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Gocce di cultura

Alberto Savorana, Vita di don Giussani

Rizzoli, Milano, settembre 2013

Felice Asnaghi

25 Marzo 2014

1351 pagine suddivise in 39 capitoli, accorpati in tre parti. Le fonti primarie sono reperite in ben 13 archivi, 11 carte private, mentre la bibliografia spazia  dai numerosi pro manuscripto ai libri di Giussani, alle pubblicazioni su Comunione e Liberazione e al ricco repertorio di testi storici, teologici, filosofici. Seguono ben 123 pagine dedicate alle note (assolutamente da leggere!) e dulcis in fundo troviamo un corposo e utile indice dei nomi. Gli inserti fotografici rigorosamente in bianconero, sono stampati su carta bianca e lucida, differenziandosi dalle pagine del testo di color panna e dalla grammatura leggera. Immagini che ripercorrono tutto l’arco della vita del sacerdote brianzolo, magistralmente ripreso in copertina.
La mole di questo libro, in un certo senso, misura lo spessore della vita di don Luigi Giussani.

Introduzione
L’introduzione è curata dall’autore, il giornalista Alberto Savorana, direttore per molti anni della rivista “Tracce”, mensile di Comunione e Liberazione, collaboratore con Giussani della collana BUR “I libri dello spirito” e ora responsabile dell’ufficio stampa e pubbliche relazioni del Movimento. Savorana ripercorre le varie tappe della vita del Gius fissando il momento storico e le scelte compiute, ricorda momenti salienti, aneddoti, discorsi, incontri, preparando il lettore ad affrontare più di mille pagine scritte.
Tutta la storia raccontata in questo libro ha la sua sorgente “nel bel giorno” vissuto da don Giussani quando il suo professore di prima liceo don Gaetano Corti, lesse e commentò il Prologo del Vangelo di Giovanni: “E il Verbo si fece carne…”. “L’istante di allora – diceva don Giussani – non fu più banalità per me”. E l’istante comprende ogni riflessione del vivere.
Giussani, appena ordinato prete confidava a un amico: “Io non voglio vivere inutilmente: è la mia ossessione”. È stato esaudito. Quella di don Giussani, infatti, è un’esistenza ricca e piena, vissuta senza sosta dalla scoperta dell’Amico che gli ha rivoluzionato la vita intera: Cristo. Un’obbedienza a Lui e alla Chiesa che lo ha contraddistinto, tanto che prima di morire riferiva alla sorella Livia: “Ricordati che io ho obbedito, ho sempre obbedito”.

Prima parte 1922-1964
Desio, Brianza, anni del primo dopoguerra. In questa terra segnata dalla fede e dal lavoro, nasce Luigi Giovanni Giussani primogenito di cinque figli. Il papà Beniamino (intagliatore del legno), la mamma Angelina Gelosa (operaia), i figli: Luigi, Livia, Brunilde (muore prima che compia un anno), Brunilde (che prende il nome della sorella morta), Gaetano. Una famiglia tipica del tempo. Il padre socialista e amante della musica, la madre pia, saggia, educa i figli ai buoni principi cattolici, all’amore per la parrocchia e poi gli anni delle elementari segnati dalla carismatica figura del maestro Fossataro.
Gli anni del seminario (prima a San Pietro Martire, poi a Venegono) sono quelli migliori della sua gioventù. Il sostanziale equilibrio tra studio, gioco e tempo personale da dedicare ai propri interessi, l’intreccio quotidiano tra silenzio, preghiera e allegria formano la sua personalità. 
Professori del calibro di Francesco Petazzi, Umberto Oriani, Giovanni Colombo, Carlo Colombo, Adriano Bernareggi, Carlo Figini, Gaetano Corti, Enrico Galbiati preparano il chierico Giussani alla vita sacerdotale consegnandogli un vasto piano di studi che non tralascia nemmeno le lingue contemporanee: dall’inglese, al francese, al tedesco e il russo; perfino la musica classica, i cori russi e naturalmente una sterminata letteratura e una solida teologia.
Gaetano Corti, suo insegnante ricordava che la Chiesa è definita da due fattori intimamente connessi:

Gesù volle che la realtà storica della sua Chiesa fosse composta come la sua di due elementi: dell’elemento umano e dell’elemento divino; volle che la forza della Chiesa fosse il connubio della forza o meglio della debolezza dell’uomo e della forza onnipotente di Dio.

