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Primaluna, decanato di montagna

Si è conclusa domenica a Barzio la visita pastorale dell'Arcivescovo nel decanato della Valsassina. Il decano don Mauro Malighetti fa il punto sul cammino di corresponsabilità intrapreso, tra tradizioni del passato e speranze per il futuro. In primo piano i giovani

24 Novembre 2008

24/11/2008

di Marcello VILLANI

Don Mauro Malighetti, decano di Primaluna e responsabile della Comunità pastorale “Madonna della Neve di Biandino” – nata dalle parrocchie di Primaluna, Introbio, Parlasco, Taceno e Cortenova – ènato a Lecco nel 1963. Il suo primo incarico pastorale è stato a Luino, poi a Sant’Andrea a Milano, quindi il ritorno nella Valsassina, che ogni lecchese sente vicina come cultura e tradizioni. Qui ieri si è conclusa la visita pastorale dell’Arcivescovo, con una celebrazione eucaristica nel Palazzetto dello sport di Barzio.

Prete giovane, ma con 20 anni di Messa, don Mauro è entusiasta della sua missione e trascina tutti con il suo ottimismo. «D’altronde – ammette – èsulle positività che si deve vivere, perché su queste si può costruire. Essendo il nostro un decanato di montagna, con tutte le difficoltà che ci possono essere per questa sua particolarità, si lavora insieme e si stanno muovendo i passi giusti per intraprendere questo cammino di corresponsabilità. Inoltre i laici stanno comprendendo sempre più la bontà e la necessità di questo lavoro. Non parlo della totalità dei fedeli, certo, ma le attese sono state soddisfatte rispetto alle problematiche che ci si aspettava».

Insomma, riunire tante parrocchie, tanti campanili, è possibile anche in montagna, dove le gelosie legate alle tradizioni sono più dure a morire…
C’è qualche irriducibile, ma la gente intelligente capisce il discorso missionario e capisce che il messaggio si deve diffondere tra tutte le fasce d’età per consegnare ai giovani un cammino gioioso ma anche una tradizione che diventi viva. Di fronte alla paura del nuovo, si sa, molti si bloccano, ma per me le tradizioni sono un altro aspetto positivo che non si evince nelle grandi città. In montagna hanno segnato il passo delle precedenti generazioni: il problema di oggi è renderle attuali; bisogna passare da una tradizione di conservazione a una consegna viva della tradizione fondata sui valori che non vanno dispersi.

I giovani in primo piano, insomma. Ma come fare ad avvicinare questa fascia di età che, tra l’altro, in montagna è incantata dalle sirene della città e in città va a studiare e a passare molto tempo?
Ho la fortuna di avere due coadiutori, don Marco Galli e don Riccardo Sanvito, molto attivi. Con loro è rinata la Consulta di Pastorale Giovanile e si sta ritrovando un buon gruppo di giovani che si mettono insieme per lavorare e trovare spazi e luoghi di incontro. Per questo faremo un tentativo di missione-giovani a fine maggio-inizio giugno. Un esperimento che faremo a livello di comunità pastorale, nelle nostre cinque parrocchie, per poi estenderlo a tutto il decanato, sentiti anche i parroci naturalmente.

E il futuro?
Si sta riscoprendo una certa forma di spiritualità e di preghiera. C’è la voglia e la capacità di mettersi al servizio dei più piccoli, per esempio con l’Azione Cattolica Ragazzi che sta rinascendo, oppure con il volontariato nella cooperativa sociale “Le Grigne”, sia sotto forma di servizio civile nazionale che come semplice aiuto al progetto educativo.

Però il decanato ha anche i suoi problemi, endemici…
Il maggiore è legato alle distanze e alla configurazione geografica: da Premana a Moggio ci sono 33 chilometri. Quando arriverà la neve sarà un problema mettere insieme le comunità. Poi rimane l’attaccamento geloso alle tradizioni, dure da scalfire nel lavorare insieme. Inoltre, anche se non è una vera e propria difficoltà, la presenza dei turisti che invadono la valle in estate crea esperienze pastorali eterogenee. Bisogna proporre sempre una pastorale che tenga conto di queste presenze. Inoltre dobbiamo cercare di integrare anche i tanti extracomunitari che stanno popolando la valle. Insomma, è richiesta un’attenzione costante a una pastorale che non sia fissa ma dinamica, attenta alle varie istanze e presenze.

Un regalo di Natale per il suo decanato?
Una sorta di umiltà e lucidità nel lavorare insieme e la pazienza che sa seminare senza aver fretta di raccogliere i frutti. Questo è il primo regalo che chiederei. E poi fare un passo verso un’unione, una condivisione per mostrare il volto gioioso della Chiesa unita di Gesù.