamo al dualismo imperante, abitiamo quella tensione che aiuta a essere creativi e non camminiamo secondo schemi già tracciati. È questa la reciprocità che mette in movimento il dinamismo vitale».

Da parte sua, Mauro Magatti, marito di Giaccardi e sociologo anch’egli presso l’Università Cattolica, richiama il sondaggio per cui il 45% del campione intervistato, intende per famiglia una coppia stabile formata da un uomo e una donna a prescindere se siano sposati o no, mentre una percentuale pari considera come famiglia qualsiasi relazione maschile e femminile, ma anche bimaschile è bifemmiile.

«È un dato su cui riflettere perché è evidente che qualcosa è cambiato radicalemente. La famiglia vale perché è uno dei pochi luoghi dell’umano rimasti. Anche se non funziona niente, si impara a stare insieme nella diversità, ci si perdona, si cammina insieme. La questione non è morale, ma antropologica e riguarda la generatività sociale. La partita che abbiamo di fronte, è distinguere tra “generazione” e “produzione”, che esprimono entrambe la nostra capacità creativa, ma dove la seconda opzione controlla le cose che ha generato, laddove la generatività mette in circolo la libertà della creatura. Credo che dobbiamo ancora vedere la famiglia migliore, nella reciprocità uomo-donna, nel rapporto genitori-figli, nella relazione con ciò che sta intorno. Non si tratta di difendere la famiglia, ma di riprogettarla con forme più adatte al tempo che viviamo».

«Occorre mettere in relazione la catechesi e l’accompagnamento, lo sguardo verso il Signore e quello per i deserti e le solitudine che abbiamo intorno a noi. Una Chiesa capace di accompagnare, discernere e non discriminare, è una Chiesa che annuncia il Vangelo», spiega – in relazione al suo volume – Claudio Gentili che, con l’esperienza dell’“Associazione Centro Formazione Betania” della Diocesi di Roma, ha seguito centinaia di coppie in difficoltà.

L’intervento dell’Arcivescovo

Su questi temi, i cristiani, nel contesto attuale, devono essere testimoni di una speranza e di una possibilità di bene, dicendo, tuttavia, ciò che non va», sottolinea il vescovo Mario che porta l’incoraggiamento, la sua personale gratitudine e quella della Conferenza Episcopale Lombarda, per il lavoro «che si sta facendo nei Consultori». Il richiamo è all’ispirazione originaria dei Centri, nati «dall’intenzione di servire la famiglia con la disponibilità ad aiutare. I Consultori sono espressione della comunità cristiana che vuole prendersi cura della vita familiare con professionalità, continuità e nel rispetto della normativa vigente. Tale vocazione – che è il dovere di annunciare la speranza – va ricordata anche in un contesto in cui la normativa richiede, giustamente, rigore, trasparenza, e competenze che creano responsabilità. Tuttavia, occorre tenere viva l’intenzione originaria, ossia, esprimere la sollecitudine della comunità per la famiglia».

Ambito, questo, definito «determinante», in quanto l’evoluzione dei Consultori può aver reso il riferimento alla comunità «un poco labile».

Ovvio che sia, allora, importante riflettere a più qualificate voci, come si è fatto nel Convegno, sulla riforma del Terzo Settore, ormai in fase attuativa.

«L’evoluzione verso la contrattualizzazione e il rapporto dei Centri con l’Ente pubblico, ha consentito di avere a disposizione risorse e di essere riconosciuti come servizio pubblico, con una sinergia interessante e raccomandabile. Si tratta di un modello promettente, non di delega né di condizionamento troppo vincolante da parte del settore pubblico, ma, nello stesso tempo, si deve vigilare sul rischio che il flusso di denaro pubblico a favore dei Consultori – che pure solleva dalle spese le parrocchie e i Decanati – , divenga un modo per indebolire il rapporto con la comunità».

Basti pensare alle Fondazioni, che magari divengono sovradecanali, rischiando di indebolire il coinvolgimento della comunità cristiana locale.

Da questi due rischi, nasce la consegna che viene dell’intero Episcopato lombardo per cui «non dobbiamo avere l’idea di fare tutto, ma quello che è più specificamente coerente con l’intenzione che ha generato il percorso dei Consultori. Non abbiamo di mira fette di mercato, ma i percorsi delle famiglie, della donna, degli adolescenti, da offrire con accoglienza e attenzione».