Un altro insigne professore, Carlo Colombo insegnava che l’atto di fede è dato dal concorso di tre fattori: l’intelligenza, la volontà e la grazia. Per cui la fede “non è una cieca o immotivata fiducia: è un principio di intelligenza, un atto dell’intelletto”.

Concetti come metodo, realtà, ragione, esperienza, presenza, che diverranno chiavi di volta dell’impalcatura teologica del Movimento di Comunione e Liberazione, partono proprio da quelle mura. È lo stesso Giussani che lo rammenta in alcuni episodi:

Mi ricordo che ero intento là intento a leggere cose che non capivo certamente (n.d.r. si trattava di un libretto del cardinal Pecci sull’Umiltà). Ma ero là serio a leggere e ho fatto bene a far così perché quelle cose che non capivo, seriamente leggendole da bambino le ho capite a suo tempo. Le ho capite perché avevo accettato e imparato il metodo (…) del seguire. Dio mi faceva imparare il metodo che è seguire, del quale è sorto il fiore e il frutto a suo tempo.

Oppure la conoscenza attraverso il suo professore dei lavori dello studioso tedesco Deissmann. Il noto teologo tedesco in un suo articolo comunicava la scoperta del Papiro 52 nel quale era trascritto un pezzo del Vangelo di Giovanni già all’epoca di Traiano imperatore, segno della storicità dei vangeli.
L’esperienza del seminario è segnata sia dall’amicizia con alcuni suoi compagni: Camillo Giori, Giuseppe Elli, Bernardo Citterio, Giacomo Biffi, Luigi Villa, Enrico Manfredini, Angelo Majo, Luigi Gaffuri, Guido De Ponti, Carlo Costamagna; sia dalla costituzione di associazioni come lo Studium Christi o San Giosafat.

