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L’analisi del percorso della 90a edizione UN GIRO PER UOMINI VERI

5 Giugno 2008

Un tracciato equilibrato che non esclude sorprese e va
in cerca di emozioni. Si parte da Caprera il 12 maggio,
si arriva a Milano il 3 giugno: 3442 chilometri divisi
in 21 tappe, due individuali contro il tempo (oltre a una
cronosquadre), otto pianeggianti, cinque di montagna ,
cinque “miste”. Cima Coppi sul Colle dell’Agnello,
ma la salita più dura dovrebbe essere il Monte Zoncolan

Nella sua storia quasi secolare (è nato nel 1909), già in una occasione il Giro d’Italia aveva associato alla propria immagine il termine “garibaldino”. Capitò nel 1961, in omaggio al vincitore Arnaldo Pambianco: non solo perché quell’anno ricorreva il centenario dell’Unità d’Italia (1861), ma anche perché l’aggettivo ben si sposava alla condotta di gara del romagnolo, sempre all’offensiva, ricca di coraggio e di ardimento.

La 90a edizione della “corsa rosa” che scatta il 12 maggio, però, è legata ancor più strettamente alla figura di Giuseppe Garibaldi, di cui quest’anno si celebra il bicentenario della nascita (4 luglio 1807). Il Giro onora l’Eroe dei Due Mondi partendo da Caprera (dov’è sepolto) e toccando nel tragitto lungo la penisola anche Teano (dove incontrò Vittorio Emanuele II), Reggio Emilia (che festeggia i 210 anni della nascita del Tricolore), Quarto (da dove partì l’Impresa dei Mille) e Bergamo (che per quella spedizione mise a disposizione ben 216 uomini).

Per il Giro 2007 la “regia” della Gazzetta – Rcs Sport propone 3442 chilometri divisi in 21 tappe: due le frazioni individuali contro il tempo (per un totale di 55 km), oltre alla cronosquadre di Caprera (24 km); otto le tappe pianeggianti, cinque quelle di montagna (trenta le salite da affrontare complessivamente), cinque le cosiddette “miste”. Due gli sconfinamenti all’estero: in Francia a Briançon e in Austria a Lienz.

Dopo l’avvio in Sardegna, che ospita i “girini” per tre giorni, il primo riposo consente il trasferimento “in continente”, per ripartire da Salerno nella frazione con l’arrivo in salita a Montevergine di Mercogliano. Si toccano poi Frascati, Spoleto, Scarperia (attraverso l’Appennino nella tappa più lunga, 239 km), Fiorano Modenese e Lido di Camaiore: traguardi in grado di ingolosire gli sprinter, o almeno i passisti veloci.

Il secondo arrivo in salita (decima tappa) e’ al Santuario di Nostra Signora della Guardia, in Liguria, prima di un’altra frazione “piatta”, con striscione finale a Pinerolo. Le grandi difficoltà cominciano l’indomani nella Scalenghe-Briançon, che mette in fila il Sanpeyre, il Colle dell’Agnello (Cima Coppi a 2744 metri) e il mitico Izoard. Poi è la volta della cronoscalata da Biella al Santuario di Oropa e della tappa lombarda che da Cantù (in onore del millenario della Basilica di Galliano) conduce a Bergamo, attraverso la Val Brembana, il Passo San Marco e il Colle di San Gallo.

Si torna a salire – e parecchio – nella quindicesima tappa, che muove da Trento per affrontare il San Pellegrino, il Giau, il Tre Croci e l’ascesa finale da Misurina alle Tre Cime di Lavaredo. Il giorno dopo, secondo riposo. L’ultima settimana comincia con la Lienz-Monte Zoncolan, per qualcuno la salita più dura d’Europa (10 km con pendenze medie del 12%), affrontata da un versante inedito. Dopo la Udine-Riese Pio X e la Treviso-Comano (entrambe per velocisti), alla cronometro Bardolino-Verona spetta il compito di assegnare definitivamente la maglia rosa prima della tradizionale passerella finale Vestone-Milano (domenica 3 giugno).

Un Giro impegnativo – anche se non da “aquile” come nel 2006 -, equilibrato, sorprendente, “umano”. Studiato per togliere a chi cerca scorciatoie proibite l’alibi secondo cui il ricorso al doping è la difesa contro corse massacranti. Presentandolo nel dicembre scorso al Teatro degli Arcimboldi di Milano, il direttore dell’organizzazione Rcs Sport Angelo Zomegnan ne riassumeva così la “filosofia”: «Un Giro figlio del buon senso, che non cerca marziani, ma emozioni».

Un Giro che piace a chi ne sarà protagonista: «una corsa completa» (Damiano Cunego), «molto aperto» (Gilberto Simoni), «ci sono tappe anche per noi velocisti» (Alessandro Petacchi), «alla portata di tanti corridori» (Stefano Garzelli), «difficile, ma la cronoscalata mi intriga» (Danilo Di Luca), «più incerto e quindi più combattuto» (Paolo Savoldelli). A loro, ora, renderlo magico. (m.c.)