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Sport e salute

Muamba e Bovolenta:
meglio un controllo in più

Le tragedie sul campo e le polemiche vuote

di Leo GABBI

26 Marzo 2012

Quando accadono fatti come quello che ha colpito il calciatore del Bolton, Fabrice Muamba, vittima di un arresto cardiaco durante la partita di Fa Cup contro il Tottenham nei giorni scorsi, tutti, perfino i polemisti più accaniti, quelli che ogni domenica si arrovellano per un rigore non dato o seminano veleni sul tappeto verde, si sono sentiti battuti, disarmati. Un episodio simile accadde tanti anni fa a Perugia coinvolgendo il povero Renato Curi, durante un match contro la Juventus: allora la tragedia fu completa, perché il giocatore, crollato a terra all’improvviso, uscì cadavere da quel campo che poi a distanza di qualche tempo, gli fu dedicato. Ma situazioni simili, improvvise e tragiche, sono forse un campanello d’allarme anche per farci riflettere su cos’è la nostra vita o su cos’è o almeno dovrebbe essere una partita di calcio. Non una guerra, ma un divertimento, non un tormentone lungo una settimana, ma 90 minuti di leale agonismo. Fa sempre bene riflettere, perché poi, se ci pensiamo bene, casi del genere non sono poi così rari.

Basta pensare a cosa è successo una manciata di giorni fa, con la morte di Vigor Bovolenta, un vecchio drago del volley nostrano, che si è accasciato a terra improvvisamente a Macerata durante una partita giocata per la sua squadra di B2, a 37 anni, con tutto il movimento rimasto senza parole, sotto choc.

Tornando al calcio, proprio, mentre sul campo si gioca in questi giorni l’andata del più prestigioso quarto di finale di Champions League tra Milan e Barcellona, proviamo prima ancora di parlare delle possibili magie di Messi o di Ibrahimovic, a ricordarci che c’è un ragazzo che questa partita la doveva giocare e invece ha dovuto arrendersi per la seconda volta. Parliamo di Eric Abidal, che un anno e mezzo fa fu costretto a lasciare i compagni, colpito da un’aggressiva forma di tumore. Riuscì a farcela e a tornare a giocare dopo pochi mesi, giusto il tempo per sollevare a Wembley da capitano (così vollero i suoi compagni) la quarta Champions League della storia del Barcellona. Ora la notizia che nessuno avrebbe voluto ascoltare: i valori alterati del fegato lo costringeranno a un nuovo stop per sottoporsi a un trapianto.

Una tegola e una sfortuna che il ragazzo però ha già cominciato a esorcizzare, presentandosi al campo dei catalani per un ultimo allenamento con i compagni, impegnandosi allo spasimo sotto lo sguardo di un entusiasta e stupefatto Guardiola. E dopo qualche ora il campione, oltreché sul campo anche nella vita, ha pure trovato il tempo per scrivere sulla sua pagina Facebook, al “compagno di sventura” Muamba, spronandolo con queste parole: “Con tutto il cuore, sono con te e con la tua famiglia!!!” in lingua inglese e francese. Se poi vogliamo continuare nella lista dei piccoli e grandi drammi, non si può dimenticare quello che ha colpito Emiliano Mondonico, anche lui vincitore sul male al punto da ripresentarsi su una panchina di A e puntualmente venirne esonerato, tanto per chiarire che nel pallone nostrano non c’è più spazio per i romanticismi. Recentemente ha ripreso a giocare anche Gennaro Gattuso, un altro che non molla mai: una volta giocò mezza partita con il ginocchio spezzato. Ora per mesi si è trascinato un male oscuro alla vista che non si riusciva a diagnosticare con esattezza, roba da piegare il morale a chiunque. Ma non al mitico “Ringhio” che infatti è finalmente tornato per un finale di stagione da protagonista nel suo Milan.

Tornando al caso Muamba c’è un aspetto in questo dramma che potrà rivelarsi educativo e soprattutto utile: lo choc che ha colpito il Paese dopo l’infortunio “in diretta” potrebbe far sì che in Gran Bretagna, come già accade in Italia, tutti gli atleti giovani debbano sottoporsi a regolari controlli al cuore per individuare possibili difetti genetici. Lo ha detto al Times l’eminente cardiologa britannica Amanda Varnava, del St Mary’s Hospital di Londra, che ha fatto riferimento proprio all’Italia dove tutti i giovani atleti devono sottoporsi a controlli al cuore. «Gli italiani – ha spiegato – hanno ridotto l’incidenza del 90%. Sarebbe una buona idea fare lo stesso qui. Siamo arrivati al punto in cui 12 persone di meno di 35 anni muoiono in Gran Bretagna ogni settimana, il che è un fatto tragico». Per una volta il Belpaese fa scuola.