Nel 1945 è ordinato sacerdote e rimane nel seminario di San Pietro Martire come professore di filosofia, il primo passo per quella che poteva diventare la strada dell’insegnamento teologico. Ma la vita riserva sempre delle sorprese e ben presto il giovane prete deve fare i conti con la malattia e il dolore che lo accompagneranno per tutta la vita. La stanza a lui assegnata era fredda e molte volte non trova il tempo di accendere la stufa così cominciano problemi polmonari e ricoveri ospedalieri al quale fa seguito un lungo periodo di convalescenza.  Agli inizi degli anni cinquanta ritorna all’insegnamento di Teologia, ma nel frattempo inizia a insegnare religione in una scuola milanese. È l’incontro con alcuni studenti sul treno Milano-Rimini che prende definitivamente coscienza della paurosa ignoranza religiosa di questi ragazzi e questo gli fa scattare il desiderio di lasciare la carriera in seminario per dedicarsi alla gioventù. Nel 1954 varca la soglia del liceo Berchet e lì ricomincia l’avventura di Gioventù Studentesca. Sono pagine conosciute ma quel che conta sono le persone che attraverso la loro amicizia ricominciano a parlare di Cristo (in ordine di pubblicazione): Pigi Bernareggi, Maddalena Kemeny, Marco Martini, Claudio Pavesi, Eugenia Scabini. Milene Di Gioia, Luigi Negri, Claudio Risé, Giuseppe Zola, Angelo Rizzoli, Carlo Wolfsgruber, Mimmi Cassola, Paolo De Carli, Paolo Favole, Jola Majocchi, Adriana Mascagni, Maretta Campi, Giorgio Feliciani, Giacomo B. Contri, Fabio Baroncini, Angelo Scola, Robi Ronza, Giovanna Rossi, Massimo Camisasca, Alberto Cremona, Francesco Botturi, Giuliano Longo, Marco Barbetta, Francesco Ventorino, Adriana Olessina, Guido Clericetti, Furio Fantini, Eugenio Monti, Paolo Mocarelli, Adriano Rusconi, Giulietta Loreti, Alberto Antoniazzi, Paolo Padovani (fratello di don Vanni il sacerdote che condivide con don Giussani la responsabilità), Nicoletta Padovani, Luciano Di Pietro, Fulvio Giuliano, Maria Rita Morreale, Franca Sessa, Laura Stoppa, Emilio Brughera ecc…
La sede di via Statuto di Milano diviene il luogo degli incontri settimanali denominati “raggi” e in poco tempo GS diventa un interlocutore importante della chiesa e della società e della cultura milanese.
Non si accontenta di essere un’associazione di categoria (studenti), ma fin da subito Giussani imprime l’input del Movimento aperto ad ogni esperienza e condizione umana. Una scelta che lo pone inevitabilmente in conflitto con le altre realtà ecclesiastiche e che trova nel libretto “Tracce di esperienza cristiana” la sintesi ideale e culturale. Giussani formula quattro direttive metodologiche del richiamo cristiano: deciso come gesto, elementare nella comunicazione, integrale nelle dimensioni, comunitario nella realizzazione. Sinteticamente GS si propone esclusivamente come richiamo al fatto cristiano. Non vuole chiarire tutto, ma aiutare lo studente a chiarire se stesso.  GS ha il dovere della testimonianza nel proprio ambiente scolastico che è essenzialmente comunitaria. I gesti comuni più significativi di quegli anni sono la caritativa in Bassa milanese dove i ragazzi passano la domenica pomeriggio insieme ai bambini delle cascine aiutandoli nello studio e nel gioco; la Settimana Santa; gli esercizi spirituali, le vacanze. Nasce il Gruppo Adulto costituito da donne e uomini che non hanno scelto di diventare suore o preti ma sono “disponibili fino alla verginità” e quindi si danno una regola di vita. Fin dai primi albori l’impegno missionario è sentito tanto che un gruppo di giovani sceglie di andare in Brasile in aiuto delle chiese locali.

Seconda parte 1964-1986
Nel 1965 Giussani è in America per più di due mesi, dove intreccia rapporti con la chiesa americana e approfondisce lo studio sul protestantesimo che poi si tramuta in una pubblicazione.
Al suo rientro comincia a partecipare alle riunioni del Centro culturale Charles Pèguy di Milano costituito nel 1964. Il consiglio direttivo era presieduto dal professor Orio Giacchi, segretario Giorgio Feliciani e membri Eugenia Scabini, Gian Enrico Rusconi, Serenella Carmo, Luigi Negri, Claudio Scarpati, Laura Brambilla.
Nel 1966 nasce la casa editrice Jaka Book fondata da giovani universitari tra cui Sante Bagnoli, Maretta Campi, Laura Geronazzo, Paolo Mangini e con l’aiuto del pittore William Congdon.
Dall’anno accademico 1968-69 don Giussani incomincia a insegnare presso l’Università Cattolica che termina nel 1992. Le lezioni sono anche l’occasione per mettere alla prova i suoi studi e le sue ricerche. Non è un caso che i tre volumi del suo “PerCorso” (Il senso religioso, All’origine della pretesa cristiana, Perché la Chiesa) siano una rielaborazione dei corsi tenuti per due decenni in Cattolica. I suoi libri mettono a frutto tutta l’esperienza acquisita, trasmettono un pensiero vivo, per nulla retorico che unisce il rigore del testo scritto alla freschezza dell’insegnamento orale.
Con l’occupazione della Cattolica nel 1967 comincia la contestazione studentesca che affievolisce le fila di GS e degli altri raggruppamenti cattolici facendo percepire che non ci si poteva poggiare sulla tradizione in quanto scomparsa, ma bisognava fare affidamento alla presenza, intesa come coinvolgimento di una umanità diversa, cambiata. Un concetto che Giussani apprende in una due giorni con gli amici di Rimini, ma che poi lancia all’interno del Movimento.

