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Nuovi insediamenti

Nomadi, una città nella città

Carabinieri e Polizia che operano in provincia hanno redatto un censimento che elenca, amministrazione per amministrazione le presenze dei rom con la particolare tipologia di sistemazione

Cristina CONTI Redazione

19 Febbraio 2009
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Troppi blitz nei campi milanesi, ben 40 nel 2009. E i nomadi si trasferiscono dove nessuno li può toccare. Nuove baraccopoli su terreni agricoli acquistati a basso prezzo, confinati negli angoli dei paesi, lontani dai centri abitati, dai negozi e dalle comodità della città. Un insieme di comunità con nomi etnici propri che indicano diversa provenienza, religione, tradizioni: tessere di un mosaico che si riuniscono, dando origine a un unico popolo, ma che fanno fatica a intrattenere rapporti con la società “altra”, quella “civile”, che nella loro cultura è chiamata dei “gagè”.
Carabinieri e Polizia che operano in provincia hanno redatto un censimento che elenca, amministrazione per amministrazione le presenze dei rom con la particolare tipologia di sistemazione. Nel rapporto risultano 45 appezzamenti di terra. L’entità nemica degli immigrati è a volte di poche unità, altre più consistente. Ma pur sempre terreni dove, sulla carta non sarebbe possibile edificare. Nei paesi alla periferia della città come Trezzo sull’Adda, Grezzago, Corbetta, invece, si sono infilati in cascine abbandonate oppure si sono sistemati al bordo di roulotte. Mai si raggiungono cifre alte, ma la diffusione geografica degli insediamenti fuori Milano, su campi o in villette abusive, è in aumento.
Ma il record di presenze si registra, sempre, nel capoluogo lombardo: sono circa 8 mila e metà ha la cittadinanza italiana. Gli insediamenti sono in tutto sette, con un numero di abitanti molto diverso. Da via Idro, che conta 29 famiglie, 116 persone, delle quali 47 sono minori e uno è anziano, a via Bonfadini, 129 individui. Nel campo di via Impastato sono solo in 33. Il più grande è quello di via Novara, dove vivono in 233, tra uomini e donne. In pochi lavorano, solo il 10 per cento, mentre gli altri vivono di espedienti. Da via Novara a Chiaravalle, da via Bonfadini a via Chiesa Rossa per le strade di Milano si snoda, insomma, una sorta di città parallela, incontrollabile anche per le forze di polizia. E proprio tra queste baracche si nascondono molti rom, che vivono di stenti e di elemosina, sfruttando i loro figli, lasciandoli tra sporcizia e degrado, ma senza rinunciare a macchine come Mercedes e Bmw, da almeno 30mila euro, tutte regolarmente assicurate e intestate. Troppi blitz nei campi milanesi, ben 40 nel 2009. E i nomadi si trasferiscono dove nessuno li può toccare. Nuove baraccopoli su terreni agricoli acquistati a basso prezzo, confinati negli angoli dei paesi, lontani dai centri abitati, dai negozi e dalle comodità della città. Un insieme di comunità con nomi etnici propri che indicano diversa provenienza, religione, tradizioni: tessere di un mosaico che si riuniscono, dando origine a un unico popolo, ma che fanno fatica a intrattenere rapporti con la società “altra”, quella “civile”, che nella loro cultura è chiamata dei “gagè”.Carabinieri e Polizia che operano in provincia hanno redatto un censimento che elenca, amministrazione per amministrazione le presenze dei rom con la particolare tipologia di sistemazione. Nel rapporto risultano 45 appezzamenti di terra. L’entità nemica degli immigrati è a volte di poche unità, altre più consistente. Ma pur sempre terreni dove, sulla carta non sarebbe possibile edificare. Nei paesi alla periferia della città come Trezzo sull’Adda, Grezzago, Corbetta, invece, si sono infilati in cascine abbandonate oppure si sono sistemati al bordo di roulotte. Mai si raggiungono cifre alte, ma la diffusione geografica degli insediamenti fuori Milano, su campi o in villette abusive, è in aumento.Ma il record di presenze si registra, sempre, nel capoluogo lombardo: sono circa 8 mila e metà ha la cittadinanza italiana. Gli insediamenti sono in tutto sette, con un numero di abitanti molto diverso. Da via Idro, che conta 29 famiglie, 116 persone, delle quali 47 sono minori e uno è anziano, a via Bonfadini, 129 individui. Nel campo di via Impastato sono solo in 33. Il più grande è quello di via Novara, dove vivono in 233, tra uomini e donne. In pochi lavorano, solo il 10 per cento, mentre gli altri vivono di espedienti. Da via Novara a Chiaravalle, da via Bonfadini a via Chiesa Rossa per le strade di Milano si snoda, insomma, una sorta di città parallela, incontrollabile anche per le forze di polizia. E proprio tra queste baracche si nascondono molti rom, che vivono di stenti e di elemosina, sfruttando i loro figli, lasciandoli tra sporcizia e degrado, ma senza rinunciare a macchine come Mercedes e Bmw, da almeno 30mila euro, tutte regolarmente assicurate e intestate.