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Lavoro, i volti della crisi

Chiusure e licenziamenti sul territorio della diocesi. L'ex Cartiera Binda di Besozzo, la Riello di Lecco e la Innse Presse di Milano sono i casi più emblematici dell'emergenza. Il sindacalista: «Sarà un autunno caldo». Le comunità cristiane vicine alle famiglie coinvolte. Don Raffaello Ciccone: «Bisogna rendersi conto delle difficoltà che si vivono nelle aziende»

15 Luglio 2008

18/06/2008

di Andrea GIACOMETTI

Tre i volti più emblematici della crisi del lavoro sul territorio della diocesi di Milano. Volti terribili, per i lavoratori e le loro famiglie. Volti sfuggenti, perché ciò che accade qui è legato a filo doppio a ciò che avviene dall’altra parte del mondo.

Besozzo è un centro vicino a Varese, e proprio qui, nella cartiera ora di proprietà della Munksjö Decor Spa, gruppo svedese con sedi sparse nel mondo, si respira aria di chiusura e di licenziamenti. Prima la saracinesca abbassata a Vaprio d’Adda, poi lo stop a stabilimenti made in Usa e, infine, la crisi annunciata di Besozzo, con i suoi 180 dipendenti.

Blocchi, presidi all’ex Cartiera Binda, impegno del sindacato, molte solidarietà (tra cui quella, portata di persona, del vicario episcopale di Varese, monsignor Luigi Stucchi). Alla fine, una flebile speranza, uno spiraglio di trattativa. Anche se la multinazionale intende portare la produzione dove i costi dell’energia sono più bassi.

Storie quotidiane di delocalizzazione, ordinarie vicende di riduzione del costo del lavoro. Da Varese a Lecco, dalla carta alle caldaie, la musica non cambia. La Riello chiude l’attività produttiva in città e per 144 lavoratori si apre il baratro della precarietà. Con la scelta irrevocabile di portare la produzione in Polonia, dove Riello è presente dal 2001 e dà lavoro a 350 persone. Uno spostamento spiegato dall’azienda con una riduzione delle vendite e una redditività in discesa. Scioperi e proteste, ma la decisione è irrevocabile e così si annuncia la fine di un’altra storica fabbrica del territorio.

Nel viaggio tra le aziende colpite dalla crisi non può mancare la metropoli, anche se, in questo caso, non di delocalizzazione si tratta. Parliamo della Innse Presse di via Rubattino a Milano, che all’improvviso ha chiuso i cancelli e ha inviato ai suoi 50 dipendenti (di cui 14 donne e tre stranieri) una lettera di licenziamento via telegramma. Si continua, però, a lavorare nello stabilimento: tra i lavoratori è diffusa l’ipotesi che dietro ai licenziamenti ci sia la volontà di cedere alla speculazione edilizia l’area su cui sorge l’azienda (l’ex Innocenti a Lambrate), decisamente appetibile per le immobiliari.

Situazioni diverse, cause molteplici, ma a pagare sono sempre lavoratori e loro famiglie. «Nessuno vuole demonizzare la globalizzazione e le sue conseguenze – dice Roberto Benaglia, segretario Fim-Cisl regionale -, ma i processi devono essere governati e non ricadere solo sulle spalle dei lavoratori».

Ma al di là delle storie e delle difficoltà di chi, con la crisi, deve fare i conti, ci sono anche tendenze preoccupanti che riguardano, più in generale, il comparto industriale. Anticipando i risultati del rapporto semestrale Fim-Cisl, Benaglia guarda con preoccupazione alla situazione. «Negli ultimi due anni, c’è stata una buona tenuta del settore. Ora assistiamo, invece, ad un rallentamento generale, che si è sviluppato per tutto il 2008 con un maggior ricorso ad ammortizzatori sociali e una diminuzione del ricorso agli straordinari. Temiamo che a settembre ci possa essere un improvviso aumento di aziende in crisi e di casi di ristrutturazione. Potrebbe esserci, insomma, un autunno caldo».

Preoccupazioni non mancano neppure sul versante della Pastorale del lavoro (Pdl), una realtà che ogni giorno tocca con mano le crisi e le difficoltà dei lavoratori. «Èimportante che nelle parrocchie e nei decanati ci si renda conto delle crisi e delle difficoltà che si vivono nelle aziende – dichiara il responsabile della Pdl, don Raffaello Ciccone -. Anzi, potrebbero essere proprio le parrocchie che si fanno tramite per far conoscere i problemi del lavoro nella maniera più ampia possibile».

Un ruolo importante, per le comunità cristiane, ma non l’unico. «Certo, non spetta alle parrocchie intervenire sulle grandi scelte strategiche – continua don Ciccone -, ma esse possono agire sui bisogni immediati delle famiglie coinvolte nelle crisi, fare pressione sui Comuni perché diano agevolazioni, fare sentire la propria solidarietà ai lavoratori colpiti».

Prezioso anche il compito della Pastorale del lavoro, il suo ruolo di collegamento con lavoratori e sindacato, la sua capacità di informare e orientare sacerdoti e laici impegnati. Senza sovrapposizioni, ma con l’obiettivo chiaro che, quando si parla di crisi, sempre di persone si parla. Non di numeri, non di percentuali.