 

Tradizione e teoria, tradizione e discorso non possono più muovere l’uomo d’oggi. Come è cominciato il cristianesimo fu un avvenimento per una presenza, per un incontro.

Di fronte a una fede popolare che in molti casi sopravviveva come pura tradizione, sempre meno radicata in profondità nell’esistenza reale della gente ed esposta ai venti di una mentalità secolare ostile o almeno distante dalla vita cristiana, egli si rese conto che la debolezza dell’esperienza cristiana dipende dal fatto che la fede diventa incomprensibile, se i bisogni dell’uomo non sono presi sul serio.

E poi ancora:
Le forze che muovono la storia sono le stesse che rendono felice l’uomo.

Giussani insiste sulla pratica della misericordia, ma anche del perdono “fondo dell’occhio della misericordia”.

Sull’onda di questa forza propulsiva nel novembre del 1969, per la prima volta in Università Statale di Milano inizia a circolare un ciclostilato sottoscritto Comunione Liberazione. In quella firma si afferma il concetto base che muove il Movimento e che attraverso il convegno nazionale del 31 marzo 1973 a Milano, abbandona la vecchia sigla di GS rendendo pubblica la nuova denominazione.
In queste pagine del libro si incontrano persone del valore di don Zeno Saltini fondatore di Nomadelfia; tutto il gruppo che costituisce la rivista internazionale Communio tra cui Hans von Balthasar, Joseph Ratzinger e Eugenio Corecco, e l’amicizia con Giovanni Testori. Si racconta della nascita del monastero della Cascinazza, il rapporto con il monastero di Vitorchiano. La fondazione del settimanale “Il Sabato”, l’impegno nel referendum sul divorzio, la costituzione della lista “Cattolici popolari” che aggrega varie associazioni cattoliche e il gruppo giovanile DC in occasione delle elezioni studentesche. Il Movimento riceve la sollecitazione dalle gerarchie ecclesiastiche di impegnarsi nelle elezioni amministrative e nazionali. Seguono pagine amare: attacchi giornalistici come il finanziamento della Cia o l’incredibile invettiva di Padre Turoldo dalle pagine del Corriere della Sera che fomentano la già pesante escalation di violenze sulle persone e le sedi di CL in tutta l’Italia.  Don Giussani rendendosi conto delle avversità che minacciano il Movimento invita gli aderenti a prendere atto che “è venuto il tempo della persona”. Egli vuole che il soggetto umano prenda vigore da questa situazione ed acquisti un’autocoscienza. Senza questa personalizzazione della fede, ossia che il legame con Cristo diventi esperienza quotidiana in ognuno di noi, non possiamo mai verificare se la fede ci fa crescere come persona.
Sono anche anni fecondi. Inizia un rapporto con amici spagnoli, in particolare con un gruppo di sacerdoti di Madrid che poi fonda il movimento Nueva Tierra tra cui lo stesso Julián Carròn.
Nel 1978, con l’elezione di Carol Wojtyla alla cattedra di Pietro, inizia un ventennio incredibile per la Chiesa e l’Europa.
Lo stesso anno per iniziativa di don Giancarlo Vecerrina si svolge il primo pellegrinaggio Macerata- Loreto. L’11 luglio 1980 l’abate di Montecassino riconosce la Fraternità di Comunione e Liberazione, un’associazione laicale ed è in una delle fraternità di Rimini che si promuove il Meeting di Rimini dell’agosto 1980.  Nel giugno del 1981 monsignor Enrico Manfredini firma il decreto di riconoscimento dei Memores Domini, l’associazione ecclesiale conosciuta anche come “Gruppo adulto” e nata nel 1964. Dopo il referendum sull’aborto del maggio 1981 che misura la realtà del mondo cattolico, don Giussani invita tutti a prendere coscienza della realtà italiana e in un incontro tra universitari invita i presenti ad essere “più poveri” cioè “certi di alcune grandi cose” perciò il cristiano “costruisce la cattedrale e vive nelle catapecchie, centomila volte più uomo di chi ha come orizzonte ultimo l’appartamento totalmente confortevole e poi, se viene, dà anche l’obolo per la Chiesa”.
Nel 1982, gli universitari rispondono all’invito “di prendere coscienza” inventando il Volantone, un manifesto costituito dalla riproduzione di un quadro e da una o due frasi efficaci che è affisso in ogni luogo. Certamente quello della Pasqua 1988 che riporta un brano del Racconto dell’Anticristo di Solov’ëv è una pietra miliare del Movimento.

