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Riflessione

Milano, andare oltre il «momento magico» della metropoli

Il Rapporto 2018 curato dalla Fondazione Ambrosianeum fotografa un presente che stimola aspettative e giustifica ambizioni. Ma sarà il futuro, e l’idea di città che prevarrà, a dire se quelle aspettative sono fondate e se quelle ambizioni sono legittime

di Marco GARZONIO Presidente Fondazione Ambrosianeum

8 Luglio 2018

Milano oggi attraversa un passaggio erto, insidioso, molto delicato, reso complicato dai molti fronti su cui la città si trova a essere impegnata. È come se camminasse su un crinale, con una serie di legittime aspettative per i traguardi e le vette sempre più alte cui aspirare e i rischi connaturati a ogni proposito ambizioso e agli impegni che il perseguimento comporta. Si può dire che la città stia vivendo una sorta di momento “magico”.

Nel giro di una manciata d’anni s’è accreditata come realtà piena di attrattive, che cresce, investe in poli tecnologici e su campus universitari, che richiama capitali e archistar per nuovi insediamenti, è mèta di persone da tutto il mondo per iniziative quale il Salone del mobile, raggiunge numeri da record quanto a visitatori, serate glamour, eventi collaterali. Insomma, è molto concentrata su di sé e gode della conquista invidiabile d’essere considerata un polo ideale, tanto da aver assorbito senza contraccolpi la sconfitta immeritata nella corsa per l’ottenimento della sede dell’Agenzia europea del farmaco.

I milanesi sembrano riconoscersi in questo momento della propria città, partecipare con un buon livello di coesione, senza tensioni specifiche nonostante difficoltà oggettive, squilibri, contraddizioni esistano nel lavoro, nelle politiche abitative, nel Welfare, nella sanità, nella sicurezza soprattutto in certe zone. Gli esiti del recente voto, che in città hanno visto il contenimento di spinte populiste e il mantenimento di un equilibrio tra le forze che guidano l’amministrazione, danno conto anche di un clima sociopolitico costruttivo.

Le idealità hanno però due facce, si sa: è nella natura delle cose. Ogni aspetto della psiche contiene il suo contrario. Il giorno è fatto di 24 ore e reca in sé la luce del sole e l’oscurità della notte. La spinta di Narciso è in agguato quando un soggetto si incammina sulla via dell’autorealizzazione. Intendiamoci: esiste un narcisismo sano. Quando uno ha talenti e motivazioni è giusto che li metta a frutto. Ambizioni, spinta a emergere, tensione al successo, assertività sono moti propulsivi: se l’Io ne dispone e li vive come possibili ha il dovere di metterli in campo. Ma c’è una soglia in allerta permanente, un confine che segna se la pulsione di autostima e di autoaffermazione è indirizzata a obiettivi che vanno oltre i confini interessati e particolari dell’Io e nutre un’anima solidale, oppure se viene spesa nel perseguimento di finalità tese a conseguire esiti favorevoli a proprio ed esclusivo uso e consumo, verso un soddisfacimento ispirato a una visione di puro egoismo individuale, di gruppo, di appartenenza.

La discriminante verte intorno all’“idea di città”, al come, verso dove, per chi e con chi ci si muove: se con gli altri e per gli altri o se invece la messa in cantiere di progetti e la tendenza a un certo sviluppo a doppia cifra e dai toni magniloquenti vanno a discapito di qualcuno, pochi o molti che siano quelli tagliati fuori, svantaggiati, messi ai margini.

Le città sono realtà autonome, soggetti collettivi unici, «hanno una vita propria, un loro proprio essere misterioso e profondo; hanno un loro volto», scriveva Giorgio La Pira. Destini collettivi e storie delle persone procedono intrecciati, con rimandi continui dalle une alle altre, si rispecchiano nelle virtù e nei difetti. La concentrazione esclusiva su se stessi porta gli individui all’indebolimento dei legami, alla fragilità dei singoli, che cercano conferme e attestati, riconoscimenti e approvazioni, che apprezzano i rapporti con gli altri in quanto costituiscono opportunità di consenso. Molto più difficile è invece tollerare gli insuccessi, le frustrazioni, le impossibilità: accettando il limite invece si diventa adulti e responsabili e si smette di scaricare sugli altri e sul mondo intero origine e causa dei mali propri.

 

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