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La storia

Le vacanze “in famiglia” dei bambini rom

La lettera di una mamma milanese testimonia la nascita di una rete di relazioni, che coinvolge famiglie, parrocchie, scuole e volontariato. Un'alternativa concreta agli sgomberi

di Silvio MENGOTTO Redazione

23 Agosto 2010

Proseguono le meritate vacanze per tutti gli studenti. Questo vale anche per i bambini rom che, nonostante i ripetuti sgomberi dei campi milanesi, avevano tenacemente continuato la loro frequenza scolastica.
Una mamma, Anna Cossovich, racconta in una lettera che una bambina rom conosciuta lo scorso novembre dopo lo sgombero del campo di via Rubattino (zona Lambrate) «è partita con me e la mia famiglia per la montagna perché ormai è di casa da noi. Ha fatto il suo primo pic nic e la sua prima gita sulla barca al lago, ed è la compagna di giochi, di studi e di storie della mia bambina».
Per i bambini rom le vacanze, alle quali non sono abituati, non sono un lusso, ma un meritato spazio dove è possibile sperimentare l’importanza della relazione e dello stare alle regole. Per la settima volta consecutiva, anche quest’anno don Massimo Mapelli, della Casa della Carità, ha accompagnato più di 60 ragazzi rom nella vacanza marina di Pomaia presso una casa messa a disposizione dalla Diocesi di Pisa.
«Quando i ragazzi sono fuori dal sistema “ghetto” (il campo) si può davvero lavorare bene con loro – dice don Massimo -. Dal rispetto del luogo dove erano ospiti, al rispetto delle persone. Spiegando alla gente chi erano questi ragazzi rom, abbiamo ricevuto un’accoglienza, senza nessun problema». Dallo sgombero del campo di via Rubattino la vita di Anna, come quella di tante altre persone, è stata cambiata dall’incontro inaspettato di una realtà sconosciuta: «C’è di più: più emozioni, sentimenti, solidarietà, amicizia, rispetto ed energia e tutto ciò deriva dal fatto che casualmente e poi grazie a tenacia, costanza, passione e rifiuto per ogni sopruso, sono venuta a contatto con una realtà apparentemente tanto diversa dalla mia, quella dei bimbi rom rumeni del campo di Rubattino e delle loro famiglie». Un incontro avvenuto anche per una questione di principio perché, continua Anna, «non si possono sgomberare intere famiglie, negando di fatto il diritto allo studio dei loro figli, senza dare alternative valide ».
Da questa situazione si è formato un gruppo, una rete di genitori italiani e rom, maestre, volontari, associazioni e cittadini con l’intento di aiutare i rom nel momento drammatico dello sgombero e nella quotidianità. Lo stesso cardinale Tettamanzi, nel Discorso alla Città letto alla vigilia di Sant’Ambrogio, avvertiva un clima diverso e positivo: «Mi ha colpito nei giorni scorsi, a seguito dello sgombero di un gruppo di famiglie rom accampate a Milano, la silenziosa mobilitazione e l’aiuto concreto portato loro da alcune parrocchie, da tante famiglie del quartiere preoccupate, in particolare, di salvaguardare la continuità dell’inserimento a scuola – già da tempo avviato – dei bambini».
Così continua la lettera di Anna: «Questi bimbi e le loro mamme hanno preso forma, hanno avuto dei nomi e delle facce, hanno raccontato le loro storie crude e io insieme ad altre mamme e maestre di alcune scuole della zona e ai volontari della Comunità di Sant’Egidio, che da tempo seguono queste e altre famiglie rom (in particolare si sono occupati degli inserimenti scolastici dei bambini, ndr) abbiamo fatto cerchio intorno a loro, li abbiamo aiutati nell’emergenza della fame e del freddo, abbiamo imparato a conoscerli, abbiamo ottenuto la loro fiducia, abbiamo visto nascere amicizie tra i nostri figli e i loro e quella distanza siderale si è ridotta».
