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Daniele, dramma della miseria

La morte del 14enne di origine rumena perito in un incendio scoppiato nell'ex area Falck di Sesto San Giovanni. Don Massimo Mapelli (Casa della Carità): «Un episodio che non è frutto del caso. Tutti sanno che quella zona è abitata. Uomini, donne e bambini di cui nessuno, a livello istituzionale, si è mai voluto occupare. Manca la volontà di risolvere il problema»

24 Settembre 2008

24/09/2008

di Generoso SIMEONE

Non è stupito, don Massimo Mapelli, dalla morte di Daniele Mariano, il 14enne rom vittima la notte scorsa di un incendio nell’area ex Falck di Sesto San Giovanni. «È una situazione che abbiamo già affrontato – commenta il sacerdote che da anni è impegnato con la Casa della Carità sul fronte dell’emergenza rom – e che per questo non ci sorprende. Altre tre persone hanno perso la vita in quel luogo, due ragazzi finiti sotto un treno e una donna anziana morta carbonizzata».

Perché non vuole considerare l’incendio che ha provocato il decesso dell’adolescente un episodio frutto del caso?
Perché questi fatti hanno un’origine ben precisa. L’area ex Falck è completamente abbandonata a se stessa. Eppure, da sempre, tutti sanno che quella zona è abitata da persone. Uomini, donne e bambini di cui nessuno, a livello istituzionale, si è mai voluto occupare. Si è fatto finta che non ci fossero. Mai un intervento, mai un progetto, mai una programmazione. Manca la volontà di risolvere il problema, l’unico strumento utilizzato è quello degli sgomberi. Ecco perché accadono episodi come quello della scorsa notte.

Sembra che nemmeno avvenimenti tragici come questo scuotano più di tanto le amministrazioni locali, è così?
Sesto San Giovanni è una città attraversata da importanti cambiamenti. È in corso una riqualificazione urbanistica che riguarda una parte molto grande del territorio e che darà un volto nuovo a tutto il Comune. In un contesto del genere, è ancora più incredibile che non si sia pensato a dei luoghi di accoglienza per affrontare le emergenze delle persone più in difficoltà.

Ma cosa si può fare per evitare che accadano simili episodi?
Noi della Casa della Carità da anni sosteniamo il modello del villaggio solidale. Si tratta di uno spazio dove le persone senza una casa possono stare e intanto sviluppare dei progetti di inserimento sociale. È un lavoro che già facciamo nella nostra struttura e i risultati ci sono, anche con le famiglie rom.

Che cosa rimane della morte di un adolescente di 14 anni?
Temo nulla. Quando sono stato lì dopo il fatto ho trovato una gran desolazione. Sembrava un campo di concentramento. C’erano questi 7-8 ragazzini da soli che avevano messo dei fiori dove era morto il loro amico, un cunicolo sotterraneo che si trova in una casetta per metà distrutta e per metà in piedi. Nei prossimi giorni aiuteremo il fratello della vittima a riportare in patria la salma. Come abbiamo fatto anche per gli altri tre morti dell’area ex Falck.