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Ciclismo

Addio Ballerini, gentiluomo delle due ruote

Il commissario tecnico della Nazionale è rimasto vittima di un incidente nel Rally Ronde di Larciano. Aveva 45 anni

di Mauro COLOMBO Redazione

8 Febbraio 2010

Una maledizione sembra aver colpito negli ultimi mesi lo sport italiano, privandolo di alcuni tra i tecnici più preparati e vincenti. Prima Carlo Carnevali, il direttore tecnico della scherma, vittima di un improvviso malore. Poi Alberto Castagnetti, il “mago” del nuoto, padre putativo di Federica Pellegrini, che non ha retto ai postumi di un delicato intervento al cuore. Ora Franco Ballerini, il ct del ciclismo, ieri vittima a 45 anni di un incidente nel Rally Ronde di Larciano, che stava correndo come navigatore al fianco del pilota Alessandro Ciardi: una passione che coltivava da tempo e che purtroppo gli è stata fatale.
Quando scompare un protagonista del mondo dello sport, si è soliti ricordarlo attraverso i successi conseguiti in carriera. Quelli di Ballerini non erano pochi: sia in bicicletta (la Parigi-Roubaix nel 1995 e nel 1998, la Tre Valli Varesine nel 1987, il Giro del Piemonte, il Giro della Campania e la Parigi-Bruxelles nel 1990, il Giro di Romagna e una tappa al Giro d’Italia nel 1991), sia sull’ammiraglia azzurra (il titolo olimpico con Paolo Bettini ad Atene nel 2004 e quelli mondiali con Mario Cipollini a Zolder nel 2002, con lo stesso Bettini a Salisburgo nel 2006 e a Stoccarda nel 2007 e con Alessandro Ballan a Varese nel 2008).
Se da corridore fu penalizzato da un’allergia che ne limitava il rendimento nella parte centrale della stagione (quella delle grandi corse a tappe), da ct è stato il degno erede di Alfredo Martini (che non a caso oggi lo piange come un figlio). Ha costruito squadre fondate sulla bellezza e sull’importanza della maglia azzurra, le ha compattate nel nome di un obiettivo comune, le ha mosse sullo scacchiere della corsa iridata con grande acume tattico e le ha portate a vittorie indimenticabili.
Ma anche questo ricco palmarès scompare di fronte alla classe e allo spessore umano della persona. Ballerini era di una disponibilità unica. Come racconta la moglie in uno struggente colloquio con Marco Pastonesi sulla Gazzetta di oggi, il bello, e contemporaneamente, il brutto del “Ballero” è che non riusciva a dire di no. Non si negava mai a un saluto, una battuta, una foto, un autografo, un’intervista, una cena, una serata, una tavola rotonda. E quando prendeva la parola, lo faceva con quel suo modo di fare da toscano atipico, sempre sobrio nelle parole, misurato nei giudizi, lontano dagli eccessi verbali.
Questa sua generosità si rifletteva anche fuori dal mondo delle due ruote, nell’impegno speso come appassionato testimonial di associazioni attive in campo sociale e solidale. E il gesto di donare le cornee dopo il decesso è certo in linea con il suo stile di vita.
I francesi non hanno mai gradito troppo gli italiani, specialmente quelli che li battono sul loro terreno. Eppure hanno amato Ballerini e il suo amore per la Roubaix. La sua grande passione per l’Inferno del Nord gli è valsa la cittadinanza onoraria dalla città. Nel 2001 – alla sua 13a e ultima partecipazione, nonché all’ultima gara assoluta della carriera – Ballerini fece il suo ingresso nel Velodromo mostrando la canottiera con la scritta “Merci Roubaix”. I tifosi transalpini risposero con una vera e propria ovazione. Quell’applauso resta il miglior saluto. Una maledizione sembra aver colpito negli ultimi mesi lo sport italiano, privandolo di alcuni tra i tecnici più preparati e vincenti. Prima Carlo Carnevali, il direttore tecnico della scherma, vittima di un improvviso malore. Poi Alberto Castagnetti, il “mago” del nuoto, padre putativo di Federica Pellegrini, che non ha retto ai postumi di un delicato intervento al cuore. Ora Franco Ballerini, il ct del ciclismo, ieri vittima a 45 anni di un incidente nel Rally Ronde di Larciano, che stava correndo come navigatore al fianco del pilota Alessandro Ciardi: una passione che coltivava da tempo e che purtroppo gli è stata fatale.Quando scompare un protagonista del mondo dello sport, si è soliti ricordarlo attraverso i successi conseguiti in carriera. Quelli di Ballerini non erano pochi: sia in bicicletta (la Parigi-Roubaix nel 1995 e nel 1998, la Tre Valli Varesine nel 1987, il Giro del Piemonte, il Giro della Campania e la Parigi-Bruxelles nel 1990, il Giro di Romagna e una tappa al Giro d’Italia nel 1991), sia sull’ammiraglia azzurra (il titolo olimpico con Paolo Bettini ad Atene nel 2004 e quelli mondiali con Mario Cipollini a Zolder nel 2002, con lo stesso Bettini a Salisburgo nel 2006 e a Stoccarda nel 2007 e con Alessandro Ballan a Varese nel 2008).Se da corridore fu penalizzato da un’allergia che ne limitava il rendimento nella parte centrale della stagione (quella delle grandi corse a tappe), da ct è stato il degno erede di Alfredo Martini (che non a caso oggi lo piange come un figlio). Ha costruito squadre fondate sulla bellezza e sull’importanza della maglia azzurra, le ha compattate nel nome di un obiettivo comune, le ha mosse sullo scacchiere della corsa iridata con grande acume tattico e le ha portate a vittorie indimenticabili.Ma anche questo ricco palmarès scompare di fronte alla classe e allo spessore umano della persona. Ballerini era di una disponibilità unica. Come racconta la moglie in uno struggente colloquio con Marco Pastonesi sulla Gazzetta di oggi, il bello, e contemporaneamente, il brutto del “Ballero” è che non riusciva a dire di no. Non si negava mai a un saluto, una battuta, una foto, un autografo, un’intervista, una cena, una serata, una tavola rotonda. E quando prendeva la parola, lo faceva con quel suo modo di fare da toscano atipico, sempre sobrio nelle parole, misurato nei giudizi, lontano dagli eccessi verbali.Questa sua generosità si rifletteva anche fuori dal mondo delle due ruote, nell’impegno speso come appassionato testimonial di associazioni attive in campo sociale e solidale. E il gesto di donare le cornee dopo il decesso è certo in linea con il suo stile di vita.I francesi non hanno mai gradito troppo gli italiani, specialmente quelli che li battono sul loro terreno. Eppure hanno amato Ballerini e il suo amore per la Roubaix. La sua grande passione per l’Inferno del Nord gli è valsa la cittadinanza onoraria dalla città. Nel 2001 – alla sua 13a e ultima partecipazione, nonché all’ultima gara assoluta della carriera – Ballerini fece il suo ingresso nel Velodromo mostrando la canottiera con la scritta “Merci Roubaix”. I tifosi transalpini risposero con una vera e propria ovazione. Quell’applauso resta il miglior saluto. – – Il ciclismo italiano piange il suo Ct, volto pulito e credibile del mondo delle due ruote