Con fatica e determinazione sono iniziati percorsi d’integrazione possibili, inserimenti abitativi e sociali, percorsi di accompagnamento all’autonomia grazie a borse lavoro e a borse studio. Lo sforzo di questa rete di relazioni «non è più solo assistenza – scrive Anna- , è sensibilizzazione, creazione di un sentire e un agire più giusto e rispettoso dei diritti di ciascuno e dimostrazione del fatto che si può e si deve operare in questo senso». Proseguono le meritate vacanze per tutti gli studenti. Questo vale anche per i bambini rom che, nonostante i ripetuti sgomberi dei campi milanesi, avevano tenacemente continuato la loro frequenza scolastica.Una mamma, Anna Cossovich, racconta in una lettera che una bambina rom conosciuta lo scorso novembre dopo lo sgombero del campo di via Rubattino (zona Lambrate) «è partita con me e la mia famiglia per la montagna perché ormai è di casa da noi. Ha fatto il suo primo pic nic e la sua prima gita sulla barca al lago, ed è la compagna di giochi, di studi e di storie della mia bambina».Per i bambini rom le vacanze, alle quali non sono abituati, non sono un lusso, ma un meritato spazio dove è possibile sperimentare l’importanza della relazione e dello stare alle regole. Per la settima volta consecutiva, anche quest’anno don Massimo Mapelli, della Casa della Carità, ha accompagnato più di 60 ragazzi rom nella vacanza marina di Pomaia presso una casa messa a disposizione dalla Diocesi di Pisa.«Quando i ragazzi sono fuori dal sistema “ghetto” (il campo) si può davvero lavorare bene con loro – dice don Massimo -. Dal rispetto del luogo dove erano ospiti, al rispetto delle persone. Spiegando alla gente chi erano questi ragazzi rom, abbiamo ricevuto un’accoglienza, senza nessun problema». Dallo sgombero del campo di via Rubattino la vita di Anna, come quella di tante altre persone, è stata cambiata dall’incontro inaspettato di una realtà sconosciuta: «C’è di più: più emozioni, sentimenti, solidarietà, amicizia, rispetto ed energia e tutto ciò deriva dal fatto che casualmente e poi grazie a tenacia, costanza, passione e rifiuto per ogni sopruso, sono venuta a contatto con una realtà apparentemente tanto diversa dalla mia, quella dei bimbi rom rumeni del campo di Rubattino e delle loro famiglie». Un incontro avvenuto anche per una questione di principio perché, continua Anna, «non si possono sgomberare intere famiglie, negando di fatto il diritto allo studio dei loro figli, senza dare alternative valide ».Da questa situazione si è formato un gruppo, una rete di genitori italiani e rom, maestre, volontari, associazioni e cittadini con l’intento di aiutare i rom nel momento drammatico dello sgombero e nella quotidianità. Lo stesso cardinale Tettamanzi, nel Discorso alla Città letto alla vigilia di Sant’Ambrogio, avvertiva un clima diverso e positivo: «Mi ha colpito nei giorni scorsi, a seguito dello sgombero di un gruppo di famiglie rom accampate a Milano, la silenziosa mobilitazione e l’aiuto concreto portato loro da alcune parrocchie, da tante famiglie del quartiere preoccupate, in particolare, di salvaguardare la continuità dell’inserimento a scuola – già da tempo avviato – dei bambini».Così continua la lettera di Anna: «Questi bimbi e le loro mamme hanno preso forma, hanno avuto dei nomi e delle facce, hanno raccontato le loro storie crude e io insieme ad altre mamme e maestre di alcune scuole della zona e ai volontari della Comunità di Sant’Egidio, che da tempo seguono queste e altre famiglie rom (in particolare si sono occupati degli inserimenti scolastici dei bambini, ndr) abbiamo fatto cerchio intorno a loro, li abbiamo aiutati nell’emergenza della fame e del freddo, abbiamo imparato a conoscerli, abbiamo ottenuto la loro fiducia, abbiamo visto nascere amicizie tra i nostri figli e i loro e quella distanza siderale si è ridotta».Con fatica e determinazione sono iniziati percorsi d’integrazione possibili, inserimenti abitativi e sociali, percorsi di accompagnamento all’autonomia grazie a borse lavoro e a borse studio. Lo sforzo di questa rete di relazioni «non è più solo assistenza – scrive Anna- , è sensibilizzazione, creazione di un sentire e un agire più giusto e rispettoso dei diritti di ciascuno e dimostrazione del fatto che si può e si deve operare in questo senso».