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Immigrazione

«Stranieri e ricongiungimenti: la lentezza è solo burocrazia?»

Il commento di don Giancarlo Quadri, responsabile della Pastorale migranti diocesana

di Cristina CONTI Redazione

26 Gennaio 2010

Arrivare in Italia, cercare un lavoro e cominciare una nuova vita. Un sogno per molti uomini e donne stranieri che vengono nel nostro Paese. Ma ben presto bisogna scontrarsi con le difficoltà. La voglia di vivere in uno Stato democratico, in cui non manca da mangiare, viene riconosciuto il diritto all’istruzione e c’è un’assistenza sanitaria di base, deve fare i conti con pregiudizi, discriminazioni, diritti talvolta negati e, soprattutto, con tempi burocratici lunghissimi.
«Da quello che posso vedere ogni giorno, gli immigrati accettano in modo favorevole una situazione che non lo è – commenta don Giancarlo Quadri, responsabile della Pastorale migranti -. Spesso, proprio da loro, si sentono commenti del tipo: “Siamo immigrati, cosa dovremmo aspettarci di diverso?”. Ma non dimentichiamo che nei loro cuori c’è anche il desiderio profondo di essere rispettati».
Non c’è ancora da parte degli stranieri un tentativo di ribellione. Sembra che ormai l’intolleranza e la discriminazione siano sopportate con rassegnazione. «Ripensando alle diverse situazioni che mi capita di osservare nella mia attività – aggiunge – mi pare che da parte degli immigrati ci sia una profonda consapevolezza dei propri diritti e che, anche se ora accettano la situazione in modo paziente, abbiano la speranza di poterli ottenere un giorno».
Tempi lunghi per essere riconosciuti come cittadini, per vivere in modo dignitoso e anche per ricongiungersi con i propri cari, rimasti nel Paese natale in attesa di un futuro migliore. «Mi sembra che il problema principale che gli immigrati devono affrontare nel nostro Paese sia la lentezza – conclude don Quadri -. Ma non riesco a capire se si tratta di un elemento connaturato alla nostra burocrazia oppure se sia semplicemente una volontà politica. È difficile persino portare in Italia i bambini piccoli, non solo il coniuge. E questo sicuramente deve far riflettere». Arrivare in Italia, cercare un lavoro e cominciare una nuova vita. Un sogno per molti uomini e donne stranieri che vengono nel nostro Paese. Ma ben presto bisogna scontrarsi con le difficoltà. La voglia di vivere in uno Stato democratico, in cui non manca da mangiare, viene riconosciuto il diritto all’istruzione e c’è un’assistenza sanitaria di base, deve fare i conti con pregiudizi, discriminazioni, diritti talvolta negati e, soprattutto, con tempi burocratici lunghissimi.«Da quello che posso vedere ogni giorno, gli immigrati accettano in modo favorevole una situazione che non lo è – commenta don Giancarlo Quadri, responsabile della Pastorale migranti -. Spesso, proprio da loro, si sentono commenti del tipo: “Siamo immigrati, cosa dovremmo aspettarci di diverso?”. Ma non dimentichiamo che nei loro cuori c’è anche il desiderio profondo di essere rispettati».Non c’è ancora da parte degli stranieri un tentativo di ribellione. Sembra che ormai l’intolleranza e la discriminazione siano sopportate con rassegnazione. «Ripensando alle diverse situazioni che mi capita di osservare nella mia attività – aggiunge – mi pare che da parte degli immigrati ci sia una profonda consapevolezza dei propri diritti e che, anche se ora accettano la situazione in modo paziente, abbiano la speranza di poterli ottenere un giorno».Tempi lunghi per essere riconosciuti come cittadini, per vivere in modo dignitoso e anche per ricongiungersi con i propri cari, rimasti nel Paese natale in attesa di un futuro migliore. «Mi sembra che il problema principale che gli immigrati devono affrontare nel nostro Paese sia la lentezza – conclude don Quadri -. Ma non riesco a capire se si tratta di un elemento connaturato alla nostra burocrazia oppure se sia semplicemente una volontà politica. È difficile persino portare in Italia i bambini piccoli, non solo il coniuge. E questo sicuramente deve far riflettere».