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Editto

Libertà religiosa nell’Anno della fede

Un’autentica laicità non si limita a “tollerare” la religione, ma l’“accoglie”

di Gian Marco ZANARDI Avvocato, Unione Giuristi Cattolici Italiani

10 Giugno 2013

In occasione del 1700° anniversario dell’editto di Costantino e Licinio emanato a Milano nell’anno 313, si susseguono molteplici iniziative a riguardo.

Non si tratta semplicemente dell’occasione per commemorare un evento storico che ha segnato la storia dell’occidente e la vicenda del cristianesimo quale fermento culturale che profondamente l’ha caratterizzata, ma si tratta soprattutto dell’occasione per riflettere su questioni da sempre rilevanti ed oggi più che mai di stringente attualità; a partire infatti dal nucleo tematico della “tolleranza”, che già fu oggetto precipuo dell’editto del 313 che accolse il cristianesimo tra le religioni il cui culto poteva essere lecitamente praticato nell’impero di Roma.

La riflessione non può che coinvolgere temi come la libertà, la pace (peraltro recente è la commemorazione del 50° anniversario dell’enciclica “Pacem in terris” di Papa Giovanni XXIII), la laicità, la cultura, i diritti umani, la giustizia, ciascuno dei quali non può essere considerato a prescindere dall’altro poiché tutti sono riconducibili alla medesima questione antropologica: è in gioco l’essere umano, la sua qualità originaria e costitutiva, universale ed intangibile in cui si sostanzia la sua dignità; qualità che, come tale, precede ed orienta ogni contingente determinazione storica di ciascuno; ad esempio europeo, italiano, politico, economista, giurista, genitore…

Si tratta, più nello specifico, della questione antropologica fondativa che considera appunto i fondamenti dell’agire umano e concerne quindi la questione del suo orientamento; trova pertanto naturale sviluppo come questione etica. La questione fondativa (cos’è l’uomo?) è presupposta alla questione funzionale (come può fare l’uomo per realizzare concretamente ciò che è? Ossia, ad esempio: come funzionano e come dovrebbero funzionare le relazioni tra esseri umani nel contesto sociale? Come funziona e come dovrebbe funzionare il diritto quale strumento di giustizia? Come funziona e come dovrebbe funzionare l’economia quale strumento di giustizia?).

L’una questione non è senza l’altra poiché la realizzazione del bene di ciascuno e del bene comune (ove è in gioco la funzione giuridico-istituzionale) come parte integrante del bene di ciascuno, non è perseguibile senza una previa comprensione dell’identità dell’essere umano in quanto tale.

In questo quadro di ricerca emerge indubbiamente la rilevanza del tema della libertà religiosa che si collega strettamente a quello della laicità dello Stato.

L’essere umano è problema a se stesso; non può infatti eludere, tra le molteplici domande, la domanda fondativa su se stesso. Tutte le espressioni della vita dell’uomo (dalle arti alle scienze, dal diritto all’economia, dal lavoro alla vita privata, dallo stato alla famiglia, dalla comunità internazionale allo stato…) hanno a che fare con la questione del senso. Non possiamo fare a meno di ricercare il senso ultimo di ciò che facciamo e quindi del nostro vivere; non è forse un caso che i suicidi siano assai spesso riconnessi ad un vuoto di senso che l’autore di quel gesto estremo percepisce nella propria esistenza.

Ora, la religione (già lo riconosceva il filosofo greco Platone 400 anni prima di Cristo) è da sempre via di ricerca di una risposta all’interrogativo sull’uomo; per questo la religione è presso tutti i popoli fermento di cultura (cultura intesa come contesto che si viene determinando nel tempo dall’intreccio di tutti i contributi espressivi della libertà umana). La sua rilevanza è storica, culturale, esistenziale.

Si configura pertanto un diritto alla libertà religiosa che può dirsi “fondamentale” in quanto espressione imprescindibile dell’uomo come essere libero. Il carattere “fondamentale” di questo diritto trova peraltro riscontro nella nostra Costituzione all’articolo 19, ma anche agli articoli 3, 7, 8, 20, 21 e 117 comma II lettera “c”.

Libertà religiosa è concetto da intendersi sia come libertà di aderire ad una religione, sia come libertà di non aderire ad alcuna religione, sia come libertà di confronto tra credenti in religioni diverse e tra credenti e non credenti. Quest’ultima declinazione della libertà religiosa introduce il tema della laicità dello Stato.

Se compito dello Stato è quello di promuovere e perseguire il “bene comune”, esso non può non accogliere tutte le posizioni che accettano di confrontarsi sul comune terreno della ragione. Propriamente in questo si sostanzia la laicità che, contrariamente al laicismo, non rifiuta a priori alcuna posizione e, contrariamente al fondamentalismo, non impone un’unica posizione su tutte. La laicità è dialogo ove tutti sono interpellati.

Ora, la religione si basa sulla fede, ma la fede (come la post-modernità tende a riscoprire) non è fideismo poiché è un affidarsi ragionevole; la fede insomma rende ragione dei suoi contenuti, li propone, li offre al dialogo, non li impone. Biblicamente il “rendere ragione” fa imprescindibilmente parte della missione (Prima lettera di San Pietro apostolo, 3, 15 e seguenti) e non è forse un caso che proprio il fenomeno dell’“inculturazione” cristiana, di cui l’editto costantiniano non è altro che una conferma, sia alla base della diffusione storica del cristianesimo in Europa.

La confessionalità non è antitetica alla laicità. Anzi, un’autentica laicità non si limita a “tollerare” la presenza della religione, ma l’“accoglie” riconoscendole piena cittadinanza nello “spazio pubblico”. Del resto tutte le posizioni che si confrontano nella società sono al loro interno confessionali; una corrente di pensiero atea, ad esempio, si affida a determinate conclusioni sulla base di determinate ragioni grazie alle quali può offrirsi al confronto. Se ogni posizione implica una fede e la laicità è confronto su base razionale tra tutte le posizioni espresse nel contesto sociale, la laicità è un confronto tra fedi diverse.

La cosiddetta neutralità dello stato è mera astrazione contrastante con il principio di realtà. Se lo stato ostracizza la religione dallo spazio pubblico, non assume una posizione neutra e garante della democrazia ma impone una posizione a tutti.

Credo del resto sia il caso di ricordare che il concetto di laicità non ha origini illuministiche ma bibliche laddove già Genesi fa riferimento allo spazio lasciato all’uomo da Dio nella sua qualità di interlocutore libero (il riposo di Dio nel settimo giorno della creazione allude a questo così come l’immagine e somiglianza dell’uomo a Dio).

Ciò che invece ha ascendenze illuministe è il laicismo che rifiuta a priori ogni memoria storica nonché l’ascolto delle buone ragioni del cristianesimo in generale e del cristianesimo cattolico in particolare.

Laicità è dunque accoglienza a pieno titolo, non già mera tolleranza, della religione nello spazio pubblico quale fermento culturale e ricchezza irrinunciabile. Non c’è dunque laicità senza il riconoscimento e la tutela del diritto di libertà religiosa.

Il tema della libertà religiosa come diritto fondamentale della persona, condizione di possibilità della stessa pace sociale presupponendo essa il rispetto e l’ascolto dell’altro, è stato ripreso, solo per citare gli ultimi interventi del 2013, da Papa Benedetto XVI in occasione del suo viaggio in Libano e, a livello diocesano milanese, dal Cardinale Angelo Scola nella sua ultima pubblicazione, peraltro da poco ufficialmente presentata, “Non dimentichiamoci di Dio”, ove, appunto, la memoria appare come monito alla laicità ad essere autenticamente se stessa.