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Milano

Il bimbo rom morto tra le fiamme: «Sgomberati sempre gli stessi»

La Comunità di Sant'Egidio: «Nelle nostre città abbiamo mezzi, intelligenza e persone per evitare altre morti come questa»

di Silvio MENGOTTO Redazione

15 Marzo 2010

«Siamo rimasti molto toccati da un’altra morte a causa del fuoco e delle condizioni di vita estremamente povere delle baraccopoli delle nostre periferie». Così Elisabetta Cimoli, della Comunità di S. Egidio, commenta la morte tra le fiamme del piccolo Enea Emil. E aggiunge: «Siamo stati a pregare insieme alla famiglia. Non conoscevamo Enea Emila, ma questo gruppo di famiglie gira a Milano da più di due anni ».

Quale reazione alla notizia di un bambino rom morto tra le fiamme nella sua baracca?
La riflessione è quella che «i poveri li avrete sempre con voi». Quindi nelle nostre città i poveri ci saranno sempre e ci interrogano, innanzitutto a non chiudere gli occhi davanti a loro, a cercare di vederli, a comprendere anche le contraddizioni della povertà, perché il povero non è necessariamente buono e non sempre è chiaro quello che ha in mente. Tuttavia dentro le nostre città abbiamo i mezzi per evitare che si ripetano altre morti come questa.

Quali?
Per esempio provando ad affrontare le richieste minimali di vita. Nel periodo freddo si potrebbero prestare misure analoghe alla Protezione civile, che possono consentire alle persone di non mettere in atto sistemi pericolosissimi per scaldarsi. E poi, forse, l’accompagnamento per le famiglie che vogliono un’autonomia possibile, non impensabile. Una grande città ha mezzi e intelligenza. Ha anche il volontariato: l’istituzione non sarebbe sola ad affrontare queste popolazioni povere che si installano nelle periferie, e continueranno a farlo. Questo lo dicono gli studi, la storia. L’Europa va in questa direzione.

Gli sgomberi senza alternativa, oltre a essere inefficaci, ostacolano anche l’integrazione scolastica dei bambini…
Le famiglie che subiscono gli sgomberi sono sempre le stesse. Si spostano nella cintura milanese. Mentre noi crediamo che consentire la scolarità ai bambini nelle classi permette loro di avere una vita normale, di imparare, di costruirsi un futuro meno povero di quello che avrebbero nei loro Paesi di origine. L’abbiamo visto con i bambini rom rumeni e lo crediamo possibile con tutti i bambini che la Comunità di S. Egidio segue nel mondo. «Siamo rimasti molto toccati da un’altra morte a causa del fuoco e delle condizioni di vita estremamente povere delle baraccopoli delle nostre periferie». Così Elisabetta Cimoli, della Comunità di S. Egidio, commenta la morte tra le fiamme del piccolo Enea Emil. E aggiunge: «Siamo stati a pregare insieme alla famiglia. Non conoscevamo Enea Emila, ma questo gruppo di famiglie gira a Milano da più di due anni ».Quale reazione alla notizia di un bambino rom morto tra le fiamme nella sua baracca?La riflessione è quella che «i poveri li avrete sempre con voi». Quindi nelle nostre città i poveri ci saranno sempre e ci interrogano, innanzitutto a non chiudere gli occhi davanti a loro, a cercare di vederli, a comprendere anche le contraddizioni della povertà, perché il povero non è necessariamente buono e non sempre è chiaro quello che ha in mente. Tuttavia dentro le nostre città abbiamo i mezzi per evitare che si ripetano altre morti come questa.Quali?Per esempio provando ad affrontare le richieste minimali di vita. Nel periodo freddo si potrebbero prestare misure analoghe alla Protezione civile, che possono consentire alle persone di non mettere in atto sistemi pericolosissimi per scaldarsi. E poi, forse, l’accompagnamento per le famiglie che vogliono un’autonomia possibile, non impensabile. Una grande città ha mezzi e intelligenza. Ha anche il volontariato: l’istituzione non sarebbe sola ad affrontare queste popolazioni povere che si installano nelle periferie, e continueranno a farlo. Questo lo dicono gli studi, la storia. L’Europa va in questa direzione.Gli sgomberi senza alternativa, oltre a essere inefficaci, ostacolano anche l’integrazione scolastica dei bambini…Le famiglie che subiscono gli sgomberi sono sempre le stesse. Si spostano nella cintura milanese. Mentre noi crediamo che consentire la scolarità ai bambini nelle classi permette loro di avere una vita normale, di imparare, di costruirsi un futuro meno povero di quello che avrebbero nei loro Paesi di origine. L’abbiamo visto con i bambini rom rumeni e lo crediamo possibile con tutti i bambini che la Comunità di S. Egidio segue nel mondo.