«Che cosa posso fare ancora per voi? Strani uomini! Che volete dame? Ditemelo voi stessi o cristiani, abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli e capi, condannati dal sentimento popolare; che cosa avete di più caro del cristianesimo? Allora (…) si alzò in piedi lo starets Giovanni e rispose con dolcezza: “Grande sovrano! Quello che noi abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della divinità».

Giussani al riguardo è categorico: “Non c’è nessun brano letterario che possa esprimere meglio di questo il sentimento che ci anima”.

L’invito del papa di recarsi in tutto il mondo quali missionari della buona novella non cade nel dimenticatoio ma è la molla per fondare la “Fraternità sacerdotale dei missionari di San Carlo Borromeo”. L’anno dopo, nel 1986, nasce la Compagnia delle Opere.

Terza parte 1986-2005
Questa parte del libro si apre con l’incontro in Giappone tra Giussani e i monaci buddisti del Monte Koya, dal quale nasce un legame proficuo e duraturo. In occasione delle vacanze degli studenti universitari viene invitato il professor Nikolaus Lobkowicz, presidente dell’Università Cattolica di Eichstätt in America, col quale si crea una relazione stabile. Sul finire degli anni ottanta Danilo Fossati, titolare della Star, uno dei gruppi agroalimentari più importanti d’Italia, tramite un suo dipendente, Davide Celora, incontra don Giussani e gli confida la volontà di avviare una serie di iniziative di carità: nasce il Banco alimentare.
Il rapporto tra il cardinal Carlo Maria Martini e don Giussani si mantiene sempre buono, indicative sono le citazioni sull’ecumenismo e sull’evangelizzazione che lo stesso Giussani fa in occasione di raduni del Movimento, ma non mancano incomprensioni soprattutto a livello di base. Il settimanale “Il Sabato” si fa portatore di diverse battaglie che creano scalpore come l’inchiesta giornalistica del 1988 intitolata “Tredici anni della nostra storia” che passa, appunto alla storia, come “il caso Lazzati” e che porta i due giornalisti a dover affrontare perfino il tribunale ecclesiastico della diocesi di Milano. Il settimanale promuove dibattiti e approfondimenti sulla storicità dei Vangeli, le memorie degli apostoli, i testi del magistero. Lasciano il segno sia quel “Siamo tornati al tempo di Pelagio”, cioè la denuncia della crescente riduzione del cristianesimo a valori privati della loro concretezza umana e storica; sia la costatazione del ritorno della gnosi che mette in discussione Gesù Cristo facendo del cristianesimo un principio da diffondere (come qualsiasi altro) negando la sua caratteristica originale, cioè che Gesù è presente e lo si incontra qui ed ora, non è un idea relegata al passato. 

Le riflessioni che Giussani propone durante incontri o assemblee o interviste sono sempre pertinenti al momento storico e di forte richiamo personale.

“Non si è uomini in senso collettivo (…). È l’individuo il problema, è la persona il problema”.
“L’uomo non può imparare se non incontra”.
“Il cristianesimo non è una dottrina, non è una teoria di ciò che è stato e di ciò che sarà dell’anima umana, bensì una descrizione di un evento reale nella vita dell’uomo”.
“Un avvenimento (n.d.r. Il cristianesimo) è qualcosa che irrompe dall’esterno. Un qualcosa di imprevisto. Ed è questo il metodo supremo della conoscenza (…). Bisogna ridare all’avvenimento la sua dimensione ontologica di nuovo inizio. È una irruzione del nuovo che rompe gli ingranaggi, che mette in moto un processo, un mondo nuovo, una creatura nuova,  una creazione nuova”.
“La lotta non è allo scetticismo, ma al nichilismo, che è la risposta ultima in cui tutti cedono, che abbraccia tutti, in mancanza di un appoggio solido e chiaro”.
“C’è uno sviluppo della verità, che all’inizio è come un seme, ma il seme è costretto a diventare spiga, e la spiga mietitura. In questo modo la realtà rimane simile a se stessa, ma progredisce continuamente in un’operazione che io chiamo “sviluppo”, che è una crescita in cui la verità non cambia, al fondo; è un’identità la verità”.
“Cristo non è nel cielo tra le legioni degli angeli e sulla terra indice di valori morali da rispettare! Cristo è dentro il mio rapporto con qualunque cosa, con qualunque persona, in qualunque caso; Cristo è dentro come criterio ultimo, come sole che deve riflettersi nel rapporto stesso. Il rapporto con le persone e con le cose è una lente che riflette la presenza, una presenza!”
“Non c’è amicizia senza obbedienza”

Giussani, come si evince dalle enunciazioni soprascritte, ha la capacità di riconnettere le vicende narrate nei vangeli con la vita presente dei suoi interlocutori. All’origine di questo c’è un’insistenza di tipo metodologico sulla natura del cristianesimo: Dio non ha scelto di entrare in rapporto con gli uomini attraverso un pensiero o un sentimento instillato nella coscienza del singolo, ma si è reso presente attraverso un avvenimento nel quale l’uomo si imbatte nella materialità della vita quotidiana: Giovanni e Andrea sulla riva del Giordano ne sono l’emblema. E attraverso il fenomeno della Chiesa il metodo che ha segnato l’inizio del cristianesimo, duemila anni fa, è destinato a perpetuarsi per tutte le generazioni future, fino ad oggi. Non a caso in una delle lezioni tenute agli universitari quando introduce la pagina del vangelo di Giovanni con la notizia dell’incontro dei primi discepoli, sembra che Giussani sia lì presente (con Gesù e gli apostoli) e descriva il susseguirsi dei fatti non come un passato lontano, ma una cronaca di quello che egli vede.
Con la stessa intensità Giussani rievoca l’episodio della vedova di Naim.

Quella sera Gesù fu interrotto, fermato nel suo cammino al villaggio cui era destinato, (…) perché c’era un pianto altissimo di donna, con un grido di dolore che percuoteva il cuore di tutti i presenti, ma che percuoteva, che ha percosso innanzitutto il cuore di Cristo. “Donna non piangere!” quando si rientra in casa, quando si va sul tram, quando si sale sul treno, quando si vede la coda delle automobili per le strade, quando pensa a tutta la farragine di cose che interessano la vita di milioni di uomini … (…) il suono, il riverbero del pianto è giunto fino a Lui! “Donna non piangere” come se nessuno la conoscesse, come se nessuno la riconoscesse più intensamente, più totalmente, più decisamente di Lui” . è accaduto duemila anni fa, ma accade ora.

Nel 2002, il direttore di “Avvenire” domanda se c’è stato un momento nei primi decenni della sua vita in cui Giussani abbia avuto il presentimento di tutto quello che gli sarebbe scaturito dalla sua attività e dal suo metodo educativo. La sua risposta è disarmante:

Tutto per me si è svolto nella più assoluta normalità e solo le cose che accadevano, mentre accadevano, suscitavano stupore, tanto era Dio ad operarle facendo di esse la trama di una storia che mi accadeva – e mi accade –  davanti agli occhi. Ho visto il succedere di un popolo, in nome di Cristo protagonista di una storia.

Al termine della sua vita terrena, provato ma non vinto dalla malattia, ottenuta la dispensa del trasferimento di Julián Carròn da Madrid a Milano alla guida del Movimento, alle 3,10 del 22 febbraio 2005 don Luigi Giussani muore.