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Terza età

Forlanini, aiutare chi assiste gli anziani

Un'iniziativa�rivolta a quanti si occupano di familiari non più autosufficienti. «Si tratta di relazioni molto pesanti e faticose», spiega Franca Carminati della Caritas Ambrosiana. Il gruppo si formerà in questi mesi attraverso colloqui con gli interessati e l'invio di volontari e operatori del territorio

Carlo ROSSI Redazione

25 Maggio 2009

C’è chi affida il proprio anziano a un’assistente familiare. Chi decide di farsene carico. Né nell’uno, né nell’altro caso sono scelte facili. In un quartiere storico di Milano, Forlanini, dove l’invecchiamento della popolazione è ormai un fenomeno evidente, la Caritas Ambrosiana e quella della locale Unità pastorale stanno sperimentando una serie di interessanti iniziative.
Da un paio di anni ha aperto “Spazio Amico”, un luogo di incontro dove le badanti che hanno in cura gli anziani della zona si incontrano, scambiano le loro esperienze, si aiutano a vicenda: migliorano la propria qualità di vita e di conseguenza fanno sentire meglio anche le persone che assistono. Nelle scorse settimane è partita invece un’azione di sensibilizzazione per formare un gruppo di auto-mutuo aiuto rivolto, questa volta, ai familiari che si occupano direttamente del padre, della madre o dei nonni non più autosufficienti.
«Si tratta, spesso, di relazioni molto pesanti e faticose – spiega Franca Carminati, responsabile dell’Area anziani di Caritas Ambrosiana -. Addirittura ci troviamo di fronte a rapporti simbiotici, in cui, da un lato il genitore anziano spesso gravemente malato dipende in tutto e per tutto dal figlio o la figlia che, a sua volta, bloccata da sensi di colpa profondi e inconfessabili, finisce con il ritenersi insostituibile, rischiando così di trascurare gli altri membri della sua famiglia».
Da qui l’idea di cercare occasioni di incontro dove “staccare”, confrontarsi con altre persone nella stessa situazione, condividere i problemi per non rimanerne schiacciati e per trovare soluzioni possibili. Il gruppo si formerà in questi mesi, attraverso i colloqui con gli interessati e l’invio di volontari e operatori del territorio. «La data degli appuntamenti, la loro frequenza, quanti potranno essere i partecipanti sono dettagli che saranno comunicati in seguito – spiega Carminati -. Ma esperienze come questa normalmente prevedono incontri settimanali o ogni 15 giorni, di un massimo di due ore cui partecipano non più di 12 persone. Uno o due operatori sociali condurranno il gruppo, facilitando la comunicazione e la relazione fra i componenti». C’è chi affida il proprio anziano a un’assistente familiare. Chi decide di farsene carico. Né nell’uno, né nell’altro caso sono scelte facili. In un quartiere storico di Milano, Forlanini, dove l’invecchiamento della popolazione è ormai un fenomeno evidente, la Caritas Ambrosiana e quella della locale Unità pastorale stanno sperimentando una serie di interessanti iniziative.Da un paio di anni ha aperto “Spazio Amico”, un luogo di incontro dove le badanti che hanno in cura gli anziani della zona si incontrano, scambiano le loro esperienze, si aiutano a vicenda: migliorano la propria qualità di vita e di conseguenza fanno sentire meglio anche le persone che assistono. Nelle scorse settimane è partita invece un’azione di sensibilizzazione per formare un gruppo di auto-mutuo aiuto rivolto, questa volta, ai familiari che si occupano direttamente del padre, della madre o dei nonni non più autosufficienti.«Si tratta, spesso, di relazioni molto pesanti e faticose – spiega Franca Carminati, responsabile dell’Area anziani di Caritas Ambrosiana -. Addirittura ci troviamo di fronte a rapporti simbiotici, in cui, da un lato il genitore anziano spesso gravemente malato dipende in tutto e per tutto dal figlio o la figlia che, a sua volta, bloccata da sensi di colpa profondi e inconfessabili, finisce con il ritenersi insostituibile, rischiando così di trascurare gli altri membri della sua famiglia».Da qui l’idea di cercare occasioni di incontro dove “staccare”, confrontarsi con altre persone nella stessa situazione, condividere i problemi per non rimanerne schiacciati e per trovare soluzioni possibili. Il gruppo si formerà in questi mesi, attraverso i colloqui con gli interessati e l’invio di volontari e operatori del territorio. «La data degli appuntamenti, la loro frequenza, quanti potranno essere i partecipanti sono dettagli che saranno comunicati in seguito – spiega Carminati -. Ma esperienze come questa normalmente prevedono incontri settimanali o ogni 15 giorni, di un massimo di due ore cui partecipano non più di 12 persone. Uno o due operatori sociali condurranno il gruppo, facilitando la comunicazione e la relazione fra